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(it) Italy, FDCA, Cantier #27: Il caso Stellantis paradigma di come la guerra commerciale e competitiva del sistema economico capitalistico è logica di guerra - Cristiano Valente (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Sun, 21 Jul 2024 07:17:31 +0300


Il caos del sistema economico capitalistico, unicamente mirante a quote maggiori di profitto, continua la sua inesorabile traiettoria. Centralizzazione e concentrazione di capitali, riduzione dei salari, finanziamenti delle compagini governative nazionali e sovranazionali a sostegno degli oligopoli industriali, dazi doganali in un risiko non più figurato, ma che ogni giorno si sta trasformando in una atroce realtà; dall'Ucraina al Medio Oriente, alle martoriate terre africane.
Nel nostro numero del gennaio 2021 a proposito della fusione tra FCA e PSA scrivevamo:"La fusione tra Fca e Psa,... rappresenta una importante ed esemplare caratteristica del modo di produzione economico capitalista, particolarmente significativo nell'attuale fase economica: la centralizzazione di capitali. La centralizzazione è infatti l'ingrandimento del capitale investito mediante acquisizione o fusione di capitali ...
La centralizzazione consente di adeguarsi alla dimensione e alle economie di scala rese necessarie dalla fase della concorrenza capitalistica.
Lo scontro concorrenziale, endemico del modo di produzione capitalistico, vieppiù accelerato dalla crisi economica, cerca attraverso la riduzione dei costi di produzione, che a loro volta richiedono economie di scala sempre più ampie, parte di recupero dei profitti calanti e una posizione dominante monopolistica nel mercato. Da questo la necessità di capitali di dimensioni sempre maggiori...
La fusione tra Fca e Psa crea un gruppo da più di 8 milioni di autovetture, raggiungendo la massa critica per realizzare quelle economie di scala che permettano di contrastare la concorrenza, abbattendo i costi di produzione e quindi aumentando massa e saggio di profitto. Il nuovo gruppo, Stellantis, si situa infatti al quarto posto al mondo per capacità produttive, dopo Wolksvagen Group con 10,97 milioni di veicoli, seguita da Toyota con 10,74 milioni, Renault, e la Nissan con 10,06 milioni e prima di General Motors con 7,72milioni di veicoli, della Hyundai con 7,20 milioni, Ford con 5,39 milioni e Honda con 5,17 milioni di auto prodotte. Inoltre quello che conta nella industria automobilistica odierna è la capacità di abbattere il costo degli investimenti per la transizione tecnologica e energetica. ...
In pratica la fusione permette, nello stesso tempo, a Fca di superare la sua arretratezza tecnologica "verde", dovuta agli scarsi investimenti, e a Psa di internazionalizzarsi, rendendo il nuovo gruppo veramente mondiale.
Per queste ragioni la fusione ha rappresentato una necessità per entrambi i gruppi, in un momento così difficile di transizione per l'industria di massa e in particolare per il settore auto. Il nuovo gruppo Stellantis, che manterrà tutti i precedenti marchi delle rispettive case automobilistiche, si presenta quindi come un gruppo multinazionale di 400mila lavoratori di cui 86mila in Italia con realtà produttive in tutto il mondo: in Francia, Italia, Germania, Polonia, Serbia, Usa, Canada, Messico, Brasile, Argentina, Turchia, India e Cina. Alla testa del gruppo ci sarà Carlo Tavares, già amministratore delegato di Psa mentre John Elkann di Fca sarà presidente in un consiglio di amministrazione di 11 componenti. Ancora una volta le sorti dei lavoratori sono legate all'ennesimo piano industriale che Stellantis dovrebbe presentare entro l'estate." (1)
Inutile dire che questo fantomatico piano industriale si è perso, come tutti i piani industriali precedenti, nelle stanze delle ripetute ed inconcludenti trattative ministeriali e con i diversi e susseguenti incontri con le dirigenze nazionali sindacali. Nella realtà degli accadimenti Stellantis dal 2021 ad oggi ha incentivato prepensionamenti e ridotto la produzione in quasi tutti gli impianti industriali nazionali, e negli ultimi incontri con il Ministro Urso a capo del Mimit (ex Ministero dello Sviluppo Economico, oggi denominato Ministero delle Imprese e del Made in Italy) e le stesse dirigenze sindacali a Torino il 28 maggio scorso, non ha ancora chiarito con precisione i suoi piani. Ciò che appare sicuro, infatti, è che Stellantis intende assemblare a Torino Mirafiori Fiat 500 ibride, non solo elettriche, mentre per la fabbrica di Melfi è prevista una Jeep anch'essa ibrida; "ma queste indicazioni non basteranno affatto a saturare gli impianti" è l'amara constatazione dei dirigenti sindacali a seguito dell'incontro.
Infatti mentre nello stabilimento campano a Pomigliano, non è previsto alcun modello elettrico ma esclusivamente la continuazione della produzione della Panda fino al 2029, a Cassino dove pare sia previsto un nuovo modello elettrico, anche se non ancora meglio specificato, verrebbero assegnati modelli di lusso, la cui domanda potrebbe non essere così elevata da giustificare la tenuta occupazionale. Non casualmente, a seguito delle previste risorse governative definite per gli incentivi auto, che partiranno proprio nei primi giorni di giugno e che ammontano a un miliardo di euro, Stellantis aggiungerà offerte specifiche, con l'iniziativa "Diamo valore al Made in Italy", proprio per i brand Fiat e Jeep. Ma ancor più concretamente il Ceo Tavares ha altresì comunicato che da settembre Stellantis opererà da distributore in nove paesi europei, inclusa l'Italia, del brand Leapmotor, (la formula è quella di una joint venture 51-49) casa automobilistica cinese, fondata nel dicembre 2015 con sede a Hangzhou, specializzata nella costruzione di auto elettriche a basso costo. L'azienda franco italiana metterà a disposizione di Leapmotor la sua rete di centri di assistenza e di concessionari, che entro il 2027 dovrebbero esporre sei modelli con il marchio cinese. Lo scorso ottobre Stellantis è diventata azionista di Leapmotor, rilevandone il 20% con un investimento di 1,5 miliardi di euro. Come si evince la competizione, in particolare nel nuovo mercato dell'auto elettrica, sarà agguerrita e determinerà ulteriori sconvolgimenti nelle filiere produttive nazionali ed internazionali. A fronte di questa guerra, per ora commerciale, sia gli USA che la stessa UE, pensano di rispondere con la vecchia e nota strategia dei dazi doganali. Gli Stati Uniti hanno già definito e presentato il 14 maggio nuovi pesantissimi dazi su una serie di beni di importazione cinesi tra cui i veicoli elettrici. La Commissione europea ha avviato lo scorso ottobre un'indagine sugli aiuti di Stato che rendono più competitive le auto prodotte in Cina, il che in teoria dovrebbe portare a un rialzo dei dazi europei, fermi per ora al 10%. Chiaramente la Cina ha prontamente risposto con altrettanta moneta rivedendo ed alzando anch'essa i dazi sui prodotti importati dall'Europa e dagli stessi USA, portandoli al 15% e prevedendo di arrivare fino al 25% in linea con le regole della Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio. Di questa vera e propria guerra commerciale a risentirne di più nel mercato cinese, per ora, sono soprattutto i marchi di lusso europei come Porche, BMV e Mercedes Benz Group, sulle vetture alimentate a benzina che hanno subito per ora aumenti fino al 25%. Infatti nelle ultime settimane si sono moltiplicate le prese di posizione dell'industria dell'auto soprattutto tedesca e di esponenti politici, a cominciare dal cancelliere Olaf Scholz, che indicano la necessità di non perseguire una risposta commerciale colpo su colpo verso Pechino. L'industria tedesca dell'auto basa un terzo circa del suo business sul mercato cinese. Diversamente la Francia che in questo momento non ha grossi numeri nel mercato cinese è dichiaratamente a favore di una stretta. Invece altri paesi interessati agli investimenti cinesi nel proprio territorio temono ritorsioni commerciali da parte di Pechino. Esemplare il caso ungherese. Qui il leader mondiali delle batterie per auto, la cinese Contemporary Amperex Technology Co. Limited, nota con l'acronimo CATL, prima produttrice al mondo di batterie per veicoli elettrici (EV) fornitrice di Tesla, oltre che di Volkswagen e BMW e la casa automobilistica, sempre cinese, BYD (Build Your Dreams) leader nella produzione di veicoli elettrici ed ibridi, la prima azienda al mondo a produrre su grande scala un veicolo ibrido plug-in, già nel 2008, stanno realizzando importanti impianti di produzione. Per CATL si tratta di un investimento da oltre 7 miliardi di euro, per la più grande gigafactory europea (100 GWh). Ci sono anche EVE Power - sempre batterie, principalmente per Bmw, e investimenti per un miliardo - e la casa automobilistica Nio, attiva dal 2014 con sede a Shanghai, specializzata nella progettazione e sviluppo di veicoli elettrici, che in Ungheria produce in particolare stazioni di scambio batterie. Come si vede gli interessi di alcune nazioni europee collimano con l'interesse e la necessità delle industrie automobilistiche cinesi di produrre direttamente in Europa, proprio per aggirare gli eventuali dazi, nonostante la narrazione fintamente sovranista dei partiti governativi, e buona per i comizi elettorali e per le chiacchiere nei talk show, ma totalmente contraddittori dei processi economici reali, i quali vedono, sollecitare l'ingresso di multinazionali straniere nei loro territori, a partire dalla stessa Ungheria di Victor Orban o come lo stesso Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che sponsorizza l'ingresso della multinazionale Ucraina del settore minerario e siderurgico Metinvest per una eventuale soluzione dell'acciaieria di Piombino e della stessa ex Ilva di Taranto oggi Acciaierie d'Italia, mandando inoltre solo pochi giorni fa, una delegazione ufficiale in Cina per verificare la possibilità di lanciare una filiera di produzione in Italia da parte di una tra le decine e decine di case cinesi come un secondo produttore, oltre a Stellantis. Le trattative si sono aperte con Dongfeng Motor Corporation, azienda cinese produttrice di automobili con sede a Wuhan, una tra le prime 4 produttrici di automobili, nell'ipotesi di far si che la produzione di auto e veicoli commerciali in Italia arrivi al massimo della capacità installata di circa 1,5 milioni di mezzi all'anno. Dongfeng, fra l'altro, la cui strada si era già intrecciata con quella di Stellantis, avendo il gruppo statale cinese nel 2014 acquistato il 14% del pacchetto azionario di PSA, ceduto dalla famiglia Peugeot, e che oggi mantiene una partecipazione dell'1,5% nella multinazionale nata dalla fusione tra la casa francese e Fiat Chrysler, ha richiesto al governo italiano "di avere ampia disponibilità dei porti di Brindisi e Taranto (quest'ultimo è uno storico obiettivo cinese), anche per importare batterie made in China per gli impianti italiani", (2) porti dove, con ogni probabilità, arriveranno le vetture a marchio Leapmotor, commercializzate da Stellantis. La competizione economica a livello mondiale, su un solo seppur importante e significativo segmento come quello dell'automotive, è aspra e dura e smuove interessi ed appetiti di intere nazioni. Si pensi solo gli interessi che possano smuovere e che intrecciano le strategie economiche energetiche che sono state fra le principali motivazioni delle guerre guerreggiate nel Medio Oriente ed oggi in Ucraina, coincisa non casualmente con il sabotaggio e l'esplosione del gasdotto Nord Stream, principale via di approvvigionamento di gas naturale dalla Russia verso la Germania ed il resto d'Europa, Italia compresa. Poiché ad ogni fase economica corrisponde una sua fase politica e culturale , anche questa lotta fra nazioni, lo scontro imperialistico, la guerra guerreggiata, come intrinseca conseguenza di lotte economiche e commerciali, ha generato ed ha avuto necessità di giustificazione ideologica attraverso la teoria del "darwinismo sociale", come una sorta di legittimazione naturale dei fenomeni sociali e politici con quelli vitali ed animali. Il Darwinismo sociale, teoria nata alla fine del secolo decimo nono in un'Europa ormai alla vigilia della catastrofe della prima grande guerra, mutuata dalla teoria dell'evoluzione "survival of the fittest" (la sopravvivenza del più forte) di Darwin, ma trasportata nella società umana, vede nelle ineguaglianze sociali e nelle guerre di conquista nient'altro che l'applicazione alla specie umana del principio della selezione naturale e sul piano politico servì a giustificare il colonialismo, l'eugenetica, il fascismo e soprattutto il nazismo, non casualmente tutt'oggi, rappresenta il substrato ideologico del capitalismo. Infatti senza alcuna ritrosia, non dovendo accattivarsi alcuna platea elettorale lo stesso Tavares, nello spiegare le ragioni intrinseche di queste manovre economiche e finanziarie, della multinazionale di cui é a capo, afferma: "Non stiamo discutendo di un periodo darwiniano, lo stiamo vivendo. La battaglia sui prezzi con le rivali asiatiche sarà molto dura", aggiungendo che "quando si lotta per assorbire un 30% di vantaggio competitivo sui costi a favore dei cinesi, ci possono essere conseguenze sociali. Ma i governi europei, non vogliono affrontare questa realtà".(3) A fronte di queste lapidarie argomentazioni di uno fra i massimi rappresentanti dell'agglomerato produttivo e finanziario mondiale e della immensa ragnatela di interessi economici e finanziari che caratterizzano l'economia capitalistica ci pare che niente possa giustificare il convincimento di trovarsi in una nuova e variata fase del modo di produzione capitalistico. Né quella che viene indicata come una nuova "supplychain" cioè una nuova catena di approvvigionamento, effettivamente parzialmente modificata successivamente alla pandemia, né quella che viene indicata come "reshoring" ovvero il fenomeno di rientro a casa delle diverse fasi della produzione, fenomeni questi certamente presenti ed attivi nello scenario economico mondiale, ma che non indicano affatto particolari nuove strategie economiche o nuovi paradigmi del sistema economico, ma unicamente strategie transitorie, parziali e contingenti, al fine di una maggiore accumulazione del capitale. Ciò che necessariamente rimane fondamentale per il capitalismo sono sempre ed unicamente i costi della manodopera, i salari della classe lavoratrice, la produzione massima di plusvalore dal lavoro umano, come ci ricorda con estrema franchezza e sfrontatezza il Ceo di Stellantis, Tavares. Per i militanti della lotta di classe non vi è altro che riannodare cocciutamente le fila di una battaglia economica, nazionale ed internazionale per migliori ed egualitarie condizioni salariali, attraverso una nuova e reale unità dei lavoratori. Lotta economica per migliori condizioni di lavoro e di vita per le donne e le nuove generazioni; quindi lotta politica per il superamento del sistema economico capitalista, per una società basata sulla radicale riorganizzazione sociale basata sulla comunione dei beni, sul godimento in comune dei frutti del comune lavoro da parte dei produttori, senza che alcuno possa appropriarsi del capitale sociale per suo esclusivo interesse. Una società in cui il macchinismo e la tecnologia non abbiano lo scopo di ridurre il numero dei lavoratori necessari per fabbricare lo stesso numero di merci, oppure per produrre più merci con lo stesso numero di ore di lavoro e di lavoratori, ma al servizio della società umana tutta e non strumento per una maggiore produttività del capitale investito. Una società, quindi con orari di lavoro ridotti e funzionali esclusivamente al soddisfacimento delle comunità e per la liberazione ed il superamento dei lavori più gravosi e pesanti e non per maggiore sfruttamento del lavoro umano; in sostanza per il raggiungimento del progetto comunista libertario attraverso l'autogoverno e l'autogestione dei produttori.

Note
(1)https://www.comunismolibertario.it il CANTIERE gennaio 2021 - Gruppo Stellantis
(2)https://www.corriere.it Economia imprese Corriere della Sera - 14 maggio 2024
(3)https://www.ilsole24ore.com/art/auto-e-dazi-cina-avvisa-borsa-pa

ilcantiere@autistici.org
https://alternativalibertaria.fdca.it
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