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(it) Italy, Umanità Nova #22: Autodeterminazione frocia. Oltre la logica dei campi contrapposti. (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 1 Aug 2024 08:47:11 +0300
Le soggettività minoritarie, e tra queste quelle queer, sono sempre
state utilizzate nelle politiche statali o religiose nell'ambito della
creazione di un nemico. In tempi più recenti stiamo assistendo a un
fenomeno diverso. Negli ultimi anni, alcuni governi che pure in passato
più o meno lontano hanno perseguito politiche di repressione diretta ed
esplicita delle persone queer, sono passati a politiche di assimilazione
e sussunzione nel sistema. Il risultato è che alle pratiche omofobe -
che nella società non sono affatto diminuite - si affiancano politiche
di "tolleranza" con lo scopo di depotenziare le lotte LGBTQIA+ e
ricondurle a una dimensione in cui siano utili al mantenimento dello
status quo. Programmi di integrazione, il diversity management, gli
sponsor aziendali alle manifestazioni per l'orgoglio LGBTQIA+, i
patrocini pelosi di istituzioni e autorità, per non parlare della
presenza organizzata di associazioni di polizia dentro i cortei sono
tutti riassunti nel termine "rainbow washing".
Sicuramente alcune battaglie per la concessione di diritti soggettivi,
benché siano delle battaglie parziali, hanno la potenzialità di
migliorare le condizioni materiali di vita di molte persone; tuttavia le
concessioni vanno sempre viste come punto di partenza per altre e
ulteriori rivendicazioni, e non come "vittorie" da condividere con
gratitudine con la politica istituzionale.
In questo schema si inserisce la benevolenza ostentata in modo
paternalistico da partiti e governi nei confronti delle frocie. Ogni
concessione nei nostri confronti, o anche semplicemente la tolleranza
della nostra esistenza in quanto minus habentes, vengono ostentate dai
governi e anche da parti politiche tradizionalmente opposte alla
autodeterminazione dei corpi, come segni di una superiorità morale e
maturità politica utilissima ad accreditarsi in alcuni scenari politici.
Mi riferisco, ad esempio, alla spesso sorprendente "concessione" di
tenere parate LGBT nelle capitali di stati decisamente omofobi, in
momenti in cui quei governi avevano bisogno di mostrare un volto
"decente", magari nell'ambito di una procedura di ingresso nell'Unione
Europea...
Ma ogni stato che abbia intrapreso una missione imperialista, ha sempre
dovuto ricostruirsi come civilizzato e civilizzatore, e portatore di
valori mitici di "progresso": in questo modo è stato possibile armare
gli eserciti da inviare in geografie remote e "altre", che nel progetto
imperiale vengono rappresentate come popolate da barbari da moralizzare
e popoli "bambini" da educare e convertire. La colonizzazione è quindi
quasi un favore che viene fatto ai popoli indigeni, e la missione
civilizzatrice un "fardello" per l'uomo bianco. In questo gioca oggi un
ruolo fondamentale il rainbow washing, ma in realtà la strada della
strumentalizzazione è a doppio senso: la Russia di Putin e i suoi
satelliti, assieme alle destre populiste un po' ovunque fanno abbondante
uso dello spauracchio della teoria gender come significante di un mondo
depravato, contrapposto alla propria sana morale nazionale, costruendo
il nemico sullo sfondo di un'epica battaglia di civiltà.
Già dalle prime battute di questa fase del conflitto in Ucraina sono
state diffuse immagini propagandistiche delle cosiddette "Brigate
unicorno", (in realtà si tratta di singole persone LGBTQIA+ che
indossano un distintivo particolare sull'uniforme dell'esercito
regolare) anche se sappiamo che - dopo una campagna elettorale tutta
rivolta all'"europeizzazione" dell'Ucraina - dei parlamentari del
partito di Zelensky hanno depositato proposte di legge di stampo
omofobo, non lontanissime dalla nota legge contro la propaganda LGBTQIA+
russa.
Anche Israele, ormai da molto più tempo ostenta una mentalità
particolarmente aperta, presentando Tel Aviv come un'oasi di benessere
LGBTQIA+, aggiungendo così un pezzo molto grande al mito dell'"unica
democrazia del medioriente", mentre contemporaneamente mantiene al suo
interno componenti religiose fondamentaliste, i cui elementi si sono
anche resi responsabili di attacchi ed omicidi di persone LGBTQIA+ e che
hanno sempre avuto un ruolo determinante nei giochi di potere dei
governi. Recentemente la macabra immagine della bandiera rainbow esposta
sulle macerie di Gaza ha giustamente fatto inorridire moltissime persone
in tutto il mondo, anche se mi chiedo non fosse altro che un'ulteriore
umiliazione più che una pretesa "liberazione".
Le esistenze queer sono quindi tirate in mezzo anche con valori
polarmente opposti, ma sempre al di sopra del volere delle persone, e
per fini che poco hanno a che fare con la loro emancipazione. Ma lo
scenario è più complesso, in un intreccio di nazionalismi ed interessi
capitalistici in cui le voci delle persone che in questo momento sono
vittime dei conflitti, e pure vorrebbero mettere in campo una loro lotta
specifica sono perdute nella logica degli schieramenti. Per alcune
persone queer in Ucraina, lottare contro la Russia significa lottare per
la sopravvivenza come queer, e identificano la loro lotta con la guerra
in corso. Il Kiev Pride, recentemente tenutosi in condizioni
difficilissime, aveva tra le sue richieste - oltre a maggiori tutele
legali e il matrimonio egualitario - anche l'aumento di armamenti
all'esercito.
A Gaza, territorio in cui l'omosessualità è ancora bandita per legge, le
persone queer vivono la doppia oppressione dell'essere governate da
un'autorità religiosa fondamentalista profondamente omofoba, e di essere
all'interno di un violento stato di occupazione, che in questa fase ha
un obiettivo dichiaratamente di sterminio. È veramente difficile
prefigurare uno scenario in qualche modo positivo per loro.
Ed è quindi a tutte le persone che vivono l'oppressione di genere che va
la nostra solidarietà di queer anarchich*, alla loro lotta per la
sopravvivenza e per l'autodeterminazione, senza voler indicare loro la
strada, ma neanche risparmiando critiche ad Hamas ed ai suoi alleati:
non farlo significa rafforzare le strutture di oppressione in essere.
Ovviamente questo non vuol dire imporre a nessuno di rinunciare alle
proprie tradizioni, credenze e pratiche individuali e collettive, che a
Gaza come nella diaspora hanno un ruolo importantissimo nell'identità di
molte persone. Né significa imporre il nostro punto di vista sul genere
e la sessualità, mentre sappiamo che in società non occidentali ci sono
e ci sono stati modelli di identità e ruoli di genere diverse dalle
nostre, peraltro regolarmente represse dai governi coloniali.
Se nel movimento si affermerà l'idea che qualsiasi atto posto in essere
in una situazione di "resistenza all'oppressore" sia giustificato si
apriranno le porte a pericolosissime derive nel caso di degenerazione
ulteriore del conflitto. Molti elementi purtroppo preferiscono di gran
lunga dimostrare la loro solidarietà alla Palestina marciando in piazza
sotto la bandiera iraniana piuttosto che sotto quella rainbow. Usiamo
piuttosto il nostro privilegio se non altro per dare voce e per offrire
una visione alternativa che proprio perché non ci troviamo nel pieno di
un conflitto ci è possibile vedere. La voce transfemminista queer può
essere la più prorompente, perché da sempre è in grado di rompere i
costrutti statuali, religiosi e del costume; non lasciamo i nostri
simboli e le nostre rivendicazioni nelle mani dei guerrafondai, e non
lasciamo a nessun politicante mano libera nel fare giochi di potere al
di sopra delle nostre teste. La bandiera rainbow e la queerness vanno
rivendicate dalle persone queer in un'ottica di liberazione totale e di
lotta di classe, strappandole a stati, eserciti, e a chiunque ci voglia
costruire sopra delle patrie da difendere.
Non dimentichiamo che l'oppressione sulla base della classe e del genere
non conosce confini, e che ci sono persone oppresse, dissident* e
disertr* anche in Israele e in Russia. È ai dissidenti tutti che va la
nostra solidarietà di persone queer anarchiche, oltre ogni logica di campo.
Julissa
https://germinalts.noblogs.org/post/2024/07/08/autodeterminazione-frocia-oltre-la-logica-dei-campi-contrapposti/
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