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(it) Umanità Nova n.42: Tranvieri: blocchi ai depositi e polizia ai picchetti
From
worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date
Wed, 24 Dec 2003 12:53:11 +0100 (CET)
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Sciopero fuorilegge
"I casi sono due: o siamo di fronte a un vistoso scollamento fra i
dirigenti sindacali e una base che non segue più le loro indicazioni
oppure qualcuno nella riunione di domenica ha barato rappresentandoci
volutamente una realtà falsa" - Sergio Chiamparino, sindaco di Torino su
"La Repubblica" del 16 dicembre 2003
"Vorrei che il sindaco venisse nei depositi a cercare di calmare gli
animi... e vuole accusarmi di avere organizzato i blocchi sottobanco ha
sbagliato numero di telefono... Noi ci siamo dati da fare sin dall'alba
per garantire il rispetto della legge. Ma la situazione è talmente
esasperata che bastano pochi lavoratori a convincere gli altri a forme di
protesta illegali" - Franco Badii, della CGIL torinese, segretario di
categoria sempre su "La Repubblica" del 16 dicembre 2003
Lo sciopero degli autoferrotranvieri del 15 dicembre era, con ogni
evidenza, atteso come una verifica della situazione nella categoria e non
solo. L'11 dicembre gli operai dell'Alitalia di Fiumicino erano scesi in
sciopero spontaneo contro la minaccia di 4100 licenziamenti e la mancanza
del riconoscimento dei, sia pur miserevoli, aumenti
contrattuali e avevano bloccato per due ore l'autostrada Fiumicino Roma
con alcuni tafferugli con la polizia.
Era, insomma, evidente che lo sciopero del 1 dicembre aveva colpito
l'immaginario di ampi settori dei lavoratori e che il modello milanese
rischiava di estendersi a macchia d'olio. Ed effettivamente questa
estensione c'è stata se lo sciopero selvaggio è stato particolarmente
forte a Torino ed a Brescia, fatti simili sono avvenuti a Perugia ed a
Firenze mentre ha rifatto la sua comparsa quella che potremo definire
"malattia selvaggia". Una valanga di certificati di malattia, con punte
del 60%, è pervenuta alle aziende del trasporto urbano a Bari, Brescia,
Castrovillari, Cosenza, Foggia, Genova, Napoli, Torino.
Non si tratta, questo è evidente, della forma di lotta più nobile che vi
sia ma esprime a pieno la stanchezza dei lavoratori rispetto ad una
situazione di degrado salariale e normativo e il tentativo di aggirare la
normativa antisciopero. I moralisti del sindacalismo farebbero bene a
ricordare che il sabotaggio è una forma di azione alla quale i
lavoratori tendono a ricorrere quando è bloccata la possibilità della
lotta aperta e, in questo caso, contro lo sciopero selvaggio si erano
schierati le aziende, il governo, i sindacati istituzionali.
Non solo, infatti, vi erano state riunioni nelle prefetture con i
sindacati ma agli autisti è arrivata la precettazione e davanti ai
depositi è stata inviata la polizia. La cosa più divertente è avvenuta a
Torino dove gli autisti sono stati precettati mediante una SMS. Che il
prefetto comunichi con i lavoratori su di un cellulare è un segno della
potenza dell'innovazione tecnologica.
Ma, e non è una novità, a decidere non sono la tecnica o la volontà della
burocrazia sindacale ma quella delle donne e degli uomini che si sono
messi in sciopero.
D'altro canto, lo stesso intervento della polizia per far togliere i
picchetti era di scarsa efficacia per almeno due motivi:
- anche senza picchetto molti lavoratori si sono rifiutati di uscire dai
depositi;
- molti di quelli che, temendo sanzioni, sono usciti hanno applicato il
boicottaggio facendo andare i mezzi a velocità ridottissima ed
applicando alla lettera i regolamenti.
Se a Torino la polizia si è presentata davanti ai depositi, a Brescia è
penetrata all'interno sotto la guida di un eroe delle giornate di
Genova.
L'irruzione, in effetti, non è servita a nulla per il banale motivo che i
lavoratori si sono seduti per terra e si sono rifiutati di uscire. La
polizia democratica e repubblicana non si è spinta, come le camice nere
durante gli scioperi del 1944, a far uscire i mezzi con alla guida i
militi (d'altronde nel 1944 il principale effetto di questa scelta fu la
distruzione di un buon numero di mezzi a causa dell'imperizia dei
conducenti).
Alcune, veloci, considerazioni sono possibili:
- l'effetto domino ha funzionato. Molti lavoratori hanno pensato che se
era stato possibile bloccare Milano altrettanto si poteva fare altrove;
- il controllo sindacale è stato inadeguato. È evidente che molti
iscritti e delegati dei sindacati istituzionali hanno scioperato e che i
gruppi dirigenti di CGIL-CISL-UIL hanno, diciamo così, qualche
problema;
- la forza stessa della mobilitazione ha modificato la percezione degli
scioperi nel trasporto a livello generale. Si parla, è ovvio, del fatto
che gli scioperi dei trasporti "colpiscono altri lavoratori" ma si parla
anche, e questo è il fatto politicamente importante, della
condizione salariale del personale, degli effetti della precarizzazione
e, soprattutto, del fatto che l'attuale normativa antisciopero ha
favorito lo smantellamento dei servizi pubblici.
Detto ciò, è possibile, non sarebbe la prima volta, che i sindacati
istituzionali usino la mobilitazione per riconquistare un ruolo che la
ristrutturazione dei servizi tende a sottrarre loro secondo lo schema
"Noi siamo responsabili ma dobbiamo garantire qualcosa ai nostri,
altrimenti vedete che succede...".
È possibile, forse è probabile, ma non è dato. Sta a noi lavorare
perché la radicalità della lotta si connetta a quella delle
rivendicazioni. La giornata del 1 dicembre e quella del 15 non possono
servire solo a "chiudere un contratto" di per sé indecente ma devono
servire anche e soprattutto a rilanciare l'opposizione sociale sulla
questione degli organici e del salario nel settore dei trasporti e
nell'assieme del movimento dei lavoratori.
Cosimo Scarinzi
Da "Umanità Nova" n. 42 del 21 dicembre 2003
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