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(it) Italy, UCADI #186 - Alla ricerca del centro perduto (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Tue, 30 Jul 2024 08:18:11 +0300
Come avviene puntualmente da qualche decennio, dopo ogni elezione si
levano alti latrati e lai della grande stampa sull'inesistenza del
fantomatico centro. E tuttavia, questa volta, qualcosa di nuovo c'è
perché ha acquistato consistenza un partito di centro destra - Forza
Italia - dato per morto, che opera in nome di un morto. ma è temuto in
vita dall'inconsistenza di quella che dovrebbe essere la sua
controfigura, ovvero l'esistenza di un partito di centro che sia
disponibile ad essere una delle gambe di una auspicata coalizione di
"sinistra".
È noto a tutti che una delle cause di questa inconsistenza viene
individuata nell'indubbio protagonismo di alcune figure istrioniche che
ne fanno parte, dotati di un ego smisurata, siano essi giovani rampanti
che stagionati residui della politica. A gestire quest'area sono due
polli che si ritengono ruspanti e una gallina alquanto stagionata,
affetta da protagonismo senile; si dovrebbe perciò parlare, più
verosimilmente, di tre polli più che di terzo polo. Questo è un indubbio
dato di fatto, che ha cause psichiatriche e psicoanalitiche, ma non
basta a spiegare l'insuccesso di questa inesistente formazione politica,
senza che si ricorra ad un'analisi strutturale del problema.
Il fatto è che invocando l'anticomunismo, di fatto non necessario in
assenza di comunisti, si continua a disconoscere la natura profondamente
centrista e riformista del Partito democratico (Pd), continuando a
riferirsi a questo partito come se fosse comunista e che nasce dalla
confluenza di quello che fu il PCI con la cultura cattolica e parte
della Democrazia cristiana. A dire il vero inoltre il PCI è stato un
partito sedicente comunista, ma alquanto anomalo, che di comunismo aveva
poco; era piuttosto un partito socialista riformista, un po'
massimalista, allergico alla rivoluzione, a volte proclamata, raramente
e solo a parole, spesso praticata dai suoi militanti, ma mai dai suoi
vertici, che rivoluzionari non furono, men che meno durante la breve
gestione gramsciana o durante quella togliattiana. La tendenza a vedere
nel PCI un partito comunista è piuttosto il frutto della sua adesione
alla terza internazionale, il frutto della sua sudditanza a Mosca, che
peraltro durò per meno tempo che per gli altri partiti sedicenti
comunisti, sparsi per il mondo.
Questa è la realtà alla quale non ci si vuole rassegnare da parte del
ceto politico di destra il quale ha sempre trovato comodo nascondersi
dietro l'anticomunismo, inventandosi per decenni il cosiddetto il
fattore K che ha funzionato per tenere lontano il PCI dal governo. Ciò
fa ancora parte di una strategia ad escludendum della destra verso
l'avversario che viene criminalizzato, evocando inesistenti legami con i
gulasch staliniani ed oggi con l'immaginario di una Russia che ha
tutt'altre caratteristiche rispetto a quella che fu l'URSS, incombente
sull'occidente.
La vera ragione dell'inconsistenza di un partito di centro, che volge lo
sguardo a sinistra, è costituita dal fatto che questo partito, di fatto,
esiste già, ed è il Pd, anche se, a momenti, questo partito sembra
assumere qualche leggera coloritura di sinistra, ovvero una coloritura
"sinistra", sottolineata dal fatto che è incapace di scegliere da che
parte stare sul problema centrale della guerra e quindi fa scelte
atlantiste, guerrafondaie, imperialiste, che sono tipiche della più
arretrata socialdemocrazia, che - non dimentichiamolo - è la formazione
politica che ha storicamente votato i crediti di guerra, che ha fatto
proprie le scelte di sostegno a una gestione consociativa e spartitoria
appropriativa della società, che ha caratterizzato la sinistra
riformista a partire dalla socialdemocrazia tedesca, che oggi è in crisi
proprio perché. avendo perduto ogni capacità di analisi della situazione
di classe, si dibatte nelle sue ultime convulsioni e si dedica
all'estremo sostegno dell'ordocapitalismo imperante e della guerra.
L'assenza di un'analisi delle classi sociali non consente di rilevare
che la distribuzione del reddito avviene oggi in una società ha
distrutto la classe media, che è divenuta parte di un segmento di
popolazione impoverito, proletarizzato, percorso da una profonda rabbia,
pieno di livore diretto verso tutti, animata da un desiderio di
rivincita che la porta a rimpiangere ciò che ha perduto e la spinge a
ragionare con la pancia, nella speranza di ricostruire un prestigio, una
centralità, un benessere del quale si sono perse le tracce.
Per recuperare questo segmento di classe, indurlo a condividere valori
di solidarietà, occorre un lavoro profondo di acculturazione che porti
il sedicente ceto medio a prendere coscienza della sua nuova
collocazione nella distribuzione del reddito e nel prestigio sociale,
rimuovendo alla base le ragioni che lo spingono posizioni revansciste.
Questo segmento di classe deve essere indotto a riscoprire i vantaggi e
i benefici di un rapporto solidale con i ceti più svantaggiati e deve
essere portato a comprendere la comuni condizioni di disagio che
condivide con la gran parte dei cittadini che appartengono alle classi
subalterne, deve prendere coscienza di vivere una condizione comune di
subalternità quando non di sfruttamento. Per rendersene conto basterebbe
guardare alla distribuzione della ricchezza e allora ci si accorgerebbe
del divario profondo che separa i ricchi dei poveri, la distribuzione
del reddito di un dirigente d'azienda da quella di un qualsiasi
lavoratore che è in quell'azienda presta la propria opera.
Se si parte da questo dato di fatto costoro possono essere coinvolti da
una formazione politica che sostenga principi di equa distribuzione del
reddito, capace di spiegare e far condividere i vantaggi di un welfare
effettivamente efficiente, che muova dal dato di fatto che i costi
sanitari e di benessere sociale, dell'accesso ai servizi, della formazione,
della scuola, se affrontati individualmente sono per loro discriminanti
e insostenibili. Solo l'acquisita consapevolezza della miseria nella
quale la classe media o almeno coloro che ritengono di farne parte sono
precipitati può offrire possibilità di riscatto e voglia di lottare per
costruire un fronte unico degli sfruttati, una grande alleanza delle
forze progressiste nel paese.
La Redazione
https://www.ucadi.org/2024/06/30/alla-ricerca-del-centro-perduto/
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