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(it) Umanità Nova n.41: La legge Gasparri
From
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Date
Thu, 18 Dec 2003 10:14:03 +0100 (CET)
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Silvio a cavallo dei media
È stata definitivamente approvata in parlamento la legge di riforma del
sistema radiotelevisivo. La legge pur portando il nome del ministro
Gasparri è stata in realtà scritta da Antonio Pilati, eminenza grigia
berlusconiana nel mondo dei media ed esprime, abbastanza chiaramente, le
strategie perseguite, nel prossimo futuro, da Berlusconi.
Questa legge è, infatti, un monumento equestre alla coincidenza degli
interessi pubblici con gli interessi privati del presidente del
consiglio (non ha più senso parlare di "conflitto" tra interessi che
coincidono).
Questa legge ha, come la maggior parte di quelle considerate
prioritarie da questo governo, dei risvolti economici a vantaggio del
presidente del consiglio.
Mediaset, che oggi sfora sistematicamente il limite di fatturato
previsto dalla legge Mammì, potrà aumentare il proprio giro d'affari di
un paio di miliardi di euro (dai 4 miliardi di euro che adesso fattura
annualmente).
Publitalia potrà raccogliere pubblicità anche per altri media,
televisioni comprese, senza alcuna limitazione. Questo vuol dire che
Publitalia si sta avviando a diventare monopolista nel mercato della
raccolta pubblicitaria perché sarà l'unica a cui si potranno rivolgere i
grandi inserzionisti per avere una campagna pubblicitaria plurimodale (in
televisione, sui giornali, alla radio, nei cartelloni ecc.). Oltre ai
benefici di carattere economico, questo consentirà a Berlusconi un
controllo, di fatto, su tutti i media che si rivolgeranno a Mediaset per
la raccolta pubblicitaria.
Potranno aumentare i blocchi per gli spot, anche durante i film.
Le telepromozioni (che costituiscono il 15% dei ricavi della pubblicità
televisiva e che, già oggi, sono beneficiate da agevolazioni fiscali) non
verranno utilizzate per il calcolo dell'affollamento pubblicitario
orario, in contrasto palese con tutta la normativa europea in materia.
Retequattro, a dispetto di una sentenza della corte costituzionale, non
andrà sul satellite, con un vantaggio economico per il gruppo Mediaset
stimato intorno ai 400 milioni di euro l'anno.
Non è però solo l'aspetto economico a far diventare strategica la legge
Gasparri nei piani di Berlusconi.
Con questa legge prosegue infatti l'opera di smantellamento della rete di
piccole iniziative di comunicazione, incontrollabili dal potere, e
pericolosissime per chi vuole blindare il mondo dell'informazione. Già
l'aumento delle tariffe postali ha costretto alla chiusura tante
piccole riviste, spesso autoprodotte, ed ha parzialmente tagliato fuori
dal mondo dell'informazione minore chi non si può permettere l'accesso ad
Internet.
Con la Gasparri adesso diventerà molto più difficile gestire una radio
privata. Infatti decade il divieto di possedere più mezzi di
comunicazione a chi ha già una televisione. Mentre per i giornali
questa revoca scatterà il 31 dicembre del 2008, per le radio private
scatta da subito. È estremamente probabile che i tycoon locali,
sentendosi dei Berlusconi in piccolo, decidano di affiancare alla
propria televisione, una o più radio private. Questo comporterà
nell'immediato un aumento del valore delle singole stazioni radio e, in
un prossimo futuro, un aumento significativo del canone di concessione
motivato dall'aumentato prezzo delle frequenze, con conseguente
strangolamento di tutte quelle realtà di base e non commerciali.
La nomina del consiglio d'amministrazione della RAI passa direttamente in
mano al governo garantendogli un più stretto controllo della TV pubblica.
La strategia di Berlusconi è quindi chiarissima: blindatura totale di
tutti i mezzi d'informazione, su cui non devono, in alcun caso, esserci
critiche al capo, che non siano quelle volute ed accettate dal capo
stesso, a dimostrazione della sua magnanimità.
D'altro canto, con il fallimento totale della sua politica economica, il
governo deve necessariamente ricorrere a questi mezzi: repressione
sociale (legislazione antisciopero, eliminazione delle garanzie per i
lavoratori), repressione politica (arresti ed intimidazione degli
oppositori, chiusura dei loro mezzi d'espressione) e controllo totale
dell'informazione (non si devono dare notizie sfavorevoli al governo e,
quando proprio non se ne può fare a meno, non si deve dare la
responsabilità di quanto accaduto al governo).
Il mantenimento del consenso per Berlusconi, dal punto di vista
mediatico, deve passare attraverso l'autocolpevolizzazione del suo
elettore: chi non arriva a fine mese con il proprio stipendio si deve
sentire anomalo ed in colpa, come se questo dipendesse da lui e non dalla
politica berlusconiana.
Questa strategia rappresenta un passaggio obbligato per la prossima tappa
del berlusconismo: l'elezione a presidente della repubblica. Non ci
illuda della possibilità di un limite parlamentare a questo progetto: con
l'approvazione di questa legge con il voto segreto sono andate a ramengo
le ipotesi di chi puntava ai mal di pancia interni alla maggioranza per
poter mandare a casa Berlusconi. Il
centrosinistra, d'altro canto, non ha fatto nulla di realmente
significativo per contrastare la Gasparri: poche mobilitazioni (e tutte
gestite dai girotondi orfani di Cofferati), molte parole ed abbastanza
fumose. Il problema che ha è che il controllo blindato sulla Rai al
centrosinistra va benissimo, solo vorrebbero averlo loro e non
Berlusconi. La loro propaganda, che li vorrebbe alfieri della libertà
d'espressione e della satira, contrapposti al Berlusconi dei divieti a
Santoro, Biagi e Luttazzi, tende a dimenticare la prosecuzione
dell'ostracismo all'incontrollabile Beppe Grillo, proclamato da Craxi e
confermato anche da loro.
Né vale confidare nel limite giurisprudenziale dato dalla corte di
giustizia europea o dalla corte costituzionale: la loro azione
arriverebbe troppo più avanti nel tempo, quando, a controllo
consolidato, sarebbe ancora più facile mobilitare l'apparato mediatico
per giustificare un decreto legge che bloccasse gli effetti di
un'eventuale sentenza sfavorevole.
L'unica variabile che può non rendere immediatamente operativo questo
progetto è l'eventuale, mancata firma del presidente della repubblica. A
fare previsioni sull'argomento si rischia di essere facilmente
smentiti e me ne guardo bene. è però abbastanza facile immaginare, visto
quanto Berlusconi tiene alla legge, il pesantissimo scontro
istituzionale che si aprirebbe se Ciampi non la firmasse.
Francesco Fricche
Da "Umanità Nova" n. 41 del 14 dicembre 2003
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