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(it) Italy, Sicilie Libertaria #451: Amodio - Paesaggi urbani multietnici (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 1 Oct 2024 08:27:28 +0300
L'arrivo, in gran parte clandestino, di immigrati extraeuropei in Italia
è andato aumentando progressivamente nelle ultime decadi, soprattutto
nelle regioni meridionali, zona di transito e di lavoro, dove all'inizio
manteneva un certo grado di invisibilità, derivato dal lavoro nei campi,
ma che ora si è fatto sempre più visibile in ambiti urbani. Anche se non
si tratta di una "invasione", come le destre nostrane proclamano per
spaventare i loro votanti, il volume di stranieri di prima e seconda
generazione è sufficientemente alto per segnare la vita cittadina, tanto
nelle grandi città come nelle medie e piccole, dove il fenomeno può
dirsi più recente. In effetti, quando si trattava di pochi individui,
soprattutto giovani e maschi, la loro presenza non perturbava
generalmente la vita urbana, salvo quando la differenza riguardava segni
corporali precisi come il colore della pelle; infatti, la
riconoscibilità dei migranti dell'est europeo non è tanto immediata,
considerando che i loro tratti somatici non sono tanto differenti da
quelli italiani. Differente è la situazione quando cominciano ad
arrivare le famiglie, e quindi donne e bambini, che non sostituiscono il
flusso degli uomini soli, ma ad essi si associano, soprattutto
considerando l'esistenza di reti familiari che ne hanno favorito
l'arrivo e l'insediamento. Questo fenomeno risulta avanzato nelle grandi
città, come Catania, Napoli o Milano, mentre nelle piccole si tratta di
un fenomeno incipiente o che solamente ora si fa più visibile.
L'arrivo di famiglie, che esprime una certa stabilità economica e
sociale, porta con sé un cambio importante tanto nella loro vita come in
quella degli abitanti storici dei vari contesti urbani in cui gli
emigranti si sono inseriti, generalmente periferiche, anche se questo
non è tanto evidente nelle piccole realtà urbane, dove è difficile
differenziare una zona dall'altra in termini economici. I segni più
evidenti di questi nuovi insediamenti urbani, caratterizzati da certa
omogeneità etnica di origine, è la progressiva mutazione del contesto:
si creano nuovi spazi di socialità, si ascolta musica sconosciuta, si
percepiscono odori di cucina esotici e, soprattutto, nascono botteghe e
piccoli supermercati caratterizzati da prodotti provenienti da terre
lontane, ma che vendono anche prodotti locali, da cui deriva che anche i
non migranti finiscono per frequentarli, anche se spesso solo in caso di
necessità. Infine, il moltiplicarsi di famiglie di emigranti implica la
presenza di bambini, da cui la pressione sugli enti statali per la loro
assistenza medica ed educativa.
Il panorama che abbiamo delineato non si è prodotto da un giorno
all'altro, ma si è andato conformando negli ultimi trenta anni, senza
che la politica si accorgesse di quello che stava accadendo, a parte
alcune istituzioni urbane locali, preoccupate dell'esistenza di questi
nuovi "cittadini" senza protezione sociale, soprattutto i bambini. Il
paese legale, come avrebbe detto Bobbio, coincide sempre meno con il
paese reale; e persino quando si legifera lo si fa in base a "dati"
costruiti ideologicamente e non derivati dalla conoscenza reale dei
processi sociali, com'è il caso della legge Bossi/Fini o, più recente,
del decreto Cutro. Si pone qui un problema squisitamente psicologico e,
chiaramente, etico: i politici e i loro votanti, che non "vedono" la
realtà italiana sempre più irrimediabilmente miscelata con altre forme
culturali di vita, mentono sapendo di mentire o vedono la realtà
attraverso il filtro della sua rappresentazione? La risposta è ovvia se
consideriamo le cinquecentomila persone che hanno creduto e votato
Vannacci, anche se ho l'impressione che il generale sappia di mentire.
Parlare di rappresentazione implica saper distinguere tra "panorama" e
"paesaggio", dove il primo termine allude ai processi spaziali abitativi
reali, mentre il secondo fa riferimento alla costruzione storica delle
immagini significative del panorama intervenuto dai gruppi umani. Così
come lo spazio indifferenziato si fa territorio quando se le
attribuiscono nomi, significati e valori, il panorama naturale si fa
paesaggio culturale, differenziato secondo i gruppi sociali, di cui uno
può diventare dominante, imposto dai gruppi egemoni e veicolato dai
media. Nel caso degli emigranti, i vari paesaggi culturali che si
producono possono variare da quelli che negano la loro presenza già
stabile e il ruolo che svolgono nell'economia del paese (e quello che
svolgeranno in futuro; vedi il riferimento alla logica delle pensioni),
a quelli che già li hanno integrati nella rappresentazione, soprattutto
in ambienti popolari, naturalizzando la loro presenza. Specchi di questa
differente costruzione della presenza dell'altro possono considerarsi le
polemiche sulla presenza di italiani non bianchi nello sport italiano
d'élite; come anche quelle sulle esternazioni di Salvini che rimarcano
il colore della pelle o l'origine di chi trasgredisce o si macchia di un
delitto, cosa che non fa quando a trasgredire è un italiano bianco e ariano!
Dato che i paesaggi culturali urbani sono un prodotto di gruppo,
possibilmente omogeneo non solo in quanto a condizione sociale ma anche
formato da membri portatori di una stessa cultura e parlanti di una
lingua comune o di varianti con una origine comune, anche le crescenti
comunità di migranti stabilmente residenti in Italia, producono
rappresentazioni del territorio che possono trasformarsi in paesaggi
culturali, strumenti di azione su un mondo che necessitano controllare
in qualche modo. Certamente, in questo caso, occorre non dimenticare che
la stessa decisione di emigrare e viaggiare in condizione tremende verso
Europa può considerarsi il risultato di una rappresentazione in gran
parte fantastica, ma che viene definita fortemente dalla
contrapposizione tra ricchezza e povertà, cosa ben reale (anche se poi
scoprono che i poveri esistono anche nel mondo ricco!). In questo senso,
la vecchia rappresentazione soffre dei processi violenti di
ristrutturazione, fino a conformarsi in un nuovo paesaggio, certamente
subalterno.
La produzione di paesaggi o, se si vuole, di rappresentazioni in ambiti
urbani implica che, di fronte al panorama di case e vie, ogni gruppo
sociale, di origine locale o foranea, abbia letture differenti; cioè, ci
sono tante città quanto gruppi sociali o etnici la abitano e queste
differenti immagini "lottano" fra loro per imporsi o, in ogni caso, per
ottenere sufficiente forza per proporsi come opzione possibile, anche di
fronte a quei paesaggi tradizionali che cercano di escluderle. Da qui la
necessità di un dibattito su "paesaggio multietnico" o "paesaggio
interetnico", che passa necessariamente dallo stesso concetto di
integrazione, come vedremo...
Emanuele Amodio
http://sicilialibertaria.it
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