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The.Supplement
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(it) Contropotere n.11 : Contro il militarismo
From
worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date
Tue, 6 May 2003 18:22:44 +0200 (CEST)
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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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Ancora una volta ci troviamo a parlare di guerra e ad assistere
a crisi e a formazioni di alleanze di stati contro altri stati.
Queste alleanze variano rispetto al tipo di “problema” che vanno
ad affrontare: ad esempio mentre tra alcuni stati europei esistono
delle grosse fratture rispetto alla prossima guerra contro l’Iraq,
dovute ai diversi interessi che essi hanno su quel territorio,
questi stessi stati sono fortemente coesi nel momento in cui si
trovano a combattere, al loro interno, qualsiasi forma di dissenso
e di opposizione sociale. Hanno attuato una legislazione
antiterrorismo comune, stanno applicando gli stessi regimi carcerari
speciali (F.I.E.S. in Spagna, 41 bis in Italia, celle bianche in
Grecia, etc.), stanno usando gli stessi metodi repressivi contro
gli immigrati, specialmente di religione mussulmana, dopo l’attentato
di dubbia matrice dell’11 settembre. Tutto ciò per garantirsi il
sostegno reciproco e preventivo nel caso in cui potrebbe essere
attaccato il principio di autorità su cui si fondano.
Tra l’altro non c’è modo migliore per indurre nei “bravi cittadini”
il bisogno di ordine e protezione che inventarsi dei nemici: i
terroristi, siano essi Afgani, Iracheni, immigrati, anarchici o
qualsiasi individuo che lotta contro questo schifo di società.
Che tutto ciò ricada sulla pelle e sulla vita di milioni di donne,
uomini e bambini è marginale, l’importante è che gli artefici di
tale “gioco” mantengano i loro privilegi. Il capitalismo crea i
bisogni, lo stato li monopolizza per imporli a noi tutti in qualità
di cittadini, sudditi o schiavi.
Per una guerra dichiarata o minacciata mille altre si consumano in
tutte le periferie sia di tipo geografico (Algeria, Afghanistan,
Iraq, Palestina, etc...), sia di tipo politico, come i pestaggi di
massa nelle piazze, con le già citate leggi antiterrorismo, che di
tipo sociale, con l’imposizione del lavoro la costruzione
dell’indifferenza che recupera e delle carceri che rinchiudono gli
esclusi. Tutto ciò senza che nessun pacifista abbia speso una sola
parola in tal senso; forse perché guardare lontano è sempre più comodo
e meno pericoloso che aprire gli occhi su quello che accade vicino a
noi.
Come anarchici bisogna prendere una posizione chiara ed intransigente
senza correre il pericolo di essere assorbiti in un grande calderone
pacifista, che è quanto di più inutile e sterile in una lotta contro
qualsiasi tipo di militarizzazione dell’esistente. Difatti il movimento
per la pace nasconde al suo interno cappellani, militari ed altri che
non rinnegano gli eserciti, ma ne vorrebbero semplicemente altri, con
le stesse metodiche di autoritarismo e gerarchia contro cui da sempre
gli anarchici si sono schierati.
Sosteniamo tutte le forme reali di opposizione alla macchina militare
senza preclusioni e senza creare inutili dietrologie che fanno solo
il gioco del potere. Opporsi al militarismo significa comprendere la
necessità di non delegare la propria difesa e la propria esistenza ai
detentori della violenza istituzionalizzata. Significa boicottare,
disertare, disobbedire, attaccare, etc…
Di fronte all’arroganza che crea la guerra come velina per i nostri
occhi, rinviando gli orrori del militarismo altrove, la consapevolezza
di una rivolta che tutto inondi, scuole, fabbriche e strade, diviene
l’ultimo mezzo per riappropriarci delle nostre vite, per autogestire
i nostri bisogni.
Gruppo anarchico “Louise Michel"
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