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(it) Italy, UCADI #186 - Il Paese con il cappio al collo (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Mon, 29 Jul 2024 09:31:03 +0300
In contemporanea, mentre il Senato approva in prima lettura la riforma
del premierato, la Camera in seduta notturna approva l'introduzione
dell'autonomia differenziata, producendo come primo effetto una prima
risposta unitaria dell'opposizione in piazza, terzo pollo escluso. Si
tratta del tentativo da parte della Presidente del consiglio dall'occhio
suino, di mettere al centro del dibattito politico la rifondazione delle
istituzioni e della Repubblica, per cancellarne le fondamenta della
Repubblica nata dalla Resistenza e che una nuova Repubblica è nata,
gestita da un Presidente del consiglio che governa senza bilanciamento
di poteri, una democratura all'italiana, unica al mondo. Il cammino
della prima riforma è ancora lungo perché saranno necessarie la doppia
lettura e la doppia approvazione in un testo conforme, nonché
l'approvazione di una legge elettorale maggioritaria di là da venire che
assegni un premio di maggioranza al partito del premier, in modo da
assicurargli comunque il controllo di un Parlamento depotenziato e
deprivato di ogni potere. Succederà così che con un numero sempre minore
di voti sarà possibile controllare l'esecutivo e detenere il potere
senza alcun controllo e bilanciamento dell'attività di governo. Al tempo
stesso la riforma cancella molti poteri del Presidente della Repubblica
e produce a cascata l'impoverimento di quelli della Corte costituzionale
e di tutti gli altri organi di riequilibrio e di contrappeso, immaginate
dal Costituente nel 1947 per assicurare la democraticità
dell'ordinamento. Inoltre, trattandosi di una riforma costituzionale, la
legge dovrà essere obbligatoriamente sottoposta al referendum
confermativo e pertanto sembrano esserci tutte le premesse per
scongiurare il pericolo condiviso da ben 190 costituzionalisti che hanno
sottoscritto il discorso di Liliana Segre di critica al provvedimento,
pronunciato in Senato all'inizio del dibattito. Ma sarà necessario che
le opposizioni unite riescano a mobilitare il paese, la società civile,
contro questa svolta autoritaria dirigistica, aprendo un dibattito che
coinvolga tutti nella consapevolezza che sono rimessi in discussione i
cardini della convivenza.
Lo scambio politico
Mentre il primo step del dibattito sulle riforme istituzionali si
consumava davanti al Senato la camera, dopo aver approvato la proposta
di riforma della giustizia che tuttavia necessita di ulteriori tappe ha
provveduto all'approvazione della legge sull'autonomia differenziata
aumenta gli squilibri territoriali, distrugge la solidarietà, mette a
rischio l'unità nazionale, accentua gli squilibri già esistenti tra
territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie.
Inoltre la legge con cui vengono fissate le condizioni per l'attivazione
dell'autonomia differenziata mina le basi della solidarietà tra le
diverse Regioni, l'unità della Repubblica sul territorio. A farne le
spese, saranno le persone in difficoltà; si assisterà ad
un l'ulteriore indebolimento del Sistema sanitario nazionale nel suo
complesso, si accentueranno le disuguaglianze già esistenti,
specialmente nel campo della tutela della salute. Questo perché le
risorse necessarie a sostenerlo derivano dalla disponibilità finanziaria
di ogni Regione e ciò non potrà che incidere sulla qualità del servizio
e i tempi e modalità di erogazione. A causa del ridursi delle risorse
disponibili diminuiranno le possibilità di sopportare il costo del
cosiddetto turismo della salute, le cui dimensioni peraltro cresceranno
per il fatto che le Regioni che dispongono di maggiori risorse vedranno
migliorare in qualità le prestazioni specialistiche fornite a discapito
di quelle regioni che non disporranno delle risorse necessarie a
supportare gli investimenti in strutture e assunzioni del personale non
solo medico, ma paramedico, con una ricaduta complessiva sulla qualità e
quantità dei servizi forniti.
Il sistema delle autonomie, combinato con il principio di sussidiarietà,
non a caso inesistente nella Costituzione italiana fino alla famigerata
riforma del titolo quinto del 2001, dell'art. 118 Cost. voluta dalla
sinistra con un numero risicatissimo di voti, apre spazi ulteriori al
mercato nelle prestazioni sociali ed essenziali che fanno parte
inalienabile dei
diritti della persona e all'intervento dei privati nell'erogazione di
tali servizi, diminuendo e mortificando il ruolo primario ed essenziale
che andrebbe assegnato alle strutture pubbliche. A queste evidenti
storture del sistema si dichiara di voler porre rimedio attraverso
l'introduzione del dei LEP, ovvero di livelli essenziali di prestazione
che dovrebbero tener conto «dell'effettiva definizione dei livelli
essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali» che
vanno «garantiti in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale»
in quanto «non c'è sviluppo senza solidarietà, attenzione agli ultimi,
valorizzazione delle differenze e corresponsabilità nella promozione del
bene comune».
Una riforma fuori dal tempo
L'autonomia differenziata, inizialmente concepita come ipotesi
secessionista nell'ambito della trasformazione dell'Italia in Repubblica
federale, nasce fuori tempo rispetto al 1991, epoca nella quale fu
concepita da Bossi e Miglio.
Allora come oggi il punto di riferimento per le regioni del nord del
paese era costituito dall'area economica che gravita intorno alla
Baviera e che allora faceva da traino nella gestione dell'economia
tedesca in stretta alleanza con il capitalismo renano. Oggi l'egemonia
bavarese sulla politica tedesca è in crisi, come è in crisi la Germania,
e per riprendere fiato costruisce in alcune sue componenti un'alleanza
con la Sassonia luterana, ipotizzando una futura alleanza tra CSU e AfD
(Unione Cristiano-Sociale in Baviera e Allianz fur Deutscheland). È
questa la ragione non ultima che spinge la Lega salviniana a collocarsi
sull'estrema destra dello schieramento politico in Europa e ad
individuare a livello europeo un'interlocuzione con AfD. Di tutto questo
il quadro politico intermedio della Lega, i vari Fontana, Zaia,
Federica, sembrano non rendersi conto e marciano spediti verso il
baratro, lasciando che il leader della loro formazione politica cerchi
di raggranellare consensi e profitti procurando lucrosi appalti alle
imprese che investiranno nella faraonica è improbabile realizzazione del
ponte sullo stretto di Messina, coltivando rapporti con la mafia del
territorio, Più furbescamente il fondatore della Lega sembra avere
intuito questo scenario e dalla Lega e dall'autonomia differenziata ha
preso le distanze.
Che fare
Che fare ora che l'autonomia differenziata è legge dello Stato: a detta
di molti costituzionalisti un referendum abrogativo sarebbe
probabilmente inammissibile. Ma anche se così non fosse, probabilmente
non si voterebbe prima del 2026. Il negoziato per le intese di autonomia
differenziata con singole Regioni può invece partire subito - come già
Zaia chiede, - almeno per le materie e/o funzioni non condizionate alla
preventiva determinazione di livelli essenziali delle prestazioni (LEP)
impossibile da farsi a causa dell'assoluta carenza di risorse.
A questo proposito è il caso di aprire una parentesi: ora che occorrerà
applicare il patto di stabilità che il governo si è impegnato a
rispettare con l'Unione europea occorrerà reperire per il bilancio del
prossimo anno ben 25 miliardi, quindi incide ai quali destinare al
rinnovo della riduzione del cuneo fiscale e 10 miliardi di risparmi sul
bilancio da reperire rivedendo la distribuzione delle risorse. Con
questi chiari di luna e nell'impossibilità di far quadrare i conti
ipotizzare l'individuazione di risorse per l'attuazione dell'autonomia
differenziata è decisamente impossibile.
Tuttavia vi sono nelle materie in principio devolvibili circa 200
funzioni statali su un totale di 500, che non richiedono finanziamenti e
che prescindono dai LEP in quanto non riguardano direttamente livelli di
prestazione. Su questi la trattativa sarà nelle mani dei presidenti di
regione e del governo. Sarà questa la fase di maggiore rischio per la
Repubblica una e indivisibile. Se anche solo una o due regioni
riuscissero a mettere le mani sulla scuola, obiettivo molto ambito dal
ceto politico regionale si potrebbe produrre un effetto domino che
indurrebbe altri governatori a formulare richieste analoghe, a quel
punto difficili da rifiutare.
L'opposizione del PD alla prova
Sarebbe però possibile il ricorso in via principale di una o più regioni
in Corte costituzionale. Occorre ricordare al Consiglio regionale
dell'Emilia Romagna, ancora presieduto da Bonaccini, vicepresidente
Schlein è stata presentata una legge di iniziativa popolare,
sottoscritta da 6000 cittadini che chiedevano che il Consiglio regionale
votasse per il ritiro dell'adesione all'accordo del 2018 sottoscritto
dall'Emilia Romagna, accodandosi alle richieste di Lombardia Veneto,
formulate dopo un referendum falsa autonomamente indetto, a sostegno
dell'iniziativa dei rispettivi Consigli regionali di
chiedere l'apertura della devoluzione su un insieme di materie. Sembra a
riguardo che Bonaccini abbia dato la propria disponibilità. Sarebbe, una
volta tanto, una manifestazione di lealtà politica, di buon senso ed
intelligenza.
D'altra parte in questa direzione spinge la Cgil con l'iniziativa la via
maestra che riguardo ha formulato una richiesta in tal senso a tutti i
presidenti di regione, invitandoli a presentare quesito di legittimità
costituzionale relativo alla legge sull'autonomia differenziata appena
approvata. Questa iniziativa non è isolata e si sviluppa insieme alla
campagna per i quattro quesiti referendari contro la precarietà sul
lavoro, formulati dalla CGIL che dovrebbe portare di fatto
all'abrogazione del job Act o almeno di quelle parti di esso che
incrementano la precarietà e riducono le tutele relative alla difesa del
posto di lavoro e che hanno smantellato il processo del lavoro per come
previsto dallo Statuto dei lavoratori,
cancellando ruolo e funzione della legislazione e della magistratura del
lavoro.
Occorre che l'opposizione si doti nel suo complesso di un insieme di
strumenti in parte legali, in parte istituzionali, ma anche di
mobilitazione nelle piazze e sui luoghi di lavoro, in modo da dettare
l'agenda della politica ed imporre a Parlamento e governo le proprie
soluzioni sulle tematiche che riguardano l'uguaglianza e le tutele, la
sanità e i bisogni sociali, i diritti e il welfare, no che siano di
sostegno alla povertà e all'emarginazione, che combattano la precarietà
del lavoro, il lavoro sottopagato e povero, per conferire ai salari
valori reali e al lavoro la necessaria dignità.
Occorre che la sinistra ritrovi la propria unità di fronte alla messa in
pericolo dei valori fondanti della convivenza e che proprio a questo
fine sciolga in modo chiaro il dilemma relativo alla propria posizione
sulla guerra, facendo chiarezza sul radicale rifiuto del conflitto come
soluzione delle controversie internazionali. A tal proposito non basta
l'opposizione sacrosanta al conflitto arabo - israeliano attraverso il
sostegno di una soluzione che preveda la formazione di due Stati che
accettino di convivere, ma occorre una seria presa di distanza da cause
ed effetti del conflitto in Ucraina, rispetto al quale va presa
coscienza delle ragioni e della natura strumentale di questa guerra, per
addivenire ad un gessato il fuoco e a trattative sul futuro assetto di
quel territorio che non possono scaturire dalla continua alimentazione
della guerra attraverso la fornitura di armi, lasciando che una guerra
per procura abbia luogo, con il massacro del popolo ucraino e del popolo
russo a tutto beneficio degli interessi economici e commerciali delle
potenze extraeuropee.
La crescente povertà dei popoli d'Europa ha bisogno delle risorse ora
bruciate dalla guerra perché vengano utilizzate per finanziare il
maggior benessere delle popolazioni del continente e azione di
solidarietà verso quella parte del mondo più svantaggiata che ha bisogno
di sostegno, di aiuto, di benessere.
G.L.
https://www.ucadi.org/2024/06/30/il-paese-con-il-cappio-al-collo/
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