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(it) Sicilia Libertaria: Le parole dell'inganno, la Sicilia come hub energetico (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Tue, 14 Mar 2023 08:14:26 +0200


Delle parole vuote che il potere fa circolare per irretire le persone molte di queste sono in inglese. E ce n'è una, in ambito energetico, che è sinonimo di guai. È la parola hub. Purtroppo è il termine che sempre più spesso si accompagna alla Sicilia. Politicanti, imprenditori e ambientalisti (ci torneremo) hanno scoperto, bontà loro, che la Sicilia è in mezzo al Mar Mediterraneo e che, bontà loro, è un ponte tra l'Africa e l'Europa. Così stanno provando a disegnare un'isola che possa diventare il loro approvvigionamento energetico. Vogliono prendere senza dare, sfruttando la storica condizione di debolezza (imposta anche quella) e la complicità degli apparati locali, interessati a spartirsi la torta o, più spesso, a mendicare qualche briciola.

Partiamo dalle fonti fossili. Nei primi giorni di gennaio la raffineria di Priolo è passata dalla russa Lukoil alla cipriota Goi Energy, in quel processo di finanziarizzazione dell'economia che fa sì che la storica industria pesante del siracusano sia scivolata nelle mani di un fondo internazionale che, come insegna la vicenda di GKN nel fiorentino, non si farà scrupoli a usare i diecimila lavoratori, tra diretto e indotto, come merce di scambio con lo stato. Non va meglio se si pensa a Gela, dove la storiella dell'hub energetico è diventata l'occasione, come abbiamo raccontato nello scorso Speciale, per far diventare la cittadina siciliana la capitale italiana del gas. Un gas, però, di cui neanche una goccia resta in Sicilia. Lo stesso avviene a Mazara del Vallo, dove il gasdotto Transmed (intitolato a Enrico Mattei perché la piaggeria non è mai troppa) è diventato l'impianto italiano più importante a livello energetico dato che nel 2022 ha condotto dall'Algeria tra i 23 e 24 miliardi metri cubi di gas, cioè circa un terzo del consumo nazionale annuale. Anche in questo caso quasi tutto il gas è andato nel Nord Italia. E c'è di più: il 10 gennaio Eni e Snam hanno annunciato la nascita di SeaCorridor, "la società a governance paritetica", si legge nel comunicato di lancio dell'iniziativa, che favorirà "potenziali iniziative di sviluppo nella catena del valore dell'idrogeno anche grazie alle risorse naturali del Nord Africa".

La Sicilia dunque, come già avviene a Gela col gasdotto libico GreenStream, si conferma un hub nel senso che rafforzerà il colonialismo energetico italiano: l'idea è di appropriarsi delle risorse dell'Africa - vale la pena ricordare che per ottenere l'idrogeno l'elemento fondamentale è l'acqua - per trasformarle in combustibile da usare, soprattutto nel Nord Italia, ed esportare. Sì, perché in contemporanea il governo Meloni ha annunciato la ripresa di un vecchio piano rimasto finora nei cassetti, cioè la volontà di estendere l'idea dell'hub all'intera Italia, facendola diventare zona di transito dall'Africa all'Europa del più climalterante dei combustibili fossili, con la Sicilia che giocherebbe in questo disegno un ruolo di primo piano. Quel che è peggio è che lo stesso meccanismo predatorio si intende replicarlo con le energie rinnovabili.

Da un paio di anni l'ufficio regionale che rilascia le autorizzazioni (la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale) è stato subissato di richieste per impianti eolici e fotovoltaici: dai 400 del 2019 si è arrivati ai 600 del 2022. Si tratta prevalentemente di grandi impianti che ripetono le meccaniche fossili (o per meglio dire capitalistiche) di appropriazione delle risorse naturali, in questo caso sole e vento, per farne oggetto di profitto per pochi. Perché gli impianti rinnovabili, come da tempo fa notare il ricercatore siciliano Samadhi Lipari, a fronte di un'innegabile ed evidente riduzione considerevole dell'impatto ambientale (che comunque non è nullo) rispetto alle fonti fossili necessitano di un minor numero di forza/lavoro e, al momento, prevedono una tassazione molto più bassa. Secondo il rapporto R.E.Gions 2030, in due sole regioni, Puglia e Sicilia, sono concentrati finora oltre il 70% di nuovi progetti sulle fonti rinnovabili. E, al contrario di quel che si crede, la Regione Siciliana "presenta un buon numero assoluto di autorizzazioni uniche rilasciate". E dire che la Regione un piano per impedire i mega-impianti ce l'avrebbe anche. L'aveva redatto Alberto Pierobon, l'assessore regionale all'Energia silurato poi da Musumeci nel 2021. Il documento prevedeva uno stop alle strutture troppo grandi, privilegiava gli impianti sui tetti e individuava 260 miniere e 200 discariche abbandonate per quelli a terra. Di quel piano, però, non si è saputo più nulla. Così interi territori si trovano in balia di aziende dalle sedi all'estero o, come nel caso del trapanese, di legami con la mafia, basta citare la vicenda del "re dell'eolico" Vito Nicastri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa perché considerato il prestanome del boss Matteo Messina Denaro.
Di fronte alle centinaia di progetti rinnovabili, dunque, l'attenzione del mondo ambientalista dovrebbe restare alta. Invece alcune associazioni hanno deciso di fare da sponsor e da apripista a questo accaparramento di risorse. A tal proposito racconto un aneddoto che mi riguarda. Un anno fa mi ritrovai invitato da Legambiente a un incontro online che denunciava la situazione di stallo di 12 mega-impianti rinnovabili. Ne approfittai per segnalare che le nuove infrastrutture, certamente necessarie, avrebbero comunque dovuto sviluppare un'energia decentrata e dal basso perché altrimenti le opposizioni dei territori avrebbero continuato a esserci e sarebbero state pure giustificate. Fui criticato in maniera netta da Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, che propinò in diretta la solita storiella "che colpa ne abbiamo noi se il sole e il vento sono in Sicilia e se le industrie sono al Nord?". Non è un caso che proprio Legambiente, Wwf e FAI abbiano recentemente diffuso un appello in cui chiedono al governo di accelerare ulteriormente con le autorizzazioni alle rinnovabili, nel nome della crisi climatica in corso e nel "rispetto del paesaggio". Ovvero: quando le parole vuote vengono fatte circolare da chi dovrebbe stare al tuo fianco.

Andrea Turco

https://www.sicilialibertaria.it/
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