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(it) Sicilia Libertaria: Una portaerei naturale nel "Mediterraneo allargato" (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Sun, 19 Mar 2023 07:47:51 +0200
Da qualche tempo sembra esserci un rinnovato interesse per il ruolo che la
Sicilia potrà ricoprire nei prossimi anni nel movimentato quadro geopolitico che
vede il Mediterraneo uno snodo cruciale degli opposti interessi tra potenze
mondiali. Per rendere palese tale centralità si è coniato un nuovo termine:
Medioceano. Quello spazio marittimo (e anche terrestre) che, fin dall'apertura
del canale di Suez nel 1869 e tanto più col suo raddoppio nel 2015, connette le
rotte atlantiche e indo-pacifiche, proprio dove si sta giocando la partita per
l'egemonia tra Usa e Cina. Ma il ministero della Difesa italiano a questo termine
preferisce quello di Mediterraneo allargato, "Una Regione che include aree
immediatamente contigue al Mediterraneo "in senso stretto", incorporando il Medio
Oriente e il Golfo arabico e passando per la fascia del sub-Sahara, che dal Corno
d'Africa, attraverso il Sahel, si estende al Golfo di Guinea: quadranti
strategici che non incidentalmente sono il luogo prioritario della proiezione
internazionale (missioni e operazioni) delle Forze Armate e l'oggetto principale
dei nostri piani di cooperazione", così come viene definito nel documento
Strategia di difesa e sicurezza per il Mediterraneo, firmato nel maggio del 2022
dall'allora ministro Guerini, con l'obiettivo di fissare le linee d'indirizzo
politico-militare e individuare le risorse e gli strumenti per una presenza forte
e stabile dell'Italia in quest'area.
A insistere molto e a più riprese sulla centralità del Mediterraneo nella
geopolitica mondiale e sul fatto che l'Italia debba adeguatamente attrezzarsi per
giocarvi un ruolo non marginale è la rivista Limes, che a questo tema ha dedicato
due numeri: il primo nel febbraio del 2021 dal titolo L'Italia al fronte del caos
e un secondo nell'agosto del 2022 dal titolo Il mare italiano e la guerra.
Nell'editoriale di quest'ultimo numero così viene argomentata la necessità della
presenza italiana: "Le tre generazioni nate e vissute nei privilegi goduti per
aver straperso la seconda guerra mondiale dalla parte dei fortunati hanno
evacuato la storia. E la guerra, tragedia che a intervalli irregolari minaccia
ogni collettività. Stretti fra oblio del passato, incoscienza del presente e
inerzia verso il futuro, tre gli esiti probabili: abbandonarsi al destino che non
c'è, dilaniarsi nel terrore o ficcare la testa nella sabbia. Rimozione coltivata
dall'esausta pedagogia europeistica, che ci vuole vegani in un mondo di onnivori.
E ci invita a gloriarcene, quasi fruissimo di superiore dispensa dal fragore
delle armi. Speriamo di rieducarci alla realtà prima che la realtà disponga di
noi". E la realtà cruda per i redattori di Limes è quella della guerra, cui ci si
deve attrezzare, se non si vuole finire travolti dagli eventi. A queste
preoccupazioni risponde il ministero della difesa nel documento citato: "Il
«Mediterraneo Allargato» è la dimensione strategica di riferimento per la nostra
Nazione, entro la quale lo Stato esercita un'azione prioritaria, ma non
esclusiva, al fine di perseguire gli interessi strategici nazionali. Questi
comprendono l'insieme di azioni, progetti, ambizioni e obiettivi della Nazione
che contribuiscono direttamente o indirettamente alla prosperità e al successo
del Sistema Paese, ovverosia quegli interessi fondamentali per il nostro sistema
valoriale, politico, economico, culturale e militare".
E non si capisce chi influenza chi.
Che una nuova centralità del Mediterraneo è nei fatti sembrerebbe confermato da
alcuni indicatori economici. Attraverso le sue rotte passa il 20% del traffico
marittimo mondiale, nei suoi fondali sono collocati gasdotti, oleodotti e cavi
dei sistemi di telecomunicazione che collegano Africa ed Europa, ancora più
rilevanti oggi a seguito della guerra ucraina. Per questo motivo di recente si
sono tenuti convegni e incontri promossi da istituzioni e associazioni. Il più
recente si è tenuto a Palermo il 21 dicembre scorso dal titolo Noi, il
Mediterraneo, cui hanno partecipato, seppure da remoto, i ministri Salvini e
Musumeci. Il presidente dell'Autorità di Sistema portuale del mare di Sicilia
occidentale Pasqualino Monti, che ha promosso il convegno, ha auspicato che la
Sicilia diventi l'hub dell'Europa. Un altro convegno, cui ritorneremo in seguito,
si è svolto a Siracusa dal 27 al 29 ottobre scorso. Ma un vero e proprio
documento programmatico per lo sviluppo economico dell'isola - e che sviluppo!-
era già stato elaborato da The European House-Ambrosetti che, in collaborazione
con la Regione Sicilia, ha condotto uno studio che è culminato in un Rapporto
finale, l'"Act Tank Sicilia - Strategie politiche per una Sicilia - al centro del
Mediterraneo - aperta, attrattiva, connessa".
Il rapporto è stato presentato il 25 marzo del 2022 a Palazzo Belmonte Riso di
Palermo e individua quattro aree di intervento: Ambiente ed energia:
industrializzare il settore idrico, realizzare due temovalorizzatori,
riconvertire i siti industriali contaminati, sviluppare le tecnologie per
idrogeno verde e blu, nuovi investimenti in impianti eolici e fotovoltaici;
Agrifood e Grande distribuzione organizzata, qui si punta tutto nel far crescere
la Gdo con operatori forti che si espandano fuori dalla regione; Turismo e
cultura, si ripete il solito refrain del "brand Sicilia" e la necessità di
attirare grandi gruppi nazionali e internazionali nel settore della ricettività;
infine Dotazione infrastrutturale, si va dall'alta velocità della linea
ferroviaria Messina-Catania-Palermo, al potenziamento dei porti di Augusta -
commerciale - e di Catania - turistico -, alla sistemazione delle autostrade,
manca il Ponte sullo Stretto.
Ma torniamo, in chiusura, al convegno di Siracusa organizzato dall'associazione
Incontri a Siracusa e intitolato Sicilia, Mediterraneo, Europa: le sfide
dell'energia e della sicurezza. Nel depliant pubblicitario del convegno, cui
hanno preso parte il ministro della Difesa Crosetto, Romano Prodi, Joscka
Fischer, Calogero Mannino, esponenti o ex delle Forze armate e giornalisti, il
problema è posto senza girarci intorno: "Dalla Trinacria si controlla lo Stretto
di Sicilia dal quale passano le rotte che collegano l'Atlantico
all'Indo-Pacifico. Il controllo della Sicilia è, e rimarrà, centrale nella
partita tra Stati Uniti, Cina, India e Turchia". Siamo avvertiti, non si può
sfuggire al destino di colonia e di avamposto militare. In uno degli appuntamenti
del convegno, ragionando con Paolo Valentino, editorialista del Corriere della
Sera, Calogero Mannino, più volte ministro tra gli anni Ottanta e gli anni
Novanta, ha sostenuto la tesi di una Sicilia hub, importante piattaforma
energetica e militare, ma che al momento rimane "passiva", non integrata, come
secondo lui è avvenuto per il Friuli con la base di Aviano, in un sistema in cui
forze politiche e forze militari collaborino e si sostengano vicendevolmente per
avviare un percorso virtuoso di sviluppo. Nella visione del vecchio ex
parlamentare di lungo corso persino la sistemazione delle autostrade sarebbe
necessaria, non tanto e non solo per la loro importanza commerciale, ma più per
gli spostamenti militari in un'isola così rilevante nel sistema di difesa atlantico.
Al di là dei vaneggiamenti dell'ultra ottantenne Mannino, è proprio questo il
futuro prospettato dalle classi dirigenti nazionali e internazionali: un'isola
sempre più armata, al servizio del grande capitale come delle aspirazioni di
egemonia di un'Italia, che sogna un ruolo di piccola potenza regionale, forse
immaginando chissà una nuova campagna di Libia contro la Turchia, non più ottomana.
Angelo Barberi
https://www.sicilialibertaria.it/
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