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(it) Sicilia Libertaria: Il Ponte per le necessità militari di Italia ed Europa (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 9 Mar 2023 08:11:56 +0200


I lettori di Sicilia libertaria hanno potuto leggere sullo scorso numero l'intervento di Antonio Mazzeo e Luigi Sturniolo sulle recenti (ma in realtà consolidate nel tempo) esternazioni di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, in favore dello Ponte sullo Stretto di Messina. Esse introducono un tema non nuovo, ma sicuramente più proiettato verso scenari geopolitici di quanto non lo fossero le motivazioni tradizionali adottate dai signori del Ponte, e cioè lo sviluppo dell'isola, il benessere dei Siciliani, la fine dell'isolamento, ecc. Questi argomenti sono ancora vivi negli interventi dei vari Schifani, Salvini e compagnia brutta, ma Caracciolo va oltre, invita a non considerare come importanti gli aspetti ingegneristici, economici e ambientali, rispetto alla valenza strategica, geopolitica e militare dell'infrastruttura.

Veniamo così proiettati in un ragionamento che ci impegna da anni a riflettere sulla funzione della Sicilia nel Mediterraneo, nella quale viene incastonato l'elemento ponte come manufatto necessario alle forze armate e quindi ad una maggiore occupazione militare dell'Isola nel contesto strategico che ha ormai assunto (e assumerà ancor di più) il Mediterraneo "allargato", e in esso, la Sicilia come frontiera dell'Italia e dell'Europa, luogo da armare all'inverosimile, da salvaguardare da occupazioni militari (e umane), a difesa di un'Italia che "senza la Sicilia non esiste".

Certo che ricordarsi dell'importanza della Sicilia solo per accentuarne il destino di base militare, non fa altro che confermare e far riaffiorare le politiche colonialiste ed estrattiviste che ben conosciamo e che caratterizzano la storia e la vita di chi in quest'isola-frontiera ci vive (se non emigra prima).

Ecco perché la questione Ponte l'abbiamo voluta interna a questo speciale del giornale dedicato al ruolo di "hub", di snodo delle strategie del capitalismo internazionale, riservato alla Sicilia. Come i poli industriali, come le nuove centrali di stoccaggio e passaggio di gas, o di altre fonti energetiche, anche il Ponte si inserisce nel contesto quale infrastruttura del dominio, necessaria - secondo Caracciolo, che esprime visioni e posizioni interne alle altre sfere dei Servizi e dei ministeri degli esteri e della difesa - al potenziamento militare, non solo difensivo, ma anche esplicitamente offensivo, del territorio siciliano, secondo una ben nota narrazione che confonde e scambia abilmente i concetti di difesa e offesa, di pace e di guerra.

A maggior ragione la nostra opposizione al Ponte va a coniugarsi con le battaglie antimilitariste per liberare l'isola dalle tante ipoteche guerrafondaie che ne condizionano ogni possibile sbocco pacifico e autodeterminante.

In altre occasioni abbiamo affrontato questo aspetto, quando abbiamo fatto notare come l'eventuale Ponte avrebbe comportato un rafforzamento militare delle due sponde, a causa della sua delicata posizione, e come sarebbe stato un evidente, oltreché facile, obiettivo militare dei "nemici". Temi questi che, alla luce degli scenari internazionali già in atto, e di quanto prospettato da Caracciolo, non possono che essere confermati e accentuati. Una Sicilia hub militare sarebbe un grande obiettivo da Capo Peloro a Capo Passero a Capo Spartivento. No Ponte quindi come No Muos, come No guerra.

Tuttavia, contemporaneamente, va avanti la macchina del fango istituzionale, velocizzatasi con il ritorno al governo della destra-destra, e rafforzata dalla conferma al governo regionale della medesima coalizione. Il Ponte, quindi, come leitmotiv da dare in pasto ai siciliani affamati di lavoro, di servizi pubblici e sociali, di infrastrutture, e stanchi di emigrare, di doversi rivolgere ai mafiosi, di elemosinare un reddito, di votare...

Matteo Salvini un giorno si e uno anche ci sbatte in faccia la soluzione di tutti i nostri mali; "i siciliani sono isolati", il ponte "toglierebbe 140 mila tonnellate di anidride carbonica in emissione in aria" (anche se le merci continuerebbero a viaggiare sui tir, visto lo smantellamento progressivo della rete ferroviaria e lo scarso decollo delle "autostrade del mare"). Per poi azzardarsi a fare l'ennesima previsione: la prima pietra sarà posata entro il 2024. Non ci dice però quando sarà posata l'ultima, con quali progetti e quali soldi verrebbe costruita l'opera, e non sa di essere finito in un terreno melmoso dove son già naufragati alcun suoi "illustri" predecessori: Ciccio Rutelli, presidente del consiglio nel 2001 annunciò l'apertura del ponte al 2 giugno 2012; Silvio Berlusconi qualche anno dopo annunciò il proprio cronoprogramma: inizio dei lavori nel 2005, ultimazione nel 2011, apertura del ponte nel 2012. Parlare di date porta sfiga. Tuttavia i fatti che ci riguardano sono due: la linea Caracciolo, quindi un Ponte come elemento strategico in una Sicilia condannata definitivamente a fungere da zona di conflitto in un'area di "scontro di civiltà" qual è il Mediterraneo allargato; la linea del gran capitale, quindi un Ponte come ennesima occasione per le grosse imprese private di mungere la vacca statale all'inverosimile, sul modello di tante altre grandi opere inutili e nocive. Entrambe le due linee sono convergenti, in quanto gli interessi economici e predatori hanno bisogno della forza militare per essere espressi e garantiti, come spieghiamo molto bene negli altri interventi di questa pagina. Questa convergenza si abbatte sulla Sicilia e sui siciliani, intesi come popolo lavoratore, in perfetta continuità storica, politica, economica, in una parola colonialista, e fa assumere all'opposizione a tali strategie un carattere anticolonialista nel senso proprio di anticapitalista, antimilitarista e antistatale.

Un discorso a parte meriterebbe la questione più schiettamente tecnica, sulla fattibilità o meno dell'opera, sui diversi progetti, sulla loro incompiutezza, sull'interesse reale a portarli avanti, sui costi reali, sulla sismicità e fragilità dei territori, sulle conseguenze disastrose per l'ambiente, sull'insostenibilità di una tale infrastruttura dal punto di vista economico, sull'indebitamento dello Stato nei confronti dei privati e scaricato sulle popolazioni, sulle narrazioni, tossiche o fiabesche, attorno alla presunta Ottava meraviglia del Mondo. Tutti argomenti che abbiamo affrontato con puntualità e costanza su queste pagine almeno negli ultimi venticinque anni e sui quali saremo costretti a tornare.

Quel che adesso importa, perché l'offensiva è già in atto, è integrare l'opposizione al ponte con le lotte di liberazione della Sicilia, a partire dalla più importante lotta contro il MUOS, la militarizzazione e la guerra, dandosi un orizzonte in cui un'isola (senza ponte) al centro del Mediterraneo, deve dotarsi di prospettive di pace, di scambio, di incontro, di meticciato culturale e umano, e deve rigettare con ogni mezzo ogni progetto che va contro tale prospettiva.

Pippo Gurrieri

https://www.sicilialibertaria.it/
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