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(it) Italy, UCADI #186 - G7: sei zombi e una nana (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Thu, 25 Jul 2024 08:37:39 +0300


Nei talk show nei quali si commentano i risultati delle elezioni europee si fa di tutto per nascondere che il vero sconfitto del confronto elettorale in Europa è Vladimir Zelensky e i suoi sodali. Eppure non vi sono dubbi: l'allievo dell'école nationale d'administration (ENA) che vorrebbe fare indossare gli scarponi ai giovani francesi per mandarli a combattere in Ucraina e il sempre attonito e catatonico Cancelliere tedesco, sono stati duramente puniti dall'elettorato.
È pur vero che il risultato finale era già scritto prima del G7. Tutti sapevano che si trattava di un gigantesco sondaggio che avrebbe dovuto coinvolgere sulla carta 373 milioni di cittadini, anche se a partecipare all'evento è stata meno della metà degli aventi diritto. Quindi perfino le indicazioni che possano essere ricavate dal pronunciamento elettorale sono del tutto parziali. Tuttavia. anche se è lecito discettare sulla poca rappresentatività del corpo elettorale, qualche indicazione sul sentire degli elettori emerge comunque e riguarda il profondo rifiuto della guerra, problema che è stato agitato e gestito in modo differente dai partiti in lizza, ma è stato stigmatizzato, con percorsi e con effetti diversi ma convergenti, da parte di molti elettori di destra e di sinistra.
Di tutto questo il ceto politico dei diversi partiti che si sono cimentati nelle elezioni europee sembra non accorgersi e continua a far finta di nulla, avendo già deciso di continuare a finanziare la guerra d'Ucraina e lo sforzo bellico dell'Occidente contro la Russia. Eppure i risultati elettorali dimostrano che sia da destra che da sinistra è venuta la critica all'impegno dell'Europa a favore dell'Ucraina e si rafforza e cresce la consapevolezza che non è parte degli interessi dei popoli europei condurre una guerra per procura contro la Russia.
Anche se la stampa che sostiene lo sforzo bellico continua ad accusare i critici verso l'intervento a favore dell'Ucraina di essere agenti al servizio della Russia, chiunque guardi oggettivamente agli interessi economici e ai bisogni del sistema produttivo europeo ben comprende che la causa profonda del conflitto risiede nel progetto sostenuto dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna di recidere i rifornimenti a basso costo di energia assicurati dalla Russia all'industria tedesca, al fine di recuperare competitività su di essa e di metterla in crisi, con il risultato di danneggiare l'economia dell'intero continente che, come è noto, si basa sull'asse economico franco tedesco.
La narrazione secondo la quale il sostegno all'Ucraina sarebbe giustificato dall'aggressione russa ad un paese democratico è palesemente falsa. Lo Stato ucraino è gestito da un gruppo di oligarchi illiberali che scimmiottano Putin in tutto, ivi compresa la persecuzione verso le minoranze, la mortificazione delle libertà, a partire da quella religiosa, per passare poi alle libertà civili (vedi: Mattanza ucraina).
Consapevole del fatto che gli adempimenti istituzionali necessari al rinnovo delle cariche comunitarie costringeranno l'Unione europea ad un periodo di non operatività, i sei zombi sotto l'occhio benevolo della nana bionda, in occasione del G7 di Puglia hanno deciso di utilizzare i profitti derivanti dai beni russi depositati all'estero e confiscati, destinando i rendimenti di questi al finanziamento accordato al rapace e insaziabile governo ucraino. Si tratta, come è chiaro, di una soluzione di emergenza che costerà tuttavia carissima, perché mina la credibilità del sistema economico internazionale. Da ora in poi i governi dei diversi Stati sono avvisati e ci penseranno bene prima di depositare le loro ricchezze e i loro fondi all'estero, divenuti consapevoli del fatto che questi possono essere requisiti e i loro profitti ridistribuiti, a totale arbitrio dei governi che si sono impegnati a garantire il deposito.

L'esito elettorale

Non è un caso che queste decisioni siano state assunte al G7, prima di conoscere i risultati del voto. Ora, dopo un primo shock immediatamente successivo alla pubblicizzazione dei risultati elettorali, i leader dei diversi paesi d'Europa si sono riuniti a cena dicendosi che non è cambiato niente, e che, per carità, si continua come prima. D'altra parte, stando almeno al dato numerico, la vecchia maggioranza esce dal voto rafforzata, anche se è mutata la distribuzione dei voti tra i partiti della coalizione. In verità il meccanismo di rappresentanza al Parlamento europeo è fatto in modo da garantisce la sua autoconservazione. Le difficoltà cominciano quando si guarda a ciò che succede all'interno dei singoli Stati e sotto questa luce le valutazioni cambiano.


La crisi della Francia è conclamata, tanto che Macron ha sciolto immediatamente il Parlamento e ha deciso di andare ad elezioni anticipate. Il catatonico cancelliere tedesco fa finta di nulla, ma la situazione interna del paese diventa preoccupante, mentre si apre la prospettiva di un'asse fra una parte almeno della CSU bavarese e Alternative fur Deutscheland, che potrebbe costituire in futuro l'asse portante del governo tedesco. Questa aspirazione potrebbe trovare sostegno nel risultato delle prossime elezioni austriache, se anche in questo paese venisse confermata la tendenza ad una affermazione della destra estrema. In questo caso si riprodurrebbe al centro dell'Europa un nucleo politico che in passato produsse l'ascesa al potere del nazismo.
Dalle prime consultazioni condotte intorno alla tavola imbandita dei leader dei diversi paesi chi è rimasto a digiuno è proprio la premier italiana, sia in quanto esponente del gruppo che presiede presso l'Unione europea che come leader del paese Italia. La sua aspirazione ad ottenere un incarico di peso nella futura Commissione sembra destinata a fallire, essendo contabilmente inessenziali i voti della sua formazione all'elezione alle cariche apicali. Dell'Unione. Si dimentica, da parte italiana, che l'ottenimento di cariche importanti è frutto di un combinato disposto della collocazione politica del candidato a ricoprire l'incarico, posto in relazione con il paese di appartenenza. Si dà il caso che l'Italia, pur essendo uno dei paesi fondatori, e una delle economie importanti d'Europa, ha una rappresentanza politica considerata inaccettabile dagli altri partner. Certamente le notizie di stampa rese note dalle inchieste sul partito della Premier e sulle abitudini dei suoi militanti non hanno rafforzato la presentabilità della sua aggregazione politica, ne è pensabile che, viste alla luce dei necessari bilanciamenti tra il ruolo del Parlamento e quello degli Stati, anche un eventuale successo della Le Pen in Francia possa produrre un aumento di peso politico della leader italiana.
Questo tanto più che tutti i governi d'Europa dovranno fare i conti con i costi crescenti della guerra in Ucraina, che, assorbendo le risorse economiche di tutti, rende sempre più problematico non solo l'attuazione di una politica green, sia pure attenuata e diluita nel tempo, ma anche la capacità dell'Unione di affrontare i problemi posti dall'innovazione tecnologica, dalla crisi climatica e soprattutto dalla crisi dei sistemi del welfare, crescente in tutta l'Unione, che produce disequilibri di bilancio, tanto che alla luce del nuovo patto di stabilità sono già state notificate le procedure di infrazione e le richieste di rientro dal deficit eccessivo.
Se si tiene conto che al perdurare dell'impegno verso l'Ucraina dovrebbe accompagnarsi un aumento complessivo delle spese militari, per mettere in atto il riarmo dei paesi europei, ben sì comprende che mancano le risorse per dare corso a queste politiche, sulle quali peraltro grava come uno spettro il risultato possibile e tragico delle elezioni negli Stati Uniti.
Privo della necessarie risorse economiche il bilancio dell'Unione europea non ha modo di affrontare i tanti problemi posti dal progettato allargamento dell'Unione che comporterà una necessaria rimodulazione del bilancio e nuove priorità a tutto danno delle popolazioni dei paesi che attualmente ne fanno parte mentre non potranno che complicarsi le relazioni interstatali a causa dell'aumento della componente ortodossa della popolazione dovuta ai nuovi ingressi, e della crescita della popolazione di religione e cultura islamica, a causa dell'irrisolvibile problema migratorio. Questi problemi per essere affrontati necessiterebbero di risorse economiche che sono assorbite dalla guerra e dal riarmo e da una crisi economica generale dovuta al rallentamento dei commerci e dei processi d'internazionalizzazione che caratterizzano questa fase di contrazione della globalizzazione

La Redazione

https://www.ucadi.org/2024/06/30/g7-sei-zombi-e-una-nana/
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