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(it) Mexico, FAM-IFA - Regeneración #10: La controversia tra Albert Camus e Jean Paul Sartre: uno sguardo emancipatorio alla luce de L'uomo ribelle - Alfredo Velarde (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Mon, 20 Mar 2023 09:32:37 +0200
[La libertà, "quel nome terribile scritto sul carro delle tempeste", è all'inizio
di tutte le rivoluzioni. Senza di essa, la giustizia sembra inimmaginabile per i
ribelli... Albert Camus]---- Per recuperare sette decenni dopo il frenetico
dibattito e le polemiche che hanno antagonizzato la lunga, produttiva e
accattivante amicizia tra due giganti della letteratura universale e del pensiero
filosofico francese del XX secolo, così come lo furono Jean Paul Sartre e Albert
Camus, avvenuta nel 1951 a seguito della pubblicazione del prodigioso saggio
filosofico, politico e letterario di Camus, The Rebel Man, non potrebbe essere
oggi un esercizio ozioso per tutto ciò che ha reso visibile. È, al contrario,
un'opportunità imbattibile per delimitare i campi filosofico-politici che hanno
finito per collocare ciascuno di questi personaggi che hanno condiviso lo stesso
tempo storico, in posizioni politiche diverse e radicalmente opposte tra loro,
durante il culmine della Guerra Fredda espresso ovunque, attraverso l'antagonismo
geopolitico globale bipolare rappresentato dall'imperialismo guerrafondaio
unilaterale degli Stati Uniti e dell'ex Unione Sovietica falsamente considerato
da molti come "socialista". Quest'ultimo, alla fine sprofondato da un cancro
terminale che finì per minare l'ideale socialista emancipatore, palesemente
prostituito dal cosiddetto "socialismo reale" e divenuto uno pseudo-socialismo
veramente inesistente dopo la sua fatale metamorfosi statalista autoritaria e
creativa, tra le tante altri deturpamenti. , dei minacciosi gulag durante la
brutale dittatura stalinista o campi di lavoro forzato per dissidenti, e che
Camus paragonava, ai campi di concentramento nazisti sterminatori della seconda
guerra mondiale, come Auschwitz, mentre Sartre negava i gulag o offriva insensati
sotterfugi giustificativi di loro, al punto da comprometterne il prestigio fino
in fondo intaccato, per quanto riguarda detto argomento, tra l'altro, un aspetto
essenziale della polemica Camus vs. Sartre.
Non ci sono dubbi sul fatto che L'uomo ribelle abbia fatto impazzire Sartre al
punto da porre fine alla tenera amicizia che i due scrittori condividevano, fino
al momento in cui, per quel già classico saggio sulle questioni sociali della
scienza, si è trasformato in un aspro dibattito che popolava le pagine della
mitica rivista Les Temps Modernes e che fu memorabile tra il suo autore e le
critiche insostenibili del suo ex amico esistenzialista. Molti, inoltre, si sono
stupiti che Sartre abbia risparmiato con la sua scocciatura le illuminanti
realizzazioni del saggio ancillare camusiano, dove si stabilisce con grande
chiarezza un filo conduttore luminoso che, in poco meno di trecento pagine,
espone come, attraverso alcune delle principali personalità nella storia del
pensiero critico, come il marchese de Sade, Marx o Nietzsche, intraprende
un'indagine sostanziale segnata dal suo richiamo analitico che si è rivelato
portatore di ricchi riscontri per la più solvibile caratterizzazione dei
contraddittori tempi moderni subiti; soprattutto, nell'intervallo storico che
mediava tra la Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione russa del 1917;
cioè tra la fine del Settecento e le prime fasi del Novecento. Qualcosa di
particolarmente rilevante della sua vasta ricerca è che Camus, basandosi su
autori come quelli qui indicati, e altri, propone e promuove una profonda
introspezione dell'anarchismo umanista con cui si identificava per abbracciarlo
come proprio pensiero, ma anche nichilismo, terrorismo e surrealismo.
È chiaro allora che il pertinente sfondo della sua importantissima indagine
filosofico-politica e letterario-culturale in cui postula che l'uomo ribelle è
colui che, chiarito da un chiaro lampo di illuminazione che lo fa prendere
coscienza di sé, avverte la sua condizione di subordinato alla rivolta contro il
costituito, osando gridare un emancipatorio "non clamoroso!" a ogni
manifestazione sussuntiva degli inammissibili poteri eteronomi di ogni genere e
che costringono l'essere umano esistente desideroso di divenire soggetto
attivo-pratico della propria liberazione individuale e collettiva. E tale
certezza si connette con la ragione essenziale che pone il suo sguardo
introspettivo sulla ribellione umana per coglierne la stessa eziologia
originaria, nonché le sue forme fenomeniche di manifestazione. Qual è, allora, lo
scopo ultimo di The Rebel Man?
Indubbiamente, la comprensione transtorica delle ragioni che la specie umana ha
dovuto ergersi legittimamente contro la nozione stessa di Dio o qualsiasi altra
manifestazione di potere e autorità tirannicamente estranea a se stessa e alle
sue collettività umane assetate di piena libertà, uguaglianza e giustizia che il
il modo di produrre capitalista sfruttatore e il suo stato di classe autoritario
soffocano completamente, alienando completamente l'essere umano esistente.
In Camus, l'esercizio intuitivo dell'uomo ribelle per rifiutare l'idea di Dio e
dello Stato, non poteva non connotare una posizione elettiva optata per una
storia in movimento e sorretta dalla sua inevitabile logica. Per questo, se la
rivoluzione supponesse un significato simile a quello che riveste in astronomia,
sarebbe un movimento che, alla maniera di un ricciolo, descrive una
circonvallazione che determinerebbe, con la sua traslazione, il passaggio di una
forma di governo ad un altro. Ma Camus riconosce anche che un cambio di governo
che si limitasse solo a questo senza la trasformazione fondamentale del regime
patrimoniale, non sarebbe una rivoluzione, ma solo una riforma di portata
diffusa. Se dunque la rivoluzione o la sua idea trasformata in pratica
attivo-critica, rappresenta il tentativo di modellare una forma diversamente
radicale al mondo delle subalternità che ci è stato imposto, in realtà non può
che esserci un solo tipo di rivoluzione veramente sincera: la rivoluzione totale
e definitiva. Ed è lì che il suo pensiero politico trasparente si collega
all'anarchismo, poiché comprende che gli anarchici, con Varlet alla testa, hanno
avvertito che governo e rivoluzione, come parole e pratiche specifiche, sono, di
fatto, incompatibili tra loro. O, come ha sottolineato Proudhon quando ha
sostenuto che questo: "implica la contraddizione che un governo non può mai
essere rivoluzionario per il semplice motivo che è il governo". Solo sapendo
questo, possiamo immaginare il capriccio sartreano -più tragico che comico-
davanti a The Rebel Man, impegnato nella difesa incoerente del Leviatano rosso in
Russia, e smarcato in un brutto momento dalla preoccupazione di Camus a favore di
un mondo in che ci permetta di essere tutti uguali, umanamente diversi e
totalmente liberi senza alcuna restrizione. Vale la pena leggerlo!
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