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(it) Contropotere n.15: Fortezza Europa

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Date Mon, 15 Sep 2003 19:01:07 +0200 (CEST)


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La legge Turco-Napolitano e i CPT

Nel 1998 entrò in vigore la Legge 40 sull'immigrazione, meglio
conosciuta come Turco-Napolitano dal nome dei suoi due
estensori. Questa legge servì a disciplinare l'ingresso e il
trattamento degli stranieri extracomunitari in Italia.

Per "extracomunitario" si intende il cittadino che non risiede
all'interno dell'Unione Europea. Questa legge rispondeva
all'esigenza di adeguare la normativa vigente in Italia a quelle
che erano le disposizioni della UE in materia di flussi
migratori. La politica europea, già particolarmente restrittiva,
ha trovato il suo apice nel trattato di Schengen: in seguito a
questo trattato, l'Europa è diventata una specie di "fortezza"
dai confini invalicabili all'interno della quale è garantita la
libera circolazione delle merci e delle persone (purché
cittadini europei), mentre viene inesorabilmente negato il
diritto all'ingresso a tutti quegli stranieri non europei che
non possono dare garanzie in termini di identità, reddito e
status sociale.

Per ottemperare a questa urgenza, un governo di Centrosinistra
con l'appoggio del Partito della Rifondazione Comunista varò la
Turco-Napolitano istituendo per la prima volta i "Centri di
Permanenza e assistenza Temporanea" (CPT).

I CPT sono dei "non-luoghi" in cui le persone che arrivano in
Italia vengono trattenute: non è necessario che la persona si
sia resa colpevole di un delitto o di un reato. È sufficiente
essere un clandestino, cioè uno straniero che non ha i documenti
o non ce li ha in regola.

I CPT sono quelli che in televisione o sui giornali vengono
definiti "Centri di accoglienza": si potrebbe dunque pensare che
dopo uno dei tanti sbarchi di gommoni sulle coste italiane,
l'immigrato venga accolto da infermieri premurosi che si
prendono cura di lui "accogliendolo".

In realtà, ad attendere il malcapitato ci sono poliziotti o
carabinieri con guanti di lattice che lo perquisiscono, lo
caricano su un pullman o su una camionetta, e lo trasferiscono
nel CPT più vicino.

Globalizzazione neoliberista e flussi migratori

Negli ultimi dieci anni l'Italia si è definitivamente
trasformata da luogo di emigrazione in luogo di immigrazione. Su
scala mondiale, i flussi migratori seguono ormai un preciso
percorso: dal "sud" del mondo (cioè da tutte le aree
economicamente e politicamente arretrate del pianeta) la gente
si sposta sempre più massicciamente verso il "nord", cioè verso
quei Paesi in cui il tenore di vita è decisamente superiore
nella media a quello dei Paesi più poveri. In poche parole la
gente scappa dalla fame, dalla precarietà economica, sociale,
esistenziale ben sapendo che in Europa o in Italia la loro vita
potrebbe realmente migliorare.

In buona sostanza, i flussi migratori sono un fenomeno che non
potrà mai arrestarsi (almeno non a breve termine) fin quando non
saranno risolte le gravissime disuguaglianze e sperequazioni
sociali che contraddistinguono la nostra epoca.

Fin tanto che i governi dei Paesi ricchi continueranno a tenere
sotto scacco le popolazioni dei Paesi poveri (con le guerre,
l'esportazione di armi, col sostegno a governi dittatoriali, con
la protezione offerta alle imprese multinazionali e con il
continuo ricatto dei soldi dati in prestito per uno sviluppo che
non arriva mai) la gente tenterà sempre di sfuggire a un destino
di miseria e sottomissione. In parole povere, c'è una torta
molto grande alla quale solo in pochi possono accedere: tutti
gli altri, che si vorrebbe escludere, sono stanchi di
accontentarsi delle briciole.

I nodi della globalizzazione neoliberista vengono al pettine. Le
elucubrazioni mentali di chi ha teorizzato la fine del ruolo
degli Stati nell'epoca della globalizzazione, hanno trovato
clamorose smentite negli ultimi eventi.

La guerra in Afghanistan e la guerra all'Iraq hanno dimostrato
chiaramente l'importanza del ruolo degli Stati nazionali (USA,
GB ecc.) nella geopolitica mondiale: il definitivo affossamento
dell'ONU, e la chiamata alle armi dei Paesi occidentali contro
il cosiddetto terrorismo internazionale costituiscono un segnale
inequivocabile.

Stato e Capitale, dunque, tengono in una morsa spietata miliardi
di donne e uomini in tutto il mondo.

La legge Bossi-Fini

L'occidente capitalista deve dunque difendersi dalle ondate
migratorie. Ecco che gli Stati recuperano un concetto
sostanziale: il confine, la frontiera. Le politiche neoliberiste
favoriscono gli scambi commerciali, aboliscono dazi e dogane,
rendono meno difficoltosi gli spostamenti di merci e capitali.
Ma quando a volersi spostare sono donne e uomini, le frontiere
tornano a erigersi. È per questo che lo straniero, il povero,
l'indesiderato, nella democraticissima Europa non può avere gli
stessi diritti e le stesse libertà di un cittadino europeo.

Quest'anno è entrata in vigore la Bossi-Fini, la nuova legge
sull'immigrazione. Già dal nome si può intuire quanto generosa
possa essere nei suoi contenuti: un leghista e un fascista si
sono impegnati a rendere ancora più odiosa una legge preparata
da due ex comunisti. Niente male.

Con la Turco-Napolitano, il periodo di permanenza coatta
all'interno del CPT era di trenta giorni. Oggi, questo periodo è
stato raddoppiato: sessanta giorni dietro le sbarre in balia di
poliziotti dal manganello facile, con regolamenti interni più
restrittivi di quelli di un carcere, senza adeguata assistenza
sanitaria.

La cosa forse più aberrante di questa legge sta nel nesso che
viene creato tra il permesso di soggiorno e il contratto di
lavoro.

Non si può ottenere il permesso di soggiorno se non si
garantisce - prima di fare ingresso in Italia - di avere già
sottoscritto un contratto di lavoro in Italia.

La possibilità di entrare in Italia dipende dunque dalla
produttività dello straniero: se produci entri, se no fuori.
Evidentemente, tale disposizione ha dell'assurdo poiché la gente
è spinta dal bisogno di trovare un lavoro, e chi viene nel
nostro Paese lo deve ancora cercare. L'impegno antirazzista non
deve essere frustrato dalla complessità e dall'enormità del
problema.

Come anarchici, dobbiamo sostenere le lotte al fianco dei
migranti ovunque ce ne sia bisogno, dentro e - si spera - fuori
i CPT.

La vigilanza e il controllo di queste strutture carcerarie
devono essere finalizzate alla denuncia costante delle
violazioni e degli abusi che vi vengono perpetrati.

I Centri di detenzione devono essere chiusi, non dobbiamo
desistere da questo intento.

L'assedio dev'essere continuo: la controinformazione deve
rintuzzare e spiazzare i siparietti fascisti della TV di casa
nostra ponendo l'accento sul restringimento delle libertà degli
immigrati che sono un preludio al restringimento delle libertà
di tutti noi.

La difesa dei loro diritti è difesa dei nostri stessi diritti:
questo concetto va ribadito in ogni occasione, proprio perché
riteniamo ripugnante definire "clandestina" una persona.
Dobbiamo incoraggiare e sostenere tutti i tentativi di
accoglienza autogestionaria che in tutta Italia hanno a poco a
poco messo in grave imbarazzo i soggetti istituzionali: creare
degli spazi liberati con gli immigrati significa togliere
terreno a chi vorrebbe fare delle persone immigrate una mera
forza lavoro da sfruttare e poi buttar via. Chiunque dev'essere
libero di andare dove vuole, come e quando vuole.

Le aspirazioni, i bisogni e le aspettative di ogni immigrato
sono certamente più importanti e preziose dei latrati di Bossi.

Noi questo lo sappiamo bene, ed è per questo che sappiamo anche
da che parte stare.

Anarkik


da "Contropotere - giornale anarchico" numero 15 - Settembre
2003 - anno 2

http://www.ecn.org/contropotere




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