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(it) Italy, UCADI #186 - Il tramonto dell'impero britannico (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 1 Aug 2024 08:45:07 +0300


L'ultimo becchino dell'impero, Rishi Sunak, getta la spugna e indice le elezioni per il 4 luglio, chiamando il paese a una consultazione elettorale, mentre guida un partito in necrosi profonda e irreversibile. La situazione non può essere peggiore: l'economia è un disastro, la Brexit si è rivelata una boiata immonda. Invece di rafforzare il paese lo ha indebolito in tutti i campi, trasformandolo definitivamente in una piattaforma dalla quale operano speculatori finanziari tra i più spericolati e disonesti tra quelli che caratterizzano la finanza mondiale. In altre parole il paese è diventato quello che fu: un paese di corsari, di pirati, di bucanieri, di avventurieri, di venditori di armi, di mercenari, di soldati di ventura.
Gli osservatori sono concordi nell'individuare le cause di questo declino negli effetti della Brexit. Già nel 2022, il Fondo Monetario Internazionale aveva fortemente criticato la manovra economica varata dall'allora Premier Liz Truss, che si caratterizzava per la riduzione delle tasse per i redditi alti e individuava in questa scelta la causa del pesante calo della sterlina. Truss aveva prima rimosso il responsabile dell'Economia, poi si era dimessa, cedendo il posto a Rishi Sunak. Il nuovo Premier ha impresso alla politica fiscale "una inversione a U", varando una legge di bilancio fatta di tagli alla spesa pubblica e aumento della pressione fiscale. Così gli effetti di una politica economica claudicante si sono sommati ad altri fattori quali l'inflazione, il caro energia, gli effetti della politica migratoria fallimentare, la crisi verticale del sistema sanitario e di quello scolastico, il che ha portato ad un indebolimento della sterlina, ripercuotendosi su imprese e famiglie in difficoltà. È certamente vero che la congiuntura internazionale, pesa sulle scelte dei governi, ma è pur vero che ad incidere pesantemente sulla congiuntura dell'economia britannica sono le conseguenze della Brexit.
Benché l'economia sia tornata a crescere, dopo due trimestri consecutivi di contrazione alla fine 2023, andando oltre le previsioni degli analisti e facendo subito salire la sterlina, secondo i dati resi noti dall'Ufficio nazionale di Statistica (Ons), nel primo trimestre 2024 il Pil britannico è aumentato dello 0,6%, registrando l'espansione più significativa dell'economia dalla fine del 2021, si può dire che più che ad una crescita assistiamo ad un rimbalzo se si tiene conto che nel 2021 il Pil era calato del 10%.
In altre parole l'economia britannica aveva registrato una contrazione dello 0,1% nel terzo trimestre 2023 e dello 0,3% nel quarto trimestre, entrando quindi in una recessione tecnica che si è dimostrata poco profonda e di breve durata, poiché il Pil britannico è aumentato dello 0,2% in febbraio e dello 0,4% in marzo: una tendenza positiva che potrebbe
consolidarsi nei prossimi mesi.
Se il settore dei servizi è in crescita e si registra un ritorno della fiducia dei consumatori che osano di nuovo spendere, problematico appare il settore dell'edilizia, che ha registrato un calo dello 0,9% nel primo trimestre dell'anno, il che costituisce il secondo calo consecutivo degli investimenti nel settore. Secondo l'Ons le condizioni climatiche, con
molte giornate di pioggia incessante, hanno contribuito alla contrazione nel settore. L'aumento del Pil pro capite dello 0,4% nel periodo gennaio-marzo 2024, dopo sette trimestri consecutivi di calo, sembra dovuto ai profitti derivanti dall'aumentata produzione bellica, ma ciò nonostante resta più basso dello 0,7% rispetto a un anno fa, segnalando il calo del tenore di vita della popolazione. Nonostante il ritorno alla crescita annunciato oggi l'economia britannica resta una delle più lente a recuperare dopo la pandemia, seconda solo alla Germania tra i Paesi del G7. Questo elemento di analisi emerge in tutta evidenza se si guarda al fatto che l'economia è aumentata solo dell'1,7% rispetto al 2019.
L'inflazione in calo e gli aumenti salariali dovrebbero riparare parte dei danni arrecati ai redditi delle famiglie e sostenere i consumi, mentre la ripresa in Europa dovrebbe sostenere le esportazioni Nonostante le prospettive migliori, però, il miglioramento del Pil sarà limitato in Gran Bretagna dalla debolezza della produttività e dalle scarse prospettive
occupazionali e l'economia britannica sarà il fanalino di coda del G7 il prossimo anno e crescerà solo dell'1% nel 2025, collocandosi dietro alla Germania che si prevede registrerà un +1.1%. Pertanto l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha ridotto le previsioni di crescita 2024 dallo 0,7% allo 0,4%, spiegando che gli alti tassi d'interesse e l'impatto dell'inflazione elevata continueranno a fare da freno all'economia britannica.

Il costo della Brexit
Secondo un'analisi diffusa da Bloomberg, la Brexit costa al Paese 100 miliardi di sterline l'anno. L'uscita dall'UE ha avuto un impatto pari al 4% sull'economia britannica. L'addio all'Unione, è stato un atto di autolesionismo economico, con un impatto negativo persino più rapido del previsto.
Il rallentamento degli investimenti è costato, dal referendum del 2016 a oggi, 29 miliardi di sterline, ossia circa mille sterline per ogni famiglia, tanto che si calcola che nel 2026, ci sarà una differenza (in negativo) pari al 3,2% del Pil.
Se ne sta accorgendo anche la popolazione: lo confermano due sondaggi di Savanta Poll pubblicati dal quotidiano "The Independent". Due terzi dei britannici pensa che lasciare l'UE abbia peggiorato la situazione economica, mentre solo il 13% crede che le cose siano migliorate. Non solo: due cittadini del Regno Unito su tre vorrebbero votare di nuovo. Il 22% vorrebbe farlo subito, un altro 24% nei prossimi cinque anni e l'11% tra sei-dieci anni.
Parrebbe che, in questa situazione, le chance dei laburisti di vincere le elezioni siano molto alte ,tanto che 30 punti di percentuale sembrano dividerli dai conservatori. E tuttavia i laburisti hanno la stessa posizione dei conservatori sulla guerra e pertanto tacciono sui costi che l'impegno militare comporta per le finanze pubbliche. Alla lunga rischiano di pagare lo scotto di questa scelta irresponsabile, E da ciò consegue che la situazione economica del paese non può che peggiorare. Così il nuovo governo che scaturirà delle elezioni sarà chiamato a gestire il malcontento che potrebbe saldarsi con una recessione sempre più evidente, caratterizzata da un drastico calo del potere d'acquisto dei salari che cade in una situazione tutt'altro che tranquilla, tanto che in febbraio i sindacati hanno indetto il più grande sciopero della storia del sistema sanitario nazionale, ormai allo sfascio. Infermieri, autisti di ambulanze e personale paramedico sono scesi in piazza per chiedere un deciso aumento salariale, che, però, per il governo non è fattibile. Dopo 14 anni di caos economico, la gente resta più povera, i prezzi nei negozi sono ancora molto alti, le famiglie pagano centinaia di sterline in più di interessi sui mutui. Il Paese è passato da una crescita negativa a una crescita asfittica.

La crisi definitiva del Five Eyes (FVEY)

È ormai giunto il tempo che l'Inghilterra e l'intero paese si rendano conto che non ci sono più le risorse per tenere in piedi nemmeno i cascami dell'impero e soprattutto l'alleanza Five Eyes di "sorveglianza" che comprende Australia, Canada, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti e che ha la pretesa di controllare e governare il mondo, in nome di una
supposta superiorità delle società di origine anglosassone. Questa alleanza ha sviluppato il sistema di sorveglianza ECHELON per monitorare le comunicazioni dell'ex URSS e suoi alleati, divenuta poi un mezzo per monitorare le comunicazioni private in tutto il mondo; un'organizzazione di intelligence sovranazionale che non risponde alle leggi riconosciute dei propri stessi paesi I documenti fatti trapelare da Snowden nel 2013 hanno rivelato che i Cinque Occhi hanno spiato persone e condiviso le informazioni raccolte al fine di eludere le leggi nazionali restrittive sulla sorveglianza dei cittadini.
È tempo che questa accozzaglia di luridi suprematisti bianchi la smetta di considerare il mondo e i suoi popoli come dei sudditi alla propria mercé, sostenendo la superiorità della civiltà occidentale e dei governi che la incarnano; occorre che i paesi anglosassoni e l'Inghilterra in particolare, acquistino consapevolezza di rappresentare la feccia del
genere umano che vuole imporsi con ogni mezzo sull'umanità, che aspira ad essere un insieme di popoli liberi ed eguali, in diritti e dignità, in benessere e in libertà.
Ne consegue che se il popolo inglese vuole continuare a sopportare il costo dell'esercizio di tanto potere, se vuole mantenere basi militari ovunque nel mondo, se vuole sorvegliare le rotte di navigazione e dettare le regole dei commerci, se vuole imporre il proprio ordine, sopporti il peso economico e i costi di questa scelta, privandosi delle risorse occorrenti all'istruzione, alla sanità, alla ricerca, al benessere sociale, alla costruzione di abitazioni, al miglioramento del clima e dell'ambiente, ad una vita più serena e felice, pur di soddisfare la bramosia di potenza delle sue classi dirigenti.

Non è più il tempo in cui le navi della Reggia Marina britannica solcavano da corsari le rotte dei mari, drenando ricchezze da tutto il mondo e riversandole sulle isole britanniche ad accumulare patrimoni destinati a conquistare il mondo. Non è più il tempo in cui il paese possa esercitare l’attività di governo dei popoli sottomessi, attraverso il dominio coloniale, drenandone le risorse economiche e commerciali, minerarie e umane, imponendo con la guerra l’uso e il consumo dell’oppio, come fecero a più riprese con la Cina, pur di fare profitti. È tempo che il popolo inglese si renda conto che l’era delle rapine e della supremazia è passato, come è passato il tempo in cui il paese era alla guida delle
trasformazioni politiche e civili, all’avanguardia nella ricerca e nella cultura, sperimentava la democrazia partecipata e la giustizia sociale, erogava un welfare che dava benessere al paese.
Eppure un esame obiettivo della realtà dovrebbe permettere all’osservatore attento di vedere i segnali di progressivo sfaldamento della compagine statale che per secoli è stata la base sulla quale poggia l’edificio della Gran Bretagna. Con sempre più forza e decisione l’Irlanda del Nord si avvia alla riunificazione con la Repubblica d’Irlanda, mentre il popolo scozzese – malgrado qualche battuta d’arresto contingente – opta per la scelta di darsi proprie autonome istituzioni che ne separino i destini dal resto delle isole britanniche.
È forse è questa la strada attraverso la quale la storia si propone di fare giustizia e di relegare un popolo che ha segnato la storia del mondo in una posizione finalmente subalterna o quantomeno di eguale collocazione su un piano di parità con il destino degli altri popoli.

G.C.

https://www.ucadi.org/2024/06/30/il-tramonto-dellimpero-britannico/
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