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(it) Le conseguenze della guerra in Irak (pt,en)
From
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Date
Sun, 30 Mar 2003 16:57:09 +0200 (CEST)
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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA IN IRAK
I
Conseguenze economiche
Le guerra sono sempre avvenimenti storici contingenti per
definizione e per natura. Ben al di là della possibilità di
perderle o di vincerle in termini militari immediati, è
possibile che si verifichino a più lungo termine conseguenze
imprevedibili. Così, per esempio: la II Guerra Mondiale ha
portato benessere e agiatezza ai tedeschi occidentali ed ai
giapponesi, ed ha portato alla perdita del potere e
dell’influenza per gli imperi britannico e francese.
Il crollo dell’impero sovietico sta ancora producendo molti
sconvolgimenti, a causa di una situazione totalmente inedita,
cioè l’esistenza di un superpotere planetario dal punto di vista
militare; superpotere che ha l’intenzione deliberata e
pianificata di usare la sua forza secondo le necessità implicate
dalla conservazione della sua posizione di vantaggio.
La motivazione degli USA non è data soltanto dal petrolio, o
meglio, è prima di tutta data dalla possibilità di utilizzare il
petrolio come arma per colpire le economie concorrenti delle
altre potenze del cosiddetto mondo sviluppato. Non è tanto in
gioco l’accesso diretto ai pozzi petroliferi dell’Iraq, ma
soprattutto la possibilità di privare dell’accesso facile e
diretto i suoi concorrenti dell’Europa occidentale e
dell’Estremo Oriente (Giappone e Corea).
Nel caso di una guerra contro l’Iraq, indipendentemente dalla
velocità di disgregazione del regime di Saddam, si verificherà
un aumento del greggio sul mercato mondiale per valori che si
possono aggirare fra i 40 e i 50 dollari a barile. Questa
lievitazione non potrà essere compensata dalla maggior parte
delle economie dell’Europa occidentale con il ricorso a fonti
proprie. Farà eccezion e la Gran Bretagna, con il petrolio del
Mare del Nord, il che spiega molto della posizione di Blair. Gli
altri paesi vedranno le proprie economie depauperarsi
rapidamente e passare da una situazione di crescita molto
modesta ad una face di recessione accentuata.
Le conseguenze di ciò, per i regimi "democratici" dell’UE sono
del tutto imprevedibili. Ma una cosa è certa: gli USA hanno
scommesso che l’UE e l’euro affondino... Perché?
Qui è necessario spiegare il modo in cui funziona il sistema
finanziario mondiale. Sappiamo che il dollaro è la principale
moneta di interscambio e di commercio a livello mondiale. Questo
ha come ragione di base la fiducia quasi cieca che molteplici
investitori ... dai piccoli risparmiatori ai grandi potenti del
petrolio (i detentori di "petrodollari" ...) ripongono nella
mecca del capitalismo mondiale, gli USA.
Basandosi su questa grande fiducia, i veri dirigenti degli USA
hanno "inventato" un mezzo per vivere e fare vivere gli strati
privilegiati del loro paese a spese del resto del mondo.
Sono ormai venti anni che il deficit commerciale USA si è andato
accentuando, senza essere venuto meno l’afflusso costante di
capitali a Wall Street. Questa situazione, tuttavia, si è
invertita dall’aprile 2001. Le borse e i mercati di capitali
negli USA hanno cessato di essere considerate tanto attraenti da
parte degli investitori, con un’accentuata preferenza per altri
lidi ... particolarmente europei.
Con il pretesto dell’11 settembre, ma in realtà per favorire
l’industria "high-tech" e degli armamenti, l’amministrazione
Bush si è impegnata pesantemente in un programma di ricerca in
questo settore che va ad aumentare il deficit di bilancio.
Questo equivale a deviare un’enorme percentuale di risorse
fiscali verso l’industria degli armamenti, che ha ricevuto
commesse dallo Stato per sviluppare i programmi di "guerre
stellari", per rimpinguare gli arsenali USA già pieni di armi
"convenzionali".
È chiaro che il principale articolo di esportazione degli USA
continuano ad essere le armi (in seconda posizione i rifiuti
della "industria di Hollywood" e la CIA). Per questo è
necessario fomentare le guerre per mantenere la clientela e
consumare le scorte.
Peraltro, a partire dalla nascita dell’Euro, i termini del
problema hanno cominciato a modificarsi: l’Euro un domani può
diventare la principale moneta di riferimento dei scambi
mondiali, detronizzando il dollaro. È vero che si tratta solo di
un’ipotesi, ma tanto grave per il ruolo egemonico del capitale
finanziario statunitense che questo si considera minacciato.
Basta pensare che Saddam ha steso la sua sentenza quando nel
2000 ha convertito le sue riserve di dollari in Euro.
Questo ha fatto suonare il campanello di allarme per i "think
tanks" dell’Impero. Se un tale esempio venisse imitato dai
grandi esportatori di petrolio - titolari di una grande
eccedenza di dollari derivanti dalle "royalties" sulla vendita
del greggio - si produrrebbe un accentuato indebolimento del
dollaro, da cui un riflusso di capitali, una fuga degli stessi,
e questo rappresenterebbe la crisi del potere finanziario USA
sul sistema capitalistico mondiale.
Lo spazio europeo diventerebbe allora il ricettore mondiale
delle eccedenze di capitali prodotte nelle economie del resto
del mondo.
Esiste allora un potente motivo - sempre occultato - per questo
furore bellico negli USA: ha a che vedere direttamente con
l’enorme fragilità dell’economia statunitense in questa fase.
In termini di economia reale, la situazione negli USA è
praticamente di recessione. I risultati dei principali indici di
consumo sono pessimi. Inoltre, il credito al consumo è così
basso che può solo essere comparato con la situazione esistente
all’inizio della decade degli anni ’60!
Enron, Wolrdcom, etc. sono solo i "mostri" emblematici della
crisi. È in atto una serie di fallimenti, particolarmente nel
settore delle grandi compagnie aeree ed in altri prima
giudicati "solidi", indipendentemente dalla sensatezza e dalla
"onestà" dei consigli di amministrazione!
C’è una serie di licenziamenti collettivi, specialmente nei
settori della grande intermediazione e delle banche, che genera
una situazione inedita per molti individui della classe
medio/alta, consistente nella vana ricerca di un impiego dopo il
fallimento o il licenziamento, coinvolgendo interi comparti
delle aziende, compresi i quadri superiori. Questa è la
situazione quotidiana dell’esangue "nuova" economia.
Non esiste, pertanto, speranza in un ritorno della "fiducia" dei
mercati ..., traducendo dal gergo "economese": non c’è speranza
che i capitali speculativi continuino nel breve tempo ad
alimentare per lo meno allo stesso livello l’economia USA. Essi
sono stati attratti da tutto il mondo fornendo la
capitalizzazione di borsa alle imprese "high tech": la famosa
bolla speculativa.
Non ci sono mezzucci della FED idonei a fornire un palliativo a
tutto questo.
È evidente che il governo Bush dipende ancora in gran parte
dall’adesione di quell’insieme di cittadini americani che hanno
goduto di circa venti anni di vacche grasse e si sono viziati
con un sovraconsumo ed un sovraindebitamento fuori del comune.
Le produzioni industriali del resto del mondo in tutti quegli
anni avevano un solo obiettivo: esportare negli USA per
soddisfare la domanda di consumo di questo strato insaziabile
(circa il 5% delle famiglie statunitensi).
Di fronte a questo quadro, la "soluzione" guerra è stata
insistentemente perseguita come via di uscita per coloro che
manovrano le "lobbies" più potenti dentro l’amministrazione
Bush. Le "lobbies" del petrolio.
A livello economico, pertanto, la guerra ha la funzione di
frenare l’enorme caduta del potere d’acquisto negli USA, dando
una "sferzata" ai settori di punta, associati all’industria
degli armamenti (il complesso militare industriale). Per
l’effetto trascinamento gli altri settori ne risulterebbero
stimolati. È chiaro che questo avviene a spese delle enormi
somme ricavate dal bilancio federale, causando così un deficit
di bilancio molto accentuato, con tendenza ad accrescersi
ulteriormente. Si pensi alla megalomane corsa agli armamenti
rappresentata dal programma noto come "guerre stellari".
L’attuale bilancio della difesa attinge somme, in valori
costanti, molto più elevate di quelle dei peggiori anni della
guerra fredda!
Tutto questo si usa definire come "keynesismo militare".
II
Conseguenze geopolitiche
Con il denominato "asse del male" sorgono i nemici designati
dell’Impero per imporre la sua egemonia mondiale su tutte le
restanti potenze. Perché?
Cominciamo dalla Corea del Nord: dalla tragica sequela della
guerra fredda sperano di ottenere un mezzo efficace di ricatto
sul Giappone, la Corea del Sud e soprattutto in relazione alla
Cina.
Se il regime di Pyongyang continua a porti some una minaccia
"credibile" agli occhi di giapponesi e coreani del sud non ci
saranno difficoltà per mantenere le truppe di occupazione USA in
questi paesi. Così stando le cose (conservando gli USA le
proprie basi in questi paesi) disporrà di utili piattaforme
d’attacco sia verso la Cina sia verso qualsiasi altro paese
dell’Asia del Sudest che volesse sfidare l’Impero. Non
dimentichiamo che era proprio lì che si trovavano le principali
basi di appoggio della poderosa macchina di devastazione durante
la guerra di Indovina (dal 1965 al 1975): Vietnam, Cambogia e
Laos hanno sofferto come nessun altro per l’azione "liberatrice"
degli USA!
Quanto all’Iran: il regime degli ayatollah ha umiliato gli USA,
ha fornito una base arretrata per gruppi islamici sciiti (o
Hezbollah) che sono stati anche protagonisti co ntro il
principale alleato di Washington nella regione: Israele.
È stato per la forza degli Hezbollah che Israele ha dovuto
retrocedere per la prima volta dopo molto tempo, abbandonando
posizioni di grande rilevanza strategica nel sud del Libano. Al
di là di questo, è l’Iran che è il più vicino a dotarsi di
armamento nucleare fra i nemici di Israele, e pertanto degli
USA, disponendo della tecnologia necessaria, degli scienziati
oltre che delle ricchezze che gli provengono dal petrolio.
Il fatto di esserci stata un’apertura ed un timida tendenza alla
laicizzazione da parte di questo regime teocratico, non è tale
da tranquillizzare gli USA, poiché l’avvicinamento all’ex nemico
dell’Iraq è diventato effettivo dopo la guerra del Golfo del
1991. I resti dell’aviazione iraqena si sono rifugiati in
territorio iraniano alla fine della guerra del Golfo.
Finalmente l’Iraq: questo è il nemico più conveniente da
abbattere, dopo l’Afghanistan, per vari motivi.
Gli USA vogliono protendersi fra le repubbliche petrolifere
dell’Asia Centrale e le potenze che sono ancora Russia e Cina.
La guerra dell’Afghanistan ha avuto come principale motivazione
quella di distruggere un’alleanza che si stava realizzando fra
Russia, Cina e le predette repubbliche dell’Asia Centrale, che
aveva avuto un principio di concretizzazione con la firma di un
protocollo di mutua assistenza firmato a Shangai, in cui questi
paesi si impegnavano a scambiarsi informazioni, a coordinare la
vigilanza delle frontiere, i mezzi militari, etc., per
"combattere il traffico di oppio e contenere il fondamentalismo
islamico", ma, in realtà, con un’ambizione di gran lunga
maggiore, non confessata - è chiaro - vale a dire quella di
costituire un asse euro/asiatico, in campo diplomatico,
economico e militare.
D’altra parte, diventava necessario dissuadere gli "alleati"
fondamentalisti sauditi dal proteggere di nascosto le reti di Al
Qaida. Nonché di dar loro un serio avvertimento sull’estremo
pericolo che avrebbero corso ad imitare Sadam in relazione alle
enormi riserve di dollari, per far perdere ai sauditi qualsiasi
velleità di cambiare i dollari con Euro.
Il regime di Saddam Hussein non fu abattuto nel 1991, solo
perché il generale Schwarzkopf ricevette direttamente da Bush
padre l’ordine di fermare la sua offensiva "alle porte di
Baghdad" - conveniva di più avere un dittatore indebolito
politicamente, isolato nel mondo arabo, in un paese schiacciato
sotto un enorme peso di sanzioni. Per servire come esempio da
non seguire.
Questo è stato visto come l’unica soluzione conforme agli
interessi imperialisti, visto che la divisione formale dell’Iraq
in tre zone (una canonizzazione da Bosnia su scala minore) con
un nord curdo, un sud sciita ed un centro sannita, finiva col
creare una grande instabilità nei vicini alleati (Turchia e
Arabia Saudita).
D’altra parte, il regime di Saddam poteva essere considerato un
importante appoggio per la resistenza palestinese. Anche per
questo cominciò ad essere necessario che quel regime fosse
abbattuto, affinché Sharon potesse portare a termine la sua
"soluzione finale" verso il popolo martire della Palestina: la
deportazione in massa.
È stato in base a questa speranza folle e criminosa che si è
fatto rieleggere Sharon da un elettorato sionista fanatico e/o
terrorizzato dagli attacchi suicidi nel territorio di Israele.
Importa chiarire che l’indefesso appoggio degli USA di Bush ai
disegni genocidi di Sharon hanno anche dei riscontri molto
importanti nella politica interna americana: i cristiani
fondamentalisti degli USA, di un reazionarismo completo, origine
e bastione dell’elettorato bushiano, hanno optato per un
mutamento di alleanze sul piano interno che ha permesso di
congregare parte significativa della comunità ebraica,
principalmente quella della Florida, in appoggio al candidato
repubblicano. È ben noto che gli ebrei americani avevano come
principale referente elettorale il partito democratico. Varie
lobbies ebraiche ancora hanno rapporti col partito democratico,
ma questa relazione ha cessato di essere esclusiva - e sono
passate a dispensare un appoggio per nulla discreto a Bush.
Al punto che l’opposizione democratica al senato e alla camera
si è lasciata completamente coinvolgere nell’operazione di
propaganda interna della "crociata patriottica contro il
terrore", votando tutte le leggi che fanno dell’attuale regime
USA un’autentica farsa di "democrazia", la quale seppure prima
era meramente formale ancora, tuttavia, conservava alcune
garanzie in termini di diritti civili.
Dopo l’elezione di Bush, egli ed il suo seguito non avrebbero
potuto far leva, per gli attacchi alle più elementari difese
legali dei diritti dei cittadini, se non a un 11 settembre!
L’appoggio o la "neutralità" delle "lobbies" della comunità
ebraica per quanto riguarda la svolta fascistizzante del regime
USA è stato negoziato, avendo come moneta di scambio l’appoggio
senza restrizioni a Sharon.
È molto probabile che Sharon possa portare a termine un
"blitzkrieg" contro i resti dell’autorità palestinese, deponendo
o espellendo in esilio, o assassinando Yasser Arafat, durante o
subito dopo il "blitzkrieg" che verrà scatenato dai suoi patroni
USA contro l’Iraq.
Il gioco geostrategico degli USA con la guerra contro l’Iraq
appare essere il seguente:
* neutralizzare la possibilità di un futuro asse Russi/Cina;
* isolare il regime dell’Iran, in vista di un suo futuro abbattimento;
* ottenere un controllo diretto e permanente della regione in cui si
concentrano le maggiori riserve petrolifere;
* liquidare una buona volta la "questione palestinese", essendo Israele
sempre pronta a fare una guera contro i vicini meno docili, come cane
da guardia dell’Impero.
III
Conseguenze umanitarie e ecologiche
Le guerre contemporanee si caratterizzano per essere dirette
contro le popolazioni civili, più che contro gli eserciti
contendenti. Questo ha cominciato a verificarsi nella II Guerra
Mondiale, per avere poi il suo culmine nella guerre di
liberazione delle colonie (Guerre di Indipendenza dell’Africa) e
soprattutto con le guerre in Indovina, prima con i francesi e
poi con gli USA.
Con le guerre più recenti, del Golfo, nei Balcani e in
Afghanistan, la situazione si è accentuata ancora di più: con il
predominio militare quasi assoluto degli USA e dei loro alleati
la strategia è consistita nell’opzione "zero" - zero vittime per
le forze imperiali, vale a dire. Questo può essere realizzato
solo mediante un bombardamento a tappeto, cioè saturare di bombe
una regione distruggendo qualsiasi cosa che vi si trovi. Non c’è
dubbio, quindi, che si tratta di genocidi pianificati a freddo,
accrescendo quella dimensione apocalittica la guerra è sempre
stata. Nel caso dell’Afghanistan questo è stato fatto come del
resto nel Vietnam.
In relazione all’Iraq, il piano di battaglia USA includerà un
primo impatto con 800 missili da crociera nelle prime 48 ore su
Baghdad (il doppio dei missili che la colpirono durante tuta la
guerra del’91!), non lasciando nessun luogo intatto. Baghdad ha
4 milioni di abitanti o meglio, secondo altre stime, li avrebbe
duplicati fino a 8 milioni negli anni più recenti.
Le stime delle agenzie umanitarie dell’ONU operanti in Iraq
calcolano che vi saranno, su una popolazione di 23 milioni, da
900.000 a due milioni di vittime. Questo solo per quanto
riguarda le vittime dirette delle azioni belliche.
Molte di più sarebbero quelle causate dalla sospensione dei
rifornimenti, dalla mancanza di acqua e di medicamenti di base,
etc., a seguito di forme acute di epidemie, della totale assenza
di soccorsi ai feriti ed ai malati, e così via.
Il numero di queste vittime indirette non può essere calcolato,
naturalmente, poiché dipenderà da molte circostanze fortuite, ma
non sembra esagerato considerarlo uguale allo stesso numero di
vittime delle azioni belliche, se non maggiore.
Per il clima iraqeno si avrà una popolazione errante e senza
mezzi di sussistenza sotto un sole rovente, alla ricerca di
rifugio nei paesi vicini che vedranno di certo un afflusso
incontrollato di rifugiati. Zone di frontiera che saranno tanto
inospitali quanto il deserto dell’Iraq. La popolazione dei
rifugiati sarà pertanto enorme.
Dal punto di vista ecologico ci sarà pericolo di incendi
accidentali o provocati dei pozzi petroliferi, che causeranno
enormi quantità di denso fumo nero, con la liberazione
nell’atmosfera di molte tonnellate di CO2 e di particelle
cancerogene. L’aria, a molti chilometri di distanza dagli
incendi, sarà irrespirabile per molti giorni.
I corsi d’acqua, i pozzi, i pantani (zona sud) e lo stesso mare
saranno seriamente contaminati. Le acque non trattate saranno
portatrici di malattie, dalle epidemie di colera (mortali in
assenza di trattamento medico immediato) fino al cancro - che si
manifesteranno a lungo termine.
Vale la pena sottolineare gli effetti cancerogeni e di
modificazioni genetiche degli armamenti e delle bombe all’uranio
impoverito: in realtà, si tratta di vere bombe nucleari
"sporche", poiché lasciano in sospensione nell’aria particelle
cancerogene. Quando vengano inalate si accumuleranno nei polmoni
e negli altri organi, causando il cancro. Dopo essere state per
qualche tempo nell’atmosfera, si depositeranno al suolo, che
diventerà completamente inadatto all’agricoltura. La popolazione
impoverita, peraltro, non avrà altra alternativa che quella di
continuare a coltivare il suo suolo ed a consumare alimenti
vegetali o carni contaminati dagli elementi radioattivi. Che
resteranno nella catena alimentare per molte decadi.
I predetti isotopi dell’uranio hanno un periodo radioattivo
molto lungo; questo vuole dire che la decontaminazione dei
terreni richiederà molto tempo, il che avverrà soprattutto per
il progressivo esaurimento dell’uranio scioltosi nelle acque
penetrate negli strati più profondi del suolo e per la sua
disattivazione a seguito dell’azione dei batteri e degli altri
microrganismi del suolo.
Le zone naturali di grande interesse ecologico, come gli
estuari, saranno perturbate in modo molto grave. Specialmente le
vaste regioni semidesertiche, per le condizioni climatiche in
esse prevalenti che determinano equilibri molto fragili,a causa
delle alte temperature dell’estate ed alla mancanza di acqua.
Il patrimonio edilizio, inclusi i monumenti classificati come
patrimonio mondiale saranno distrutti in modo irreparabile, lo
stesso dicasi per i siti archeologici di primaria importanza.
L’Iraq è la culla della prima civiltà agraria e di diverse altre
civiltà, come la numerica, la mesopotamica, etc.
Baghdad è considerata tanto importante dal punto di vista
culturale e civile dal mondo arabo come lo sono Parigi o Londra
per la civiltà europea.
I probabili eventi presi qui in considerazione rappresentato
solo quello che avverrebbe se i piani di battaglia del Pentagono
avessero successo. E questo non comprende, pertanto,
l’estensione della guerra in altre regioni limitrofe, o non,
all’Iraq. Tali scenari di estensione del conflitto possono
essere considerati possibili, per lo meno a seguito di una
crescita della repressione sanguinosa o perfino del genocidio
nei Territori occupati della Palestina da parte di Israele, o
di una aumento degli attacchi terroristici in genere in tutto
il mondo.
Manuel Baptista
[ Versione integrale dell'articolo "Conflito no Iraque - Que
consequências" comparso sul numero 197 del giornale anarchico
portoghese A BATALHA e tratto dal sito web della Federazione dei
Comunisti Anarchici http://www.fdca.it ]
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