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(it) Sicilia Libertaria: Il riscatto mancato. Viaggio nelle Questioni del Sud e della Sicilia - 7 - LA SCONFITTA DEI FASCI E LE SUE CAUSE (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]

Date Sat, 11 Mar 2023 09:38:16 +0200


Nell'autunno del 1893 la lotta dei fasci esplode in tutta l'Isola, soprattutto nell'ambito contadino; il governo Giolitti resiste alle sollecitazioni del blocco agrario reazionario di metterli fuori legge; le rivendicazioni dei contadini sono considerate giuste anche da settori del mondo liberale. ---- Il 5 ottobre a Casteltermini è sciopero contadino, con arresto di dirigenti e carica dei militari alle donne. Il 10 ottobre a Siracusa la folla devasta il municipio contro le tasse. Il 22 ottobre a Cattolica Eraclea arrestati i dirigenti dei contadini in sciopero; il 25 ottobre a Caltabellotta è arrestato il presidente del fascio con 8 soci, ma subito dopo viene raggiunto l'accordo con i padroni. Arresti anche ad Acquaviva Platani e a Milocca il 27, qui con assalto alla caserma e disarmo dei carabinieri. Il 28 viene raggiunto l'accordo a Partanna; il 29 arresti a Paceco; il 2 novembre a Valledolmo occupate le terre, mentre il 5 a Bisaquino e il 6 a Contessa Entellina lo sciopero vince e i contadini prendono possesso delle terre. Ma a Giardinello il 10 dicembre durante la protesta contro le tasse comunali i soldati sparano sulla folla provocando 11 morti; assaltato il municipio, due morti. Scontri e arresti avvengono in decine e decine di località in seguito alla strage. Il 20 dicembre a Lercara i soldati sparano ancora sui dimostranti: 11 morti, decine e decine di feriti.

In questa fase di massimo sforzo, che vede in sciopero oltre 50.000 coloni e centinaia di manifestazioni, occupazioni delle terre e dei municipi e una dura reazione dell'esercito, il blocco agrario del sud, unito a quello agrario-industriale del Nord riesce, il 15 dicembre, a far cadere Giolitti e a mettere al suo posto il siciliano Francesco Crispi, figura che, conoscendo la realtà isolana, avrebbe potuto gestire l'infuocata situazione. Invano il 25 dicembre questi inviterà i sindaci ad abolire o abbassare le tasse comunali. L'1 gennaio a Mazara è devastato il municipio ma a Pietraperzia la truppa fa 8 morti; il 2 a Gibellina i morti sono 20 e a Belmonte Mezzagno sono 2; il 3 a Marineo i morti sono 18; lo stesso giorno il generale Morra di Lavriano, inviato in Sicilia con pieni poteri, dichiara lo stato d'assedio nell'isola, lo scioglimento dei fasci e l'arresto dei loro dirigenti. Ancora il 5 a S. Caterina Villarmosa si registrano 14 morti e numerosi feriti ed arresti. (1)

Questa esplosione di ribellione e lo stato d'assedio spiazzano i piani insurrezionali che si andavano facendo, soprattutto nel catanese e trapanese, grazie anche al lavoro in tal senso sviluppato da anarchici esiliati e rientrati clandestinamente in Italia (Malatesta, Merlino, Cipriani). Col generale Morra arrivano in Sicilia altre migliaia di soldati che portano la cifra delle truppe a circa 40.00: una vera forza di occupazione coloniale.

Tuttavia, come farà notare il Renda, "Prima che dai soldati del generale Morra i Fasci dei lavoratori furono soffocati nella loro profonda ragion d'essere dai deliberati, anche se non formali, dei congressi di Zurigo e di Reggio Emilia. Pure se Crispi non avesse proclamato lo stato d'assedio, difficilmente il movimento siciliano avrebbe superato la crisi. A meno che il movimento stesso, il che era assi improbabile, non avesse avuto un ruolo egemone nello sviluppo del socialismo italiano". (2)

Il Partito Socialista aveva sconfessato i fasci in nome dell'ortodossia marxista che vedeva solo nei braccianti gli unici proletari degni di essere organizzati, escludendo i contadini, che in Sicilia, in realtà, si erano fatti protagonisti della storia, tentando di lottare contro uno Stato nemico al servizio delle caste e dei privilegiati, e cominciando a conquistare terreno ai proprietari terrieri. La cecità socialista manifestatasi nell'applicazione di una stessa analisi a realtà completamente differenti, avrà nefaste conseguenze sullo sviluppo della lotta di classe e dei movimenti rivoluzionari e di emancipazione in Sicilia, in Italia e a livello internazionale. Questo dogmatismo porterà alla cancellazione della storia dei fasci siciliani. Lo stesso Renda, pur inquadrando correttamente le relazioni tra fasci e Partito socialista, si lascerà sfuggire, da buon marxista, che i contadini siciliani si erano posti sotto le bandiere del marxismo e sotto la guida del proletariato industriale (3). In realtà l'altro grande elemento di rottura tra partito socialista e fasci era dato sicuramente dal fatto che molti si erano posti fuori dalla sua influenza, specie quando la ribellione dilagava nell'isola e veniva pianificato un progetto insurrezionale. (4)

In circa 70 città e paesi siciliani vennero arrestati oltre 3.500 dirigenti ed associati con l'accusa di cospirazione contro i poteri dello Stato ed eccitamento alla guerra civile, alla strage ed al saccheggio. Molti tra i militanti più attivi, specie gli anarchici, erano stati arrestati o resi innocui dalla repressione sin dai mesi precedenti. Gli effetti della sterzata reazionaria avranno ripercussioni in Italia ancora per diversi anni, definendo con la loro essenza repressiva e totalitaria e con le cannonate milanesi di Bava Beccaris, la fine del secolo.

Dall'autunno dell'83 si erano andati costituendo nel continente una ottantina di fasci, prevalentemente di area anarchica, repubblicana o socialista rivoluzionaria, esterni all'influenza del PSLI; essi avrebbero dovuto coadiuvare ed imitare il movimento siciliano e dare vita a moti di solidarietà verso uno sciopero generale nazionale che avrebbe fatto divampare la rivolta siciliana in tutto il Pese gettando le premesse per la rivoluzione. Allo scoppio dello stato d'assedio in Sicilia infatti numerose proteste furono messe in atto nell'Italia continentale, in Calabria, Puglia ed in particolare nella Lunigiana (la zona attorno a Carrara), dove tra il 12 e il 14 gennaio si sviluppò l'unico tentativo insurrezionale nella speranza che l'esempio della Sicilia avrebbe indotto le plebi d'Italia ad insorgere in nome della rivoluzione. Lo spirito anarchico e repubblicano di queste popolazioni si espresse con generosità anche se con ingenuità, anche qui sconfessato dai socialisti. In un manifesto fatto circolare nella prima decade di gennaio, e stampato a Londra, si poteva leggere: "I nostri fratelli siciliani hanno resistito e combattuto - e resistono e combattono con l'eroismo delle grandi epoche storiche. Ma questa lotta, che sarebbe ineguale se noi ne rimanessimo spettatori indifferenti, si terminerebbe in tal caso per colpa nostra col sacrificio di intere popolazioni. Al contrario se noi sapremo compiere il nostro dovere, essa si terminerà con la vittoria completa dei lavoratori".(5)

Dopo sei mesi di dura repressione, la protesta si riaffaccerà nelle piazze siciliane a sostegno dei detenuti e dei dirigenti sotto processo; i socialisti manterranno la loro distanza dai fasci, con l'eccezione di uno scritto di Turati di condanna degli arresti e delle violenze; il disastro della campagna eritrea decreterà la fine del governo Crispi e l'avvento del governo del marchese di Rudinì che il 7 luglio 1896 sarà chiaro: non avrebbe permesso la costituzione, in Italia, e specie in Sicilia, di associazioni aventi lo scopo di provocare la lotta di classe. Così ai contadini e agli operai sconfitti e disillusi non rimarrà che la carta dell'emigrazione nelle Americhe, dove riporre i loro sogni di riscatto e le speranze, per la maggior parte vanificate, di un futuro ritorno nella loro terra.

Ma, come ricorda Renda: "Nelle condizioni specifiche della Sicilia e del Mezzogiorno, i Fasci dei lavoratori ebbero anche una connotazione meridionalistica e sicilianistica, tant'è che fu allora che vennero coniate le espressioni ‘questione siciliana', ‘questione meridionale'". (6).

Pippo Gurrieri
7 - continua
Francesco Renda, I fasci siciliani, 1892-94, Einaudi, Torino 1977, pag. 350-357.
Renda, cit., p. 334.
Renda, cit., p. 332
Musarra, Le correnti..., cit.
Gino Vatteroni, "Abbasso i dazi, viva la Sicilia". Storia dell'insurrezione carrarese del 1894, edito a cura dell'autore, Carrara 1993; il documento si trova a pag. 103.
Renda, cit., pag. 331.

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