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(it) Italy, Sicilia Libertaria: Autonomia differenziata: istituzionalizzare il furto storico (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Thu, 1 Aug 2024 08:46:03 +0300
Il 19 giugno la Camera ha definitivamente approvato la legge
sull'Autonomia Differenziata, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26
giugno, dopo la firma del presidente della Repubblica Mattarella, che
non ha ritenuto di avanzare rilievi sulla stessa, dimostrandosi, da buon
palermitano, una "cosa inutile". ---- Ora contro la legge 26/6/2024 n.
8 si stanno muovendo le Regioni governate da giunte di centro-sinistra
(Emilia Romagna, Toscana, Puglia, Campania e Sardegna), orientate a
ricorrere alla Corte Costituzionale e a promuovere un referendum
abrogativo, assieme a PD, Mov. 5 Stelle, AVS ed altri.
Ma ci sono molte stonature in questa prima fase, a cominciare
dall'opposizione della Regione Emilia Romagna che al contrario è stata
fautrice, proprio con il suo presidente Bonaccini, dell'autonomia
differenziata, ed oggi va sostenendo che quella approvata non
corrisponde alla sua idea di autonomia.
Anche nel fronte di centro destra i problemi non mancano, in particolare
in Forza Italia, per la fronda interna dei due presidenti regionali di
Calabria e Basilicata, al momento tamponata malamente.
Il governo Meloni, che ha un buon bacino elettorale al Sud, ha dovuto
barattare la rivendicazione leghista con la riforma sul
presidenzialismo, mettendo in difficoltà non pochi suoi esponenti
meridionali e mutando posizione a 360° rispetto alla sua avversione a
partire dal 2014. Le recenti prese di posizione di Musumeci (ministro
della protezione civile ed ex presidente della Regione siciliana) contro
il presidente del Veneto Zaia, i timidi malumori di Schifani, attuale
presidente siciliano, potrebbero (un condizionale grande come una casa,
vista l'attitudine ossequiante delle classi dirigenti siciliane e
meridionali verso quelle del Nord e i governi nazionali) sfociare in un
dissenso (sia pure molto di facciata) funzionale a chi invece si sta
opponendo apertamente alla legge "spacca Italia" o sulla "Secessione dei
ricchi".
In realtà stiamo assistendo ad un teatrino dell'ipocrisia inscenato da
quelle forze che da tempo ci hanno brillato per aver spianato la strada
alle istanze più reazionarie della destra. E' il caso del Partito
Democratico, artefice, nella sua precedente veste di Democratici di
Sinistra, della discutibile riforma del titolo V della Costituzione
(governo Amato del 2000), confermata con il referendum del 7 ottobre
2001, che ha aperto la voragine dentro cui da quel momento sguazzano i
secessionisti. Quella riforma introduceva le nuove entità (comuni,
province, Regioni) con cui lo Stato doveva dividere funzioni, risorse e
poteri, e nacque al solo scopo di permettere ai DS di recuperare
consensi elettorali nelle regioni del Nord particolarmente sensibili
alle sirene "separatiste" della Lega. Senza dire che con quella modifica
scomparve il termine Mezzogiorno in quanto area geografica del paese
caratterizzata da difficoltà sociostrutturali da sostenere con politiche
perequative, sostituito da un ambiguo "territori".
Pessima idea quella di fregare la destra scendendo sul suo terreno: ci
si spoglia di quel residuo di differenza e si rafforzano le tendenze
reazionarie.
Ma il PD non si è fermato lì: per iniziativa del presidente dell'Emilia
Romagna (da poco eletto a Strasburgo) nel 2018-19 è stata tentata una
forzatura della tempistica per le pre-Intese tra Stato e regioni sulle
competenze da trasferire a queste ultime, chiedendo di trattare su 15
materie; a ruota lo hanno seguito Lombardia e Veneto.
Possiamo dire senza tema di smentita che il centro sinistra è stato il
principale fautore dell'autonomia differenziata, gettando le basi per il
non ritorno vissuto in questi due anni di governo Meloni. E una parte di
responsabilità va anche alla segretaria PD Schlein, dato che gli ultimi
passaggi emiliano-romagnoli si sono svolti sotto la sua vicepresidenza
di quella regione.
Neanche i 5 Stelle ne escono puliti: hanno messo l'autonomia
differenziata come obiettivo principale del programma del governo Conte
1 con la Lega, e poi spinto tanto verso la sua realizzazione,
intavolando trattative segrete con le tre regioni del Nord, tanto che
nel 2019 si era a un passo dall'approvazione. Poi si sono accorti della
fesseria che stavano facendo e hanno cominciato a rallentare.
Il fatto è che nelle manifestazioni di piazza di queste settimane non
abbiamo assistito ad alcun cenno di autocritica; tutti si sono
presentati come verginelli, dimostrando non solo la loro ipocrisia, ma
soprattutto la loro inaffidabilità.
E su queste basi vorrebbero trascinarci in un referendum molto rischioso
poiché in caso di flop fornirebbe un assist eccezionale al governo. E
uno dei flop potrebbe venire dal mancato raggiungimento del quorum,
oramai costante in tutti i referendum degli ultimi anni, visto che
l'elettorato è giustamente schifato da questa classe politica. Un altro
flop potrebbe venire da una non impossibile sconfitta conseguente al
consenso che attualmente registrano le formazioni di centro-destra. Ma
va considerato quanto scrive Viesti sul Fatto quotidiano del 20/6:
"Assai meno importante la strada referendaria, per i suoi tempi e
contenuti (anche se si abolisse questa legge le intese successive
resterebbero valide)".
Ci sarebbe poi il capitolo dei LEP (Livelli essenziali di prestazione),
una vicenda veramente squallida, perché anche in questo caso le
affermazioni di principio di cui le leggi italiane e la Costituzione
sono strapiene, sono destinate a rimanere un miraggio da rispolverare di
tanto in tanto. Partiamo dalla definizione, citando la Treccani:
LEP (Livello Essenziale nelle Prestazioni) Indicatori riferiti al
godimento dei diritti civili e sociali che devono essere determinati e
garantiti, sul territorio nazionale, con la funzione di tutelare l'unità
economica e la coesione sociale della Repubblica, rimuovere gli
squilibri economici e sociali (federalismo solidaristico) e fornire
indicazioni programmatiche cui le Regioni e gli enti locali devono
attenersi, nella redazione dei loro bilanci e nello svolgimento delle
funzioni loro attribuite. I diritti di cittadinanza, la cui
determinazione è competenza esclusiva dello Stato attribuita dall'art.
117 Cost., si traducono essenzialmente nel diritto di tutti i cittadini
all'assistenza sanitaria e sociale, all'istruzione, alle prestazioni
previdenziali per i lavoratori eccetera.
I LEP sono stati "inventati" ai tempi della legge Bassanini del 1997, un
altro passaggio in cui si conferiscono a Regioni ed enti locali funzioni
amministrative e si riforma la pubblica amministrazione. E' inutile dire
che da allora non sono mai stati attuati, e oggi dovrebbero essere la
condizione perché l'autonomia differenziata possa decollare. Tuttavia è
evidente come un "livellamento" dei diritti civili e sociali dei
cittadini in termini egualitari cozzi con la secessione dei ricchi;
molti sperano che l'attesa della definizione dei Lep tenga a bagno maria
la legge; non lo sperano i leghisti che infatti si stanno già muovendo
per aprire trattative tra le loro regioni e lo Stato sulle materie che
non contemplano l'individuazione dei Lep, e tali tranvie spesso sono
segrete.
Riepilogando. Ci sono le regioni più ricche che vogliono salvaguardare i
loro privilegi; ma come sono diventate più ricche? A scapito di chi? Dal
punto di vista delle relazioni geopolitiche interne, senz'altro a
scapito del Meridione; dal punto di vista sociale, a scapito degli
sfruttati sia meridionali che locali, molti dei quali sono i milioni di
meridionali costretti ad abbandonare le loro regioni sottosviluppate; e
poi a scapito dell'ambiente, e così via. E tutte cercano di rafforzare e
istituzionalizzare questo furto. Un motivo da solo sufficiente a dire No
alla porcheria di Calderoli e compari.
Noi siamo per il decentramento, quindi per l'autonomia delle regioni e
al loro interno dei territori; siamo per il federalismo su grande come
su piccola scala, in alternativa al centralismo. Ma autonomia e
federalismo li concepiamo solo come processi egualitari e solidali tra
territori che godono delle medesime opportunità. Per opporsi
all'autonomia differenziata occorre una grande mobilitazione popolare,
non le chiacchiere e le azioni di una classe politica (oggi
all'opposizione) inaffidabile.
Pippo Gurrieri
https://www.sicilialibertaria.it/
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