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(it) A-rivista anarchica, n.292 : G8 ad Evian - Acque amare

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Date Mon, 7 Jul 2003 19:05:24 +0200 (CEST)


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Gli 8 «grandi» si sono riuniti ad Evian, non certo per passare
le acque... A far prendere una venatura di amaro all’acqua,
però, ci hanno pensato le moltitudini di antimondializzatori
accorsi.

La celebre acqua di Evian ha preso un sapore amaro all’inizio di
giugno di quest’anno. Sulla sponda francese del lago Lemano
migliaia di uomini in armi si sono schierati a difesa dei capi
degli 8 governi autonominatisi leader planetari. Il G8, lo
scorso anno relegato tra le foreste canadesi, quest’anno è
tornato in Europa. La volta precedente, quando si svolse nel
nostro paese, è impressa indelebilmente nella memoria dei tanti
che sulle strade e le piazze di Genova subirono la violenza
feroce di un potere che rispose con la repressione alla marea
montante di un movimento che ne contestava a fondo la
legittimità. In molti, partendo alla volta della Francia, con
gli zaini pieni di limoni, avevamo la consapevolezza che i
potenti avrebbero risposto con la forza alle contestazioni del
movimento no-global o, per dirla con i compagni francesi,
antimondializzatore.

Il copione anche stavolta non è stato tradito. Come da ormai
consolidata abitudine la sospensione del trattato di Schengen
sulla libera circolazione delle persone entro i confini
dell’Unione Europea è partita sin dal 22 maggio. Ancora una
volta le frontiere d’Europa aperte ai capitali ed alle merci si
sono chiuse di fronte agli uomini ed alle donne. È la chiusura
quotidiana che sperimentano le migliaia e migliaia di migranti
che si affacciano alle sponde della «libera» Europa, quella
delle «radici illuministiche» del preambolo della bozza
costituzionale di Giscard D’Estaing, ed è la chiusura
«eccezionale» che sperimentano i ribelli alla globalizzazione
capitalista in occasione di ogni vertice di potenti. In molti
non hanno potuto raggiungere la Francia perché sulla lista nera
consegnata alla polizia francese da quella italiana. Per finire
nella lista dei «reprobi» basta poco: anche la semplice
partecipazione ad altre manifestazioni no-global in Italia o in
Europa è motivo sufficiente al respingimento. Chi scrive,
partita da Torino in camper con altri compagni, ha avuto
fortuna: dopo un estenuante controllo di oltre un’ora
all’imbocco dell’autostrada del Frejus ed un breve fermo alla
frontiera da parte dei flic doganali d’oltralpe, è riuscita a
raggiungere senza intoppi Annemasse, la cittadina francese dove
si era data appuntamento l’area anarchica e libertaria facente
riferimento alla Convergenza Anticapitalista Antiautoritaria
contro il G8 (Claaac G8).

Gli 8 accerchiati

Le varie iniziative contro il G8 dalle manifestazioni ai
blocchi, dai sit-in alle azioni contro supermercati e
distributori di benzina, dalle azioni nonviolente alle parate
musicali dei sambisti pink e silver, si sono succedute dal 29
maggio al 3 giugno tra la località francese di Annemasse e le
elvetiche Losanna e Ginevra. Un territorio molto vasto è stato
investito dalla presenza di piazza del movimento perché la zona
rossa, la zona vietata ai manifestanti, era ancor più vasta ed
inaccessibile del solito. Ciò non ha impedito a migliaia e
migliaia di manifestanti di circondare gli 8 capi di governo
asserragliati ad Evian in una gabbia dorata che ne mostrava sin
troppo efficacemente la ferocia.

Il movimento antiglobalizzatore è tornato protagonista
dimostrando che, lungi dallo scomparire sotto le strette
repressive così come dal soffocare nella melma delle
compatibilità istituzionali, diviene sempre più vitale.

La strategia adottata dalla polizia francese e da quella
elvetica è stata certamente meno dura di quella adottata nel
luglio del 2001 nelle strade genovesi dalle forze del disordine
nostrane, tuttavia anche stavolta per un pelo non c’è scappato
il morto. Martin, un inglese residente a Barcellona, stava
tentando di intralciare il passaggio delle delegazioni dirette
ad Evian sull’autostrada d’Aubonne, presso Losanna, calandosi
con una fune da un viadotto autostradale. Il solerte intervento
della polizia che ha tagliato la corda che lo reggeva gli ha
fatto fare un volo di 20 metri sull’asfalto procurandogli gravi
ferite. Un’altra attivista è stata salvata dall’intervento di
alcuni compagni che si sono aggrappati alla fune spezzata
impedendole di cadere a sua volta.

Si è trattato di un vero e proprio tentativo di omicidio. A
quest’episodio fa da puntuale contrappunto l’uso massiccio di
gas, pallottole di gomma e granate assordanti impiegate in modo
pesante contro i manifestanti impegnati in blocchi od anche
semplici manifestazioni non autorizzate per le strade di
Annemasse come in quelle di Losanna e Ginevra. Numerosissimi
sono stati gli intossicati dal famigerato gas CS, i feriti dalle
pallottole di gomma o dagli stessi candelotti lacrimogeni
sparati ad altezza d’uomo.

Tanto per non smentire il fatto che ai giorni nostri quello
dell’informazione è uno degli snodi cruciali intorno ai quali i
potenti costruiscono il consenso alle proprie malefatte non è
mancato neppure l’assalto poliziesco, fortunatamente assai meno
brutale di quello genovese, al media center piazzato all’Usine
di Ginevra. Alcuni attivisti sono stati comunque feriti durante
l’ingresso dei poliziotti, tutti in borghese con fascia «police»
al braccio.

Brutalità poliziesca

Nonostante la brutalità poliziesca sia stata, sebbene meno
eclatante di quella genovese, ben più grave dei danneggiamenti
alle cose operati da alcuni degli oppositori al G8, l’attenzione
mediatica nel nostro paese si è concentrata quasi esclusivamente
su questi episodi oscurando l’imponente manifestazione
trasfrontaliera tra la Francia e la Svizzera. È interessante
invece rilevare che la TV svizzera, pur insistendo sulle nottate
di fuoco di Ginevra e Losanna, abbia dedicato lunghi ed
approfonditi servizi agli abusi delle forze dell’ordine mandando
in onda anche filmati realizzati da attivisti di Indymedia
compreso il video in cui si mostra la polizia elvetica nell’atto
di tagliare la corda che reggeva Martin.

Domenica 1° giugno, giorno di apertura del G8, oltre centomila
persone hanno raggiunto la frontiera franco-elvetica tra
Annemasse e Ginevra. Due cortei, uno partito in territorio
francese e l’altro in Svizzera si sono incontrati ed hanno poi
bloccato a lungo l’autostrada.

Una partecipazione tanto forte era tutt’altro che scontata nel
clima di tensione artatamente costruito dai media e dalla
polizia. Una scommessa ancora una volta vinta da un movimento
che portava in piazza i grandi temi delle lotte di questi mesi:
l’opposizione alla guerra ed al militarismo, il movimento
sociale francese sulle pensioni, il tema della libera
circolazione dei migranti, il rifiuto della mercificazione
dell’acqua e della salute, le lotte ambientaliste e quelle
contro le politiche securitarie.

Gli anarchici raccolti nella Convergenza Anticapitalista ed
Antiautoritaria (Claaac G8) hanno dato vita ad un blocco Nero e
Rosso che ha raccolto intorno alle 10.000 persone partite da
Annemasse dove era ubicato il Villaggio anticapitalista ed
antiguerra (Vaag), luogo di riferimento delle iniziative
dell’anarchismo sociale e spazio autogestito per dibattiti,
feste, coordinamento delle varie attività.

Anche il mio gruppo partito da Torino venerdì 30 maggio arriva
al Vaag nel primo pomeriggio del 31, la vigilia della grande
manifestazione del 1° giugno. Ci aspettava un caldo d’inferno ed
un campeggio bene organizzato ove regnava un clima di grande
partecipazione: un po’ ovunque vi erano discussioni più o meno
formali ed assemblee per programmare le varie azioni per il
giorno dopo. I compagni della Federazione Francofona tengono uno
spazio informativo con la stampa anarchica proprio accanto al
tendone della Claaac e ci accolgono fraternamente. Apprendiamo
che nella mattinata di quello stesso giorno la polizia aveva
gasato un corteo di compagni, partiti dal Vaag, che contestavano
un’iniziativa del Partito Socialista francese che, dimenticato
rapidamente il proprio ruolo di governo, teneva una conferenza
contro il G8 allo Chateau Rouge. Nel pomeriggio parte una
manifestazione di solidarietà con Bruno, un compagno arrestato
il giorno prima a Ginevra.

Intorno alle cinque noi e gli altri compagni della FAI
partecipiamo all’assemblea della Claaac. Il clima è teso e vi è
preoccupazione: si sa che le forze istituzionali non gradiscono
la nostra presenza. La Claaac, pur optando per una
manifestazione pacifica, comunicativa ma determinata ha scelto
il rispetto per altre diverse tattiche di lotta, una scelta poco
gradita ai moderati che ambiscono al ruolo di polizia del
movimento.

La mattina dopo un gruppo partirà all’alba per un blocco
stradale a S. Cergues e, nonostante l’uso massiccio di gas,
riuscirà a tenere la barricata sino alle prime ore del
pomeriggio.

Gente ai balconi e in strada

Il blocco Nero e Rosso si muove alle 8 dal Villaggio. Piazziamo
lo striscione della FAI e andiamo. Nel frattempo il nostro
drappello si è ingrossato: sono giunti compagni dall’Emilia, dal
Friuli, dalla Lombardia e dal Piemonte. Arrivano le prime
notizie degli attacchi a distributori, macchine e supermercati
nella notte precedente a Ginevra. Abbiamo tutti sul braccio i
numeri del legal team. Ed ecco i primi canti, gli slogan. Alle
10 confluiamo nel corteo: il nostro spezzone sfila subito dopo i
sindacati di base ed i lavoratori in sciopero che aprono la
manifestazione, i gruppi no-global più moderati ed i partiti
stanno dietro. Percorriamo le strade di Annemasse dove la gente
è sia ai balconi che in strada e saluta, osserva, agita bandiere
dalle finestre. Solo pochi locali sono chiusi e barricati. Una
pompa di benzina viene impacchettata con della plastica nera.

Dopo una marcia lunga ed estenuante si arriva alla frontiera:
risuonano forti gli slogan contro i confini, gli stati, per la
libertà di circolazione. Il corteo prosegue per Ginevra dove si
congiunge con la manifestazione partita dalla Svizzera. Insieme
si valica nuovamente la frontiera.

Il corteo della Claaac non si scioglie e torna al Villaggio in
corteo percorrendo a lungo l’autostrada che rimarrà bloccata per
ore. Siamo esausti ma lieti. Una giornata di lotta in cui le
ragioni ed i temi dell’anarchismo sociale hanno trovato uno
spazio comunicativo efficace.

Il tentativo di depotenziare la presenza delegittimante del
movimento no-global, riducendola ad un problema di ordine
pubblico è ancora una volta fallito: le ragioni di
un’opposizione che trova sempre maggior consenso si sono
incarnate in decine di migliaia di persone che sono entrate in
contatto vivo con il territorio in cui erano asserragliati gli 8
costruendo canali comunicativi diretti ed efficaci.

Le componenti libertarie ed anticapitaliste del movimento
no-global hanno sempre sostenuto che lo stato ed il capitalismo
sono irriformabili, che non vi sono ricette che consentano un
«addolcimento» dei meccanismi di sfruttamento, dominazione,
spoliazione del pianeta e dei suoi abitanti che vanno sotto il
nome di democrazia e libero mercato. Le possibilità di crescita
e sviluppo del movimento dipendono dalla capacità di sviluppare
una critica ed una prassi radicali capaci di risostanziare
«l’altro mondo possibile» che auspichiamo. Per far ciò occorre
fuggire la tentazione di ridursi a mero movimento di opinione,
anima bella di una sinistra istituzionale che ha perso per
strada persino l’attitudine riformista. Ma è nel contempo
necessario tessere reti comunicative vaste ed efficaci.

Sappiamo bene che gettare sabbia nel loro motore è innanzitutto
opera quotidiana, capillare di radicalità e radicamento nei
nostri territori ma sappiamo anche che i grandi appuntamenti
hanno un grande valore simbolico perché mettono a nudo il re ed
i suoi servi.

Sfilando per le strade di Annemasse e Ginevra, tra un selva di
bandiere rosse e nere, attraversando più volte le frontiere che
dividono gli esseri umani, gli 8 «grandi» sono apparsi come
l’emblema squallido del mondo contro cui ci battiamo. Ogni
giorno, in ogni luogo. Perché, padroni di nulla, servi di
nessuno andiamo all’arrembaggio del nostro futuro. Un futuro in
cui non c’è posto per il re ed i suoi servi.

Maria Matteo

* * * *

da A - rivista anarchica, n. 292 estate 2003

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