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(it) Italy, UCADI #168: AUTONOMIA DIFFERENZIATA: LA SCUOLA (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Mon, 20 Mar 2023 09:34:05 +0200
Nell'applicazione dell'autonomia differenziata l'attribuzione alle Regioni della
competenza in materia scolastica riveste un'importanza strategica e tattica.
Passerebbero alle dipendenze della Regione, quindi da dipendenti dello Stato
diventerebbero dipendenti di ogni singola Regione di appartenenza i docenti, i
dirigenti scolastici, ma anche tutto il personale Ata. Verrebbe costruito un
organico regionale del personale scolastico, banditi concorsi regionali per
provvedere al reclutamento, regionalizzata da subito la Dirigenza scolastica;
contratti di lavoro ad ambito regionale regolerebbero il rapporto di lavoro, sia
per quanto riguarda diritti e doveri degli insegnanti che il trattamento
retributivo, con la possibilità delle diverse Regioni di differenziare gli
stipendi su base territoriale. La mobilità verrebbe sottratta alla negoziazione
sindacale. Tutto ciò si evince dal contenuto delle intese stipulate dal governo
Gentiloni con le Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto che avevano già
formulato le loro richieste sulla scuola.
È quindi possibile prevedere gli effetti di quando sta avvenendo, tenendo conto
che si calcola uno spostamento di risorse per la scuola da Sud a Nord del paese
di circa un miliardo e mezzo di euro. Con l'istruzione regionale sarebbe negato
l'esercizio del diritto allo studio in maniera uguale su tutto il territorio
nazionale e si realizzerebbe un doppio regime fra quello nazionale e quello
regionale. Le scuole si differenzierebbero sempre più radicalmente, il divario
Sud-Nord non potrebbe che aumentare, la diffusione uniforme di scuole
dell'infanzia e tempo pieno sarebbe definitivamente negata, il valore legale del
titolo di studio sarebbe compromesso. Ma quello che è forse ancora più grave è
che e le Regioni potrebbero decidere autonomamente su programmi, strumenti e risorse.
Non si tratta a riguardo di disporre l'insegnamento del dialetto o una maggiore
attenzione per la storia locale ma di dettare i contenuti dei programmi incidendo
più di oggi sulla scelta dei liberi di testo, l'impostazione della didattica la
declinazione del contenuto dei programmi, ponendo le basi di una differenziazione
sempre maggiore del paese. Da non trascurare la possibilità di decidere della
composizione delle classi. In passato i tentativi in tal senso contenuti nelle
leggi regionali sono stati stoppati dall'intervento della Corte Costituzionale
che tuttavia alla luce dell'intervenuta riforma potrebbe avere maggiori
difficoltà ad intervenire. E questo senza contare che un'autonomia si fatta
andrebbe contro il disposto dell'art. 33 della Costituzione che attribuisce ala
Repubblica il compito di dettare le norme generali sull'istruzione.
L'autonomia differenziata per la scuola come arma strategica
La scuola, nei suoi ordini e gradi impiega circa un milione di addetti e vede
coinvolti un numero di lavoratori/elettori molto rilevante. Spezzare,
frammentare, distruggere l'unità contrattuale di questo comparto attraverso
interventi normativi e salariali significa imprimere una direzione molto precisa
alla modifica del mercato del lavoro, alla dinamica salariale, all'esercizio dei
diritti sindacali ponendo fine al contratto nazionale di lavoro, aprendo la
strada alle gabbie salariali, con la motivazione che il diverso costo della vita
tra i territori del paese giustificherebbe questa scelta che non tiene conto del
fatto che nelle Regioni del meridione nelle quali il valore reale del salario è
più alto altri costi come i servizi, dai trasporti alla salute, sono più cari, a
causa della carenza e più spesso dell'assenza che vi è nell'accesso a questi
servizi, il che fa si che questa scelta si rivelerebbe uno strumento ulteriore di
allargamento delle diseguaglianze sociali e
di classe. Regionalizzare le retribuzioni di una categoria di lavoratrici e
lavoratori così numerosa avrebbe anche un valore strategico nell'aprire la strada
alla differenziazione di tutti i salari, ristrutturando in un'ottica regressiva i
rapporti sociali di tutti., attraverso l'estensione dello stesso criterio a tutto
il mondo del lavoro. Ma c'è di più, e questo aspetto riguarda le modalità con le
quali si pensa di gestire la differenziazione salariale: il ricorso ad incentivi
e risorse che provengono dai privati che operano sul territorio. Il loro apporto
sarebbe di entità certamente diversa, cosa che avviene in parte già oggi a causa
della sciagurata attuazione dell'autonomia scolastica ad opera soprattutto della
"mala scuola" voluta da Renzi, creando ulteriori differenze di opportunità. Con
la differenza che nel nuovo contesto normativo creato dall'autonomia
differenziata sarebbe possibile risarcire i finanziamenti ricevuti con modifiche
nei piani di studio o anche aumentando nei programmi l'incidenza delle ore
dedicate all'attività di scuola/lavoro, che tante vittime e tanto sfruttamento
produce ed ha prodotto, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, ma
non solo. Diminuirebbe quindi il peso della formazione, rendendo una farsa sempre
più evidente il pomposo nome attribuito al Ministero che governa la scuola che
associa questa attività al merito.
Scuola e territorio
Ma la scuola, come sistema unico di formazione, ha anche una funzione di coesione
sociale, soprattutto in quei territori nei quali il disagio sociale è maggiore.
Essa offre ai giovani uno spazio di formazione unitario che, sottraendoli alla
dominanza assoluta e totalizzante delle famiglie, quando non al loro disinteresse
e addirittura all'abbandono, li induce ad elaborare in un ambito protetto valori
e comportamenti che fanno di loro degli attori sociali, dei cittadini titolari di
diritti e di doveri di solidarietà, ad accettare regole di convivenza che
consentano la crescita della consapevolezza di se e degli altri, dei valori della
convivenza nella diversità.
In altre parole, l'autonomia differenziata aumenterebbe una differenziazione
ingiusta nell'accesso alle risorse educative pubbliche offerte sul territorio
nazionale che esiste già, non solo tra Regioni, ma anche all'interno delle stesse
Regioni e città: nidi, scuole per l'infanzia, tempo pieno nella scuola
dell'obbligo, disponibilità di palestre e laboratori, effettiva disponibilità di
scelta tra più indirizzi di scuola secondaria di secondo grado, che differiscono
infatti a seconda di dove si vive e cresce. E spesso queste differenze si
sovrappongono alle diseguaglianze sociali e di contesto, invece di compensarle.
Prova ne sia che a fronte di una dispersione scolastica nazionale media del
12,7%, ad esempio la Sicilia raggiunge il 21,1% e la Puglia il 17,6%, mentre in
Lombardia la dispersione è all'11,3%, vicino all'obiettivo europeo del 9% entro
il 2030.
Uno degli effetti di questa strategia che produce un indubbio impoverimento in
qualità e quantità di servizi offerti dal sistema scolastico pubblico è il
rafforzamento del ruolo e della funzione sociale della scuola privata, e
segnatamente quella del maggiore operatore privato del settore che è costituito
dalle scuole confessionali, mondo dal quale l'attuale ministro dell'Istruzione
proviene, essendo docente dell'università Europea di Roma appartenente alla
Congregazione della Sacra Croce.
Guardando a quello che sta avvenendo per quanto riguarda la scuola l'attuazione
dell'autonomia differenziata rappresenterebbe il punto di arrivo di quel processo
di smantellamento della scuola pubblica che ha avuto i suoi campioni con le legge
Berlinguer sull'autonomia scolastica che ha dato vita al sistema pubblico-privato
integrato, accentuato ed aggravato dalla riforma voluta da Renzi, sedicente della
"buona scuola", provvedimenti che oltre che costituire un grave attacco al
sistema scolastico pubblico hanno contribuito a far fallire il progetto politico
del PD che queste scelte ha fortemente voluto, scardinando, attaccando e
distruggendo la sua base elettorale, costituita dai lavoratori della scuola.
È forse per questo motivo che Bonaccini, nel momento in cui si appresta ad
esercitare la sua OPA sulla segreteria del Partito, sembra aver deciso, sia pure
tra mille ambiguità, di rinunciare per la Regione che amministra a rivendicare le
competenze sulla scuola. Non vogliamo pensare che a motivare la sua scelta
attuale sia la crisi politica del suo collaboratore assessore Bianchi, poi
ministro del Conte 2, noto alle cronache almeno regionali, per aver motivato la
richiesta regionale di competenze sulla scuola, portando ad esempio gli interessi
dei Comuni della costa adriatica a disporre di un istituto tecnico di formazione
per salvaguardare il mestiere tradizionale di raccoglitori di padelle
(molluschi) un tempo molto diffuso in riviera!
Le necessità reali di riforma
Eppure, la scuola avrebbe bisogno di un piano di interventi serio ed articolato
per i diversi gradi. Il paese soffre della assenza cronica di asili e gli
investimenti del PNRR non soddisfano assolutamente il fabbisogno anche a causa
dell'incapacità dei Comuni e delle Regioni di redigere i progetti e presentare le
richieste di finanziamento oppure motivate dall'incertezza sulla disponibilità di
risorse per gestire poi le strutture realizzate. L'edilizia scolastica in
generale necessiterebbe di investimenti in fabbricati, strutture, laboratori,
informatizzazione, potenziamento della rete bibliotecaria.
Un serio intervento andrebbe messo in campo per la formazione e l'aggiornamento
del personale i cui salari, a parità di mansioni e in assoluto, sono i più bassi
d'Europa. Andrebbero previsti concorsi periodici e programmati per l'assunzione
in ruolo degli insegnanti, dando certezza sui tempi di espletamento e la rapidità
per l'assunzione e l'immissione in ruolo in modo da evitare la carenza di
organico che puntualmente riemerge ad ogni inizio dell'anno scolastico.
Andrebbero definite con equità le procedure di mobilità e di trasferimento.
Andrebbe curato l'aggiornamento del personale consentendo periodici permessi per
la formazione. Il restingimento dei ruoli a livello regionale annulla la mobilità
e la restringe drasticamente.
Da alcune parti si sostiene che tutto questo meglio si realizzerebbe con
l'autonomia differenziata senza fare chiarezza sul fatto che una formazione
differenziata e la formazione di 20 sistemi scolastici differenziati
costituirebbe un danno anche economico, restringendo il mercato del lavoro e
immettendo una rigidità disfunzionale nel rapporto tra datori di lavoro e
lavoratori nel ricorso alle competenze e professionalità occorrenti.
L'immagine che esce da questo progetto è quello di un definitivo arretramento del
paese, della sua corporativizzazione che avrà il solo effetto di incrementare la
fuga dei giovani. Ammonta a circa 500 mila giovani all'anno il numero di coloro
che oggi emigrano verso altri paesi e territori, alimentando i crescenti vuoti di
forza lavoro sul territorio.
È per questi motivi che occorre far crescere consapevolezza di quanto sta
avvenendo e un movimento di lotta che abbia come obiettivo specifico
l'opposizione all'autonomia differenziata, sia per quanto riguarda la scuola che
più in generale. Oltre contrastare il progetto politico della destra, dove il
partito di maggioranza, in nome dell'unità della coalizione, offre alla Lega lo
scalpo del sistema scolastico e della formazione, occorre costruire un movimento
politico che rivendichi la riqualificazione della scuola oggi sottoposta a una
gestione regressiva, anche dal punto di vista pedagogico della quale è artefice
un Ministro dell'istruzione che vuole introdurre come elemento educativo
l'esaltazione delle differenze, l'umiliazione degli studenti, la mortificazione
del sapere, una visione sempre più provinciale, ristretta, elitaria della
cultura, propria della Congregazione dei legionari di Cristo e del suo guru
Marcial Maciel Degollado alla
quale appartiene.
La Redazione
http://www.ucadi.org/2023/02/21/autonomia-differenziata-la-scuola/
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