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(it) CNT-F: Critica del reddito garantito universale

From worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date Thu, 16 Oct 2003 15:25:53 +0200 (CEST)


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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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Argomenti per una critica della rivendicazione di un reddito
garantito universale che contribuisce a rendere più fragile il
regime di ripartizione. Confédération Nationale du Travail
Sindacato della comunicazione, della cultura e dello spettacolo
rp Secteur Spectacle 33 rue des Vignoles - 75020 Paris -
spectacle.rp@cnt-f.org

CRITICA DEL REDDITO GARANTITO UNIVERSALE

La prova di forza ingaggiata dal padronato e lo Stato mira a
distruggere il sistema di protezione sociale per ripartizione,
basato sulla solidarietà inter-categoriale tra tutti i
salariati. Mentre i pezzi grossi della MEDEF gestiscono la
maggior arte delle imprese d'assicurazioni private, e tentano di
aumentare i loro profitti, lo Stato si è dato il compito di
gestire la massa salariale facendo di tutto per ridurla.

Ridurre il numero dei salariati per aumentare i profitti

Perché, il capitalismo d'oggi non ha più bisogno della stessa
massa salariale del 19° secolo, o durante l'era fordista, grazie
in particolare al progresso tecnologico. Al contrario, esso
cerca più che mai di estendere i guadagni a vantaggio degli
azionari, dunque a ridurre la parte di capitale dedicata ai
salariati attraverso i salari. Per convincercene, non abbiamo
che da ricordare i molteplici piani di ristrutturazione di
Mark's e Spencer a Metaleurop passando per Alstom, e tanti
altri. Questi piani sociali che hanno messo in disoccupazione
diverse migliaia di persone, sono sopraggiunti mentre queste
imprese godevano secondo tutti gli economisti esperti di una
buona salute.

Normalizzare la precarietà e distruggere la solidarietà
inter-categoriale tra i salariati : lo Stato ed il padronato,
mano nella mano

Ecco perché lo Stato ed il padronato hanno garantito lo sviluppo
del lavoro precario facendo ricorso a tutta l’immaginazione di
cui disponevano per moltiplicare i contratti e gli statuti
precari. La precarietà salariale gli consente di disporre di una
mano d'opera flessibile, soggetta a corvée e ancora più sotto
controllo. Si tratta di precarizzare tutti i salariati; i CDI
(contratti a tempo indeterminato) non devono essere più di una
eccezione, ne discende la nascita e la crescita degli
interimari, dei CDD (contratti a tempo determinato), poi dei
cosiddetti CDD d'uso (specialmente nelle professioni dello
spettacolo e dell'audiovideo), dei cottimisti, degli
impieghi-giovani, CES (contratti di solidarietà), CEC, CIE...
Parallèlamente, i salariati e i disoccupati non devono più poter
contare sulla solidarietà inter-categoriale e sul sistema di
protezione sociale cosi com'é, basato sulla ripartizione tra
tutti i lavoratori. Infatti, questo sistema giusto e solidale é
nato, quando si usciva dalla seconda guerra mondiale, dalla
debolezza del padronato - che d'altronde aveva collaborato
attivamente con l'occupante nazista. L'ordinanza del 30 ottobre
1946 dà la maggioranza ai sindacati operai nei consigli di
amministrazione delle casse della sicurezza sociale.

Un'erosione costante

Successivamente lo Stato ed il padronato non hanno cessato di
cercare di rosicchiarla poco a poco per distruggerla totalmente.
Questa erosione si traduce in varie cose:

* l'imposizione della gestione paritaria delle casse della
sicurezza sociale, dell'indennità di disoccupazione, e delle
pensioni al posto della gestione esclusivamente dei salariati e
dei loro rappresentanti sindacali, com'era stato nel 1945 per la
sicurezza sociale,

* l'intromissione dello Stato nella gestione delle casse,
affianco dei padroni e dei sindacati dei salariati,

* la separazione dei rischi sociali in numerose casse.

La riforma del 1967 della Sicurezza sociale

La riforma del 1967 della sicurezza sociale é una tappa
importante in questo movimento di esproprio dei salariati.
Poiché, da un lato, istituisce la gestione paritaria sopprimendo
la maggioranza sindacale dei 3/4 nei consigli di amministrazione
delle casse della sicurezza, i cui membri erano inizialmente
eletti a suffragio universale. La gestione paritaria significa
che le casse sono gestite al 50% da rappresentanti dei salariati
e al 50% da rappresentanti del padronato, mentre invece quando
sono state create, l'ordinanza del 1945 instaurava la « gestione
delle istituzioni della sicurezza sociale da parte degli stessi
interessati »: i salariati. Per altro, la riforma sopprime
l'elezione degli amministratori che ormai saranno designati dai
partenaires sociali, mentre i direttori delle casse saranno
designati d'autorità dai ministeri dunque dallo Stato. Infine,
la riforma del 1967 separa le casse secondo il rischio:
l'indennità di vecchiaia, l'indennità di malattia, e le
prestazioni familiari sono ormai delle casse distinte, che
devono pervenire ognuna alla parità di bilancio, quando
precedentemente, le tre branche potevano compensarsi tra di
loro. La separazione dei rischi fa anche parte della volontà
d'individualizzazione dei salariati che non sono più considerati
in quanto lavoratori, ma in quanto persone isolate. Ci si
allontana a passi da gigante dalla logica del salario
socializzato.

Individualizzare i salariati, scollegare reddito e lavoro

Tutte queste misure hanno per obbiettivo da una parte di ridurre
il peso dei salariati e dei loro rappresentanti nella gestione
delle casse di protezione sociale e d'altra parte, di
individualizzare al massimo l'assegnazione dei sussidi sociali.
Inoltre, all'inizio, questi sussidi, erano basati e indicizzati
sui salari, dunque sul lavoro, essi costituivano quindi un
salario differito, socializzato, che era versato ai salariati
senza occupazione, o che avevano avuto un incidente sul lavoro.
Ma si sono progressivamente scollegati dal lavoro per diventare
un reddito legato alla sussistenza.

Lo Stato, usuraio dei poveri

Assicurando tramite la pace sociale il buon proseguimento del
capitale, ciò che importa é che lo Stato giochi bene il suo
ruolo di guardiano (come si suole dire guardiano della pace)
delle categorie minime sociali (ASS,RMI...).

L'intromissione dello Stato nella gestione ed il controllo delle
casse di protezione sociale é parte integrante della strategia
dello Stato e del padronato per espropriare i salariati dei loro
diritti. Questa strategia si é particolarmente evidenziata negli
anni '80 con il passaggio (sottile ma fatale) da un regime
cosiddetto « d'assicurazione », funzionante per ripartizione e
basato sui contributi sociali, ad un regime cosiddetto di «
solidarietà », finanziato e gestito dallo Stato, quindi dalle
imposte e sconnesso dal lavoro (reddito di sussistenza). La
creazione del Reddito Minimo d'Inserimento (RMI) nel 1988 impone
la carità pubblica al posto della solidarietà tra i lavoratori.
Esattamente come accade con il controllo ed il potere crescenti
esercitati dallo Stato all'interno delle casse della sicurezza
sociale. D'altronde, la gestione statale induce una opacità ben
poco democratica; infatti, il budget dello Stato obbedisce alla
sola regola del non stanziamento di risorse: é dunque
impossibile controllare l'utilizzo del denaro prelevato dalle
imposte; è il caso per esempio di imposte come la Contribuzione
Sociale Generalizzata o il Rimborso del Debbito Sociale, che
tendono a sostituire i contributi sociali. Infine, la
fiscalizzazione attraverso l'imposta dello Stato funziona con lo
stesso principio della capitalizzazione attraverso i fondi
pensione per i pensionati, é il principio del risparmio:
individuale e profondamente diseguale.

In tale contesto, si può immaginare che al termine il reddito di
esistenza - assegnato ai più precari, e distribuito
generosamente per carità, al posto di ogni reddito basato lavoro
(disoccupazione, pensioni...) - diverrebbe il fondo di pensione
del povero che così sarebbe una sorta di azionario dello Stato
provvidenza! Infatti, si tratta di mantenere la popolazione ad
un livello di reddito appena sufficiente per sopravvivere, ossia
costringendola ad accettare gli impieghi più precari per
integrare: i sussidiati non devono compiacersi nel loro ozio!

Dei sindacati agli ordini del potere

Occorre anche sottolineare il ruolo importante dei cosiddetti
sindacati rappresentativi nel sabotaggio dei diritti sociali dei
salariati. Innanzitutto, hanno lasciato fare ed accettato
l'istituzione del "paritarismo" nelle casse di protezione
sociale, a vantaggio dei padroni, per degli interessi d'apparato
della burocrazia sindacale. In seguito, alla testa della
gestione delle casse ed abbondantemente sovvenzionati dallo
Stato, hanno contribuito a fabbricare, affianco allo Stato e ai
padroni, gli ipotetici deficit delle casse. Infini, hanno
svenduto i diritti dei lavoratori. Hanno accettato
l'individualizzazione dei salariati e dei disoccupati, la
diminuzione delle indennità e dei sussidi incoraggiando in
questo modo la concorrenza dei salariati sul mercato del lavoro,
mentre i padroni beneficiavano di ulteriori nuove esenzioni di
spese sociali...

Le risorse umane, la contropartita del reddito di esistenza

Il felice percettore di reddito di esistenza é allora costretto
in generale a cumulare il proprio reddito con una attività.
Quando si sa che l'80% delle offerte d'impiego all'Anpe sono dei
CDD che non superano la durata di due mesi, si comprende la
logica mirata e dallo Stato e dal padronato. L'obbiettivo é
proprio d'impoverire in tutte le direzioni per disporre di una
mano d'opera flessibile, sempre più sottomessa:
indifferentemente sul proprio posto di lavoro (sottomessa ai
contratti più precari) oppure per mezzo dell'assegnazione del
reddito d'esistenza (sottomessa al controllo sociale). In tutti
i casi, l'ex-salariato diventato sussidiato a vita perde ogni
potere sul proprio mezzo do produzione e sulla sua vita, che è
tra le mani dello Stato e del padronato. Il reddito di esistenza
é un reddito che esige una contropartita in risorse umane...
Questo controllo totale sulla vita e la produzione dei salariati
potrebbe diventare realtà con il progetto di legge sul Reddito
Minimo di Attività.

L'RMA: un misto di contratto e di statuto precario al di fuori
della solidarietà inter-categoriale

L'ultimo nato (non ancora vigente) nella grande famiglia dei
contratti e degli statuti precari, é il Reddito Minimo
d'Attività, vero e proprio modello del genere. Esso concerne gli
RMIsti, ossia delle persone già al di fuori della solidarietà
inter-categoriale, il cui reddito dipende dallo Stato. L'RMA é
un contratto di lavoro di minimo 20 ore a settimana, a durata
determinata di 6 mesi rinnovabile due volte. La novità dell'RMA
é il versamento del RMI (assegnato originariamente alla persona)
direttamente al suo padrone, che diventa oltretutto il suo
tutore. Il padrone beneficia cosi di un'enorme diminuzione del
costo del posto occupato. L'RMA corrisponde totalmente
all'ideologia del collocamento vantata dalla MEDEF e dai
detentori del potere poiché sottomette l'individuo a un
controllo sociale permanente, facendolo contemporaneamente
lavorare a dei prezzi che sfidano ogni concorrenza (meno di 3
euro l'ora, quando lo SMIC (salario minimo inter-categoriale)
orario di 6.83 euro), eliminando qualsiasi partecipazione alla
solidarietà inter-categoriale o alla protezione sociale dato che
l'RMAsta non pagherà dei contributi sociali che sulla base della
parte molto ridotta di salario versata dal padrone.

Il reddito garantito universale: al servizio del capitalismo

In questo contesto, la rivendicazione di un reddito garantito
universale, basato sull'esistenza e non sul lavoro, si accorda a
meraviglia con i progetti dello Stato e del padronato.

Si può certamente immaginare una versione del « Reddito
Garantito Universale d'Attività », sul modello migliorato del
RMA, in cui il beneficiario dovrebbe rendere conto della sua
produzione « immateriale » tutti i 3 o 6 mesi, essendo di fatto
costretto a partecipare allo «sviluppo high-tech e soggettivo
dell'azienda». Perché, con l'ideologia del lavoro attuale,
sarebbe illusorio credere che il reddito garantito universale
non esigerà una contropartita sociale. Riguardo ai rapporti
economici attuali, il reddito senza condizioni é dunque
un'ipotesi largamente erronea.

In più, questo reddito si oppone alla coscienza di classe ancora
presente nelle mobilitazioni per la difesa dei regimi di
ripartizione. L'individuo, e non più il lavoratore, sarebbe
ancora più individualizzato ed atomizzato, vedrebbe la propria
sopravvivenza di consumatore posta di fronte al beneplacito di
uno Stato, che rafforzerebbe cosi il controllo e la schedatura
de la popolazione.

La seconda contraddizione risiede nell'universalità del reddito
garantito universale. Perché essa suppone un prelievo di
ricchezze su scala planetaria. Come si può chiedere la gestione
statale (nazionale) e parallelamente rivendicare una
ridistribuzione universale? Se il reddito fosse accordato in una
zona limitata, come gestirebbe lo Stato o il potere
amministrativo di questo spazio i nuovi candidati esterni o
stranieri, senza passare per un controllo più repressivo alle
frontiere?

Di più, rivendicare un reddito garantito universale conduce ad
incoraggiare un rafforzamento del capitalismo mondiale - proprio
come la rivendicazione della «Tobin Tax ». Infatti,
ridistribuire i capitali nazionali tra i paesi - dove il reddito
sarà efficiente - dipenderebbe dagli avanzamenti neoliberisti
fatti in materia di delocalizzazioni.

Questo reddito farebbe di noi dei piccoli azionari solidali a
scapito loro. Solidali, non con le casse di sicurezza sociale,
né degli sfruttati dei paesi in via di sviluppo capitalista, ma
con le multinazionali in concorrenza per il controllo degli
umani e delle ricchezze viventi (« immateriali » o al contrario
concretissime) di tutto il mondo.

L'istituzione di un tale reddito, che può inizialmente apparire
seducente, porta direttamente all'eliminazione di fatto di tutto
il sistema di protezione sociale basato sulla solidarietà tra i
salariati. Si tratta d'individualizzare tutti i salariati, e
alla fine di privarli di ogni mezzo di pressione, ed in primo
luogo della pressione che essi possono esercitare attraverso la
riappropriazione o la confisca del loro mezzo di lavoro. Ma
anche di privarli di ogni potere sulla loro stessa vita,
sottomessa ad un controllo permanente ed alla mercé dello Stato,
distributore del « Dividendo garantito universale », e dei
padroni, che non offrirebbero altro che impieghi precari...

La « soggettivazione » dell'impresa

Essendo capitale e lavoro riconciliati, i salariati, per reggere
botta, saranno sempre più obbligati a "soggettivizzare"
l'impresa.

Questo movimento ha già cominciato a mettersi in funzione e
guadagna sempre più terreno. Corrisponde al pensiero
ultra-liberale che innalza l'impresa al rango di vera e propria
famiglia e di coronamento centrale nella vita del salariato. Il
salariato deve servire l'impresa tanto nel suo lavoro, che nella
sua maniera di lavorare, e ancora più in là, nella sua maniera
di essere. Oggi, i colloqui e gli stages proposti tanto
dall'Anpe quanto dalle imprese ai loro salariato cercano di
sviluppare le personali capacità lavorative e di comportamento
dei lavoratori al servizio dell'impresa. L'impegno associativo
ad esempio sarà considerato come un « di più » dal padrone,
perché é il segnale delle capacità di « devozione » e
d'investimento personale del salariato. Qui é questione di
cooperazione vera e propria, per non dire collaborazione,
chiamata « immateriale », tra i padroni ed i salariati in
un'ottica di buon'intensa, per la salute dell'azienda... Niente
di meglio per allontanare il pericolo della lotta tra le classi!


La sostituzione del rapporto capitale/lavoro con il rapporto
capitale/vita (sul quale si poggia la rivendicazione del reddito
garantito universale), non serve che a rafforzare lo Stato ed il
padronato. Il reddito garantito universale potrebbe essere il
loro nuovo argomento - per quanto essi possano avere bisogno di
argomenti - per accelerare il ritiro delle conquiste sociali
difese dai sindacati che non sono più nient'altro che l'ombra di
sé stessi, addomesticati alle regole fatalistiche dell'apatia e
della coercizione economica.

La classe dirigente ha quindi un programma reale per quanto
concerne la protezione sociale. E mentre alcuni negoziano i
passi indietro, altri fanno il gioco - volontariamente o no, con
o senza buone intenzioni - degli economisti pagati dal potere.
La riflessione sull'applicazione e l'istituzionalizzazione di un
reddito garantito universale si iscrive nella continuità del
sistema capitalista.

Quello che propone la CNT

Di fronte a questi attacchi contro la protezione sociale basata
sulla ripartizione e la solidarietà inter-categoriale, per
difendere la logica del salario socializzato, contro tutte le
forme di precarietà, la CNT oppone il suo strumento di lotta,
cioè il sindacalismo rivoluzionario e l'anarco-sindacalismo e
rivendica:

Rispetto alle condizioni di lavoro:

l'aumento generalizzato dei salari, la lotta contro
l'ineguaglianza salariale, l'applicazione del codice del lavoro,
delle convenzioni collettive, la trasformazione dei contratti
precari in CDI quando é scelto, la riduzione massiccia del tempo
lavorativo senza flessibilità, la divisione del lavoro perché
tutti abbiano accesso al ciclo della produzione, nella
prospettiva di una società basata sulla ripartizione delle
ricchezze e fondata sul lavoro socialmente utile.

Rispetto al sistema di protezione sociale per ripartizione:

Il miglioramento e la rivalorizzazione dei minimi sociali e di
tutte le allocazioni grazie ad un aumento dei contributi
padronali che riequilibrino l'innalzamento costante dei
contributi salariali e permettano ai salariati di riappropriarsi
di plus-valore e di profitti padronali, l'estensione
dell'accesso agli assegni sociali per tutti (sicurezza,
pensioni, indennità di disoccupazione...) in un'armonizzazione
verso l'alto delle condizioni d'accesso, a vantaggio di tutti i
salariati precari e di tutti coloro che sono stati esclusi dalla
solidarietà inter-categoriale, l'unificazione delle casse per
una cassa unica della protezione sociale, contro tutti i rischi
sociali, la riappropriazione della gestione delle casse di
sicurezza, pensioni, indennità di disoccupazione... in mano dei
soli salariati (esclusione del padronato e rifiuto del
paritarismo), le elezioni di amministratori delle casse su
mandato precisi, revocabili in ogni momento, controllati dai
salariati alla base.

Parigi, 5 ottobre 2003

http://paris.indymedia.org/article.php?id_article=8051

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