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(it) Italy, UCADI #167: CE N'EST QU'UN DEBUT CONTINUONS LE COMBAT (ca, de, en, pt, tr)[traduzione automatica]
Date
Sat, 11 Mar 2023 09:37:59 +0200
Lo sciopero generale in Francia del 19 gennaio ha portato in piazza almeno 2
milioni di manifestanti appartenenti a tutte le categorie; a sostenerlo sia La
République En Marche che il Front National che si oppongono al progetto di Macron
di portare da 62 a 64 i limiti dell'età pensionabile. L'età minima necessaria per
accedere al trattamento previdenziale, (l'âge légal) dovrebbe salire tre mesi
ogni anno, per tutti coloro nati dopo il '68, in modo da raggiungere i 63 anni e
tre mesi nel 2027, alla fine del quinquennato di Macron e raggiungere l'obiettivo
finale nel 2030, quando il sistema previdenziale dovrebbe poter tornare
sostenibile. Inoltre dovrebbero essere fortemente ridimensionati i regimi
speciali che caratterizzano i diversi trattamenti pensionistici delle categorie. [1]
Per la prima volta in 12 anni, le organizzazioni dei lavoratori si ritrovano
unite nel contestare le scelte del governo, mentre un sondaggio Ifop-Fiducial
rileva che il 68% dei francesi è contrario all'aumento dell'età pensionabile.
Alla luce dei risultati elettorali il partito del Presidente non ha da solo i
voti necessari a far approvare la riforma la riforma ed avrebbe quindi bisogno
del sostegno almeno dei Républicains, che sarebbero disposti a votare il
provvedimento voluto da Macron a due condizioni: l'aumento generalizzato del
trattamento minimo attuale e una più lenta progressione dell'età pensionabile, in
modo da raggiungere i 64 anni nel 2032 e non nel 2030. Con il sostegno dei
neogaullisti, il governo potrebbe evitare il ricorso all'articolo 49-3 della
Costituzione, che permette di varare alcune leggi (esplicitamente: la
finanziaria, e gli interventi sulla previdenza sociale) senza l'approvazione
parlamentare e salvo voto di censura.
Il 23 gennaio il Governo ha presentato il suo progetto ufficialmente e si è
quindi appreso che la riforma, in ogni caso, non si limita all'aumento dell'età
pensionabile, per le quali sono previste eccezioni (58 anni per chi ha iniziato a
lavorare prima dei 16 anni, 62 per le altre "carriere lunghe". Il progetto
prevede un allungamento dei contributi per ottenere la pensione "piena" a 43
anni, livello da raggiungere nel 2027 e non più nel 2035 come prevedeva la
riforma voluta da Marisol Touraine, la ministra socialista nel 2014. La maggior
parte dei regimi speciali, che hanno reso molto complesso il sistema
previdenziale francese saranno tuttavia aboliti. Le pensioni minime saranno
inoltre portate a 1.200 euro netti per tutti i pensionati e non soltanto per i
nuovi come era inizialmente previsto.
Mentre la maggioranza intensifica la sua ricerca di sostegno politico, tutti i
sindacati si preparano a un nuovo sciopero generale indetto per il 31 gennaio che
è preceduto da scioperi a scacchiera in molti settori come quelli dei trasporti,
dell'energia e della logistica, scioperi che certamente continueranno ben oltre
il 31 gennaio aprendo una fase di scontro sociale intenso come quelle che la
Francia ha più volte conosciuto, scontro inevitabile imposto da condizioni
strutturali dello scontro di classe in atto sull'accesso al godimento dei beni
per il soddisfacimento delle esigenze primarie.
Accumulazione capitalistica, crisi demografica e distribuzione del reddito.
È del tutto evidente che la guerra di classe è stata combattuta e che i padroni
l'anno vinta, ma questo non significa che la lotta non continui, ma che anzi la
lotta tra capitale e lavoro può, deve continuare e continuerà. Per farlo non si
possono ignorare i problemi strutturali posti dalla demografia e dalle condizioni
generali economiche che a questi sono connessi. Se così è occorre partire dal
dato di fatto che L'Europa che ospita il 10 % della popolazione mondiale
costituisce l'area di maggior consumo per spese per i servizi sociali e alla
persona ben il 20% delle sue risorse. Nel frattempo, la sua popolazione
invecchia, a causa del miglioramento del tenore di vita e della durata della vita
mentre il numero di giovani atti al lavoro diminuisce. Ciò fa si che le risorse
disponibili per il welfare si riducano inesorabilmente.
Su questa strada l'Europa è solo la prima perché presto il fenomeno si presenterà
con dimensioni gigantesca in Cina per il venir meno del welfare familiare a causa
anche dell'abbandono delle campagne e per la diminuzione in prospettiva della
quota di popolazione atta al lavoro. Ciò significa che la struttura sociale va
ripensata e che questo è uno dei limiti dello sviluppo che va ad aggiungersi alla
crisi climatica e energetica che trovano nel sistema capitalistici il maggior
nemico, a causa della crescente ineguaglianza nella distribuzione delle risorse e
dei redditi. Questa è una delle cause/ragioni strutturali che determinano la
necessità/inevitabilità della lotta di classe.
Per perpetuare la vitalità del sistema di sfruttamento il capitalismo,
nell'impossibilità di utilizzare fino in fondo la guerra come sistema di
azzeramento dello sviluppo per far poi ripartire l'accumulazione, condizionato
dalle conseguenze dell'uso dell'arma atomica è ricorso alla terza guerra mondiale
a pezzetti che viene combattuta a livello globale senza esclusione con
un'intensità che rischia la distruzione totale, come in Ucraina.
La sola soluzione possibile è far crescere la quota del potere di classe, porre
un limite allo sfruttamento, far crescere il peso del salario differito e trovare
le risorse necessarie nella riduzione della quota destinata al profitto
nell'eterna competizione tra capitale e lavoro.
L'entità della posta in gioco è grande e va ben oltre ogni possibile
previsione,:una sconfitta non improbabile avvicina la società francese e non solo
quella a uno scontro inevitabile che sarà sempre più radicale.
[1] Gianni Cimbalo, Francia: un nuovo ciclo di lotte?, Newsletter, UCAdI n. 15,
19 maggio 2021; Gianni Cimbalo, Lotte Sindacali in Francia, Newsletter UCAdI n.
126, dicembre 2019
La Redazione
http://www.ucadi.org/2023/02/01/ce-nest-quun-debut-continuons-le-combat/
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