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(it) Italy, Sicilie Libertaria #451: ECOLOGIA PIRATA (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 8 Oct 2024 07:44:40 +0300
La crisi climatica sempre più pressante dovrebbe riorientare le nostre
scelte e le nostre azioni. Dopo decenni di studi e di denunce da parte
degli scienziati e degli studiosi del clima anche le istituzioni
riconoscono la necessità di interventi, più o meno urgenti. Tuttavia
questa nuova sensibilità istituzionale si è tradotta più in annunci e
coniazione di espressioni buone per i media, green new deal o
transizione ecologica per fare due esempi, che in scelte ben precise.
D'altra parte i movimenti per il clima mostrano una debolezza e una
frammentazione "inspiegabili" se si pensa all'urgenza e alla gravità
delle questioni.
A dare un contributo interessante al dibattito in corso e a provare a
fare chiarezza sulla direzione di un movimento contro i cambiamenti
climatici è da qualche mese disponibile un piccolo libretto scritto da
Fatima Ouassak, politologa, militante ecologista, antirazzista e
femminista francese, pubblicato dalle edizioni Tamu, giovane casa
editrice napoletana che persegue un preciso progetto editoriale, dal
titolo suggestivo: Per un'ecologia pirata... E saremo liberi. Si tratta
di un pamphlet denso che ci fa penetrare nel groviglio delle ingiustizie
che vengono subite quotidianamente dalle classi subalterne e nello
stesso tempo prova a disbrogliare alcuni fili capaci di sottrarle alla
morsa dentro cui il sistema le costringe. Pertanto niente appelli
generici per la salvaguardia dell'ambiente ma una precisa posizione di
classe. Sotto questo aspetto qualificare Fatima Ouassak come militante
femminista, antirazzista ed ecologista non è puro esercizio attributivo
ma indica la prospettiva globale dalla quale si deve guardare la
complessa realtà odierna e il preciso posizionamento di chi vuole
mettere in atto un'azione di trasformazione radicale: le lotte per il
clima si devono intrecciare con le lotte contro il razzismo, contro il
patriarcato, contro ogni forma di oppressione, da un punto di vista di
classe.
Punto di partenza di un movimento ecologista ampio e capace di
radicalità secondo la Ouassak è il riconoscimento della più ampia
libertà di movimento per tutti, per gli europei bianchi delle classi
agiate o medie, come per gli europei non bianchi delle classi popolari o
per i migranti che attraversano il Mediterraneo. Solo la libertà di
muoversi - possibilità di uscire dai quartieri ghetto in cui i ceti
sfruttati sono confinati e controllati da un sistema securitario
violento, possibilità per i migranti di giungere in Europa senza vincoli
giuridici - può creare le precondizioni per fare decollare una lotta che
segni un cambiamento sostanziale. "Siamo d'accordo - scrive - sulla
necessità di risolvere il problema del clima, ma dal punto di vista di
chi e nell'interesse di chi? E' l'umanità che vogliamo salvare o solo la
ricca e fortunata minoranza bianca? Che tipo di ecologia garantisce
tutte le libertà, compresa quella di movimento e insediamento per tutti,
indistintamente? Che tipo di ecologia stiamo difendendo? Un'ecologia che
aggiunge frontiere alle frontiere o un'ecologia che cerca di abbattere i
muri".
E' il capitalismo-coloniale, come lo chiama l'autrice, che "ha bisogno
di produrre razza e territorio. Per accumulare il massimo profitto ha
bisogno di gerarchizzare gli individui e le terre, di produrre viventi
rispettabili e viventi spregevoli"; essere nelle condizioni di potersi
sottrarre, attraverso la libertà di movimento, a tale meccanismo
rappresenta un primo passo verso un processo di liberazione collettiva.
Mentre l'ecologia mainstream, di destra o di sinistra, non considera
importante la libertà e finisce per schierarsi per il "mantenimento
dell'ordine sociale attuale". Sintomatico di questo modo di pensare
conformista è l'idea che occorra essere informati sempre di più, che
l'informazione possa darci la spinta a cambiare il nostro modo di vivere
e contribuire a cambiare le sorti generali dell'umanità. Ma, obietta la
Ouassak, intanto l'informazione è unilaterale, promana dall'alto verso
il basso, dai presunti detentori del sapere alla incolta popolazione per
sensibilizzarla nelle sulle scelte giuste e, soprattutto, il sapere a
cosa può servire se le classi popolari non hanno la possibilità di
decidere e di cambiare le cose perché sono oppresse, controllate e
ghettizzate per essere sfruttate? Diventa allora un discorso moralista
dire che per cambiare basta solo modificare gli stili di vita e che ciò
dipenda in fondo semplicemente dalle nostre scelte individuali.
Un cambiamento radicale non avviene certamente per caso, l'autrice fin
da subito chiarisce quale soggetto principale può farsene promotore e
qual è il cambiamento da attuare. L'ecologia pirata fa parte di una
trilogia, iniziata con La puissanse des mères, che individuava il
soggetto rivoluzionario, le madri, prosegue appunto con L'ecologia
pirata, che si interroga sull'ecologia come strumento di liberazione, e
si dovrà concludere con un terzo volume, che analizzerà "la questione
dell'organizzazione della società".
"Sebbene questi libri trattino temi diversi, la domanda a cui intendiamo
rispondere è la stessa: come possiamo rendere il mondo un posto più
respirabile per i bambini? L'ambizione è duplice: la partecipazione alla
coscientizzazione dei quartieri popolari come soggetto politico e la
definizione di un progetto ecologista. Il metodo è[...]fare un passo di
lato per pensare e progettare la pratica e la riflessione militanti.
Questo passo di lato si basa sul lavoro militante del passato e mira a
rafforzare il lavoro militante del futuro". Il richiamo ai bambini non è
un mero espediente retorico o un appello umanitario e morale; nel corso
del libro i bambini sono considerati soggetti capaci di comprendere e di
avanzare richieste, di farsi promotori del processo di cambiamento.
Esemplificato anche nelle metafore liberatorie cui l'autrice fa
riferimento: pirati, draghi e mare.
In un mondo così oppressivo e repressivo come quello imposto dal sistema
capitalistico-coloniale, un percorso vero di liberazione dal basso,
suggerisce l'autrice, può trovare concretezza "nell'ammutinamento e
nella secessione", nel sottrarsi e nel creare spazi di libertà. Per fare
ciò occorre "cambiare rotta[...]e andare verso Sud, il Sud del
Mediterraneo e il sud presente in Europa. La via d'uscita dal
capitalismo ecocida non sarà né civilizzata né barbara. Sarà conquistata
attraverso una guerra di liberazione, una rivoluzione il cui centro sarà
certamente il Sud globale. E' da lì che tutto ripartirà. E in Europa
faremo la nostra parte".
Tutto ciò non è enunciato in una formula astratta ma praticato nella
quotidianità di una lotta che, sebbene ancora embrionale, ha trovato
corpo in Vendragon, la prima casa dell'ecologia popolare, che Fatima
Ouassak ha contribuito a fondare a Bagnolet, sobborgo parigino.
Un libro quindi compatto, da leggere d'un fiato e da meditare, frutto
della passione militante dell'autrice e della consapevolezza di assumere
quello sguardo "di lato", capace di farci guardare il mondo da
prospettive altre. A chiuderlo è infatti una favola intitolata Un
racconto di ecologia pirata, in cui sono i bambini ad essere artefici
del cambiamento, con la loro immaginazione e la loro intraprendenza.
Angelo Barberi
http://sicilialibertaria.it
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