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(it) Courant Alternatif: Colonialismo e capitalismo

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Date Tue, 18 Mar 2003 15:33:22 +0100 (CET)


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Da: "stecunga" <stecunga@libero.it>

COLONIALISMO E CAPITALISMO

Il rapporto coloniale: una lotta specifica

tradotto da Courant Alternatif di febbraio 2003,
mensile dell'Organisation Communiste Libertaire (Fr)

Le concezioni coloniali in Europa sembrano alquanto strane. Da
una parte, "la" fine dell'epoca coloniale viene considerata
coincidente con "la" decolonizzazione, una sorta di emergenza di
Stati indipendenti sui continenti africani e asiatici. E, in
seguito, si parla di una fase neo-coloniale come se il
colonialismo si fosse fermato, lasciando il posto ad una
versione più "light". Il rapporto coloniale é certamente
qualcosa di più complesso. Innanzi tutto non si é mai arrestato,
ma é perdurato sui territori di conquista. Si é successivamente
esteso all'insieme delle/dei migranti che raggiungono i paesi
ricchi e i rapporti di dominazione che oggi subiscono i bambini,
i nipotini di varie generazioni di questi migranti derivano in
parte da questo rapporto coloniale. L'altra parte é la sorte che
tocca a tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici.

***

Si può far risalire la storia coloniale a mille ani fa. Secondo
noi essa si caratterizza per due fattori essenziali: la
necessità di aprire nuovi mercati al capitalismo o al
pre-capitalismo e nella credenza della superiorità delle culture
cristiane. E' cosi che possiamo analizzare anche le crociate a
Gerusalemme dopo l'XI° secolo, i massacri delle popolazioni
indigene d'America dopo l'arrivo di Cristoforo Colombo, le
feroci conquiste coloniali dell'Africa, dell'Asia e dell'Oceania
fatte dagli Stati francese e britannico dal XIX° secolo in poi.

Che cosa é cambiato oggi? Gli Stati-Uniti fanno una guerra in
Afghanistan per controllare il gas, impiegano un qualsiasi
pretesto per accaparrarsi l'intera torta petrolifera irakena,
nella stessa maniera in cui quarant'anni fa i francesi volevano
assicurarsi a qualunque costo del legno e del cacao ivoriano.
L'aumento dei mercati necessario implica un appetito sempre più
vorace dei capitalisti, questa necessità di controllo si chiama
imperialismo, e l'imperialismo non conosce nessun limite:
diritti dell'uomo, sviluppo duraturo, diritti dei popoli a
disporre di loro stessi non sono che un oppio per i popoli
ricchi. I media borghesi possono tranquillamente raccontare
qualunque tipo d'imbroglio che pretende collegare le tensioni
attuali a "uno choc di civiltà", il destino del mondo resta
appeso al terrore capitalista e alla rassicurante opulenza
dei/delle "cittadini" dei paesi ricchi, ai quali occorre
proseguire le politiche coloniali.

Le conquiste coloniali

Si assiste oggi alla scarsa indignazione sollevata in Francia
dalla presenza e le aggressioni ripetute dell'esercito francese
in Costa d'Avorio. Si aggiunga che questa presenza non ha mai
conosciuto tregua dopo la sistemazione del porto di Abidjan nel
1837. Notiamo anche questa sinistra repubblicana che ritorna ai
suoi vizi storici giustificando l'aggressione nell'"interesse
del popolo ivoriano", nella stessa maniera con la quale i suoi
ussari della repubblica difendevano "l'apporto di
civilizzazione" durante le conquiste coloniali. Sulla stessa
linea di pensiero, questa stessa sinistra continua a veicolare
l'idea che l'intervento francese in Rwanda aveva avuto luogo
esclusivamente per impedire un massacro, quando si sa che esso
ha coperto i massacri.

Ma le ripercussioni dell'eredità coloniale non agiscono soltanto
al di fuori delle frontiere degli Stati europei. Quest'eredità
si é riprodotto all'interno delle società "benficiarie" della
forza del loro imperialismo. Non che in precedenza siano mancati
stranieri sui quali sfogare il proprio odio, conosciamo
benissimo in Francia l'odio che la repubblica francese a nutrito
verso i Baschi, gli Alsaziani e le Alsaziane, i Bretoni e le
Bretoni.

Il rapporto coloniale in Europa

La necessità durante il XX° secolo di un ingresso massiccio di
mano d'opera non-europea a basso costo doveva, allo stesso
tempo, rimediare alla debole crescita demografica (guerra e
basso tasso di natalità) e consentire, soprattutto, di impiegare
degli operai esclusi dagli avanzamenti sociali che il
proletariato europeo andava conquistando. I rapporti coloniali
hanno legato questi/e migranti al loro "statuto d'origine". In
seguito questo statuto é stato mantenuto, certamente nei
rapporti di lavoro, ma pure in una serie di rapporti sociali che
andavano oltre i rapporti di classe, integrando abilmente
l'insieme degli schemi razzisti (il negro é forte, l'arabo é
furbo, il cinese lavoratore...) e dei dispositivi militari e
politici coloniali tradizionali (occupazione del territorio per
"pacificare" la popolazione, azioni di forza e violenze per
comandare, intrighi per creare inimicizie) con la critica
repubblicana dei modi di vita comunitari, l'esaltazione del
"cittadinismo", l'uso di élites feudali per dividere gli
scioperi o le sommosse, l'islamofobia.

Così, allo stesso modo in cui la chiesa cattolica si riuniva a
Valladolid per sapere se gli Indiani avessero un'anima,
constatiamo il breve cammino percorso sino ad oggi mentre
sentiamo per esempio le risposte tipo "bianchi-bene-da-noi", che
un giornalista radio ottiene per strada a proposito dei/delle
rifugiati di Sangatte (centro temporaneo di permanenza)...

Questa permanenza coloniale può sussistere perché ci sono dei
fattori riproduttivi. E questi fattori di riproduzione
(istituzioni scolastiche, giudiziarie e poliziesche) sono poco
criticati per questo. Le questioni coloniali sono state spesso
relegate come secondarie dalla storia delle lotte per
l'emancipazione sociale.

In questo senso, il dibattito su una specificità delle lotte
coloniali può essere proposto negli stessi termini che possiamo
auspicarlo sulle lotte contro il patriarcato.

Se il capitalismo crolla, non é detto che il patriarcato o il
rapporto coloniale crolli con lui. La fine del rapporto
coloniale dovrà essere assunta pienamente dagli altri ambiti di
lotta, e qui in Europa sarebbe bene fare subito un rapido esame
critico della situazione:

- Anche se la sinistra rivoluzionaria ha tra i suoi principi
l'enunciato dell'internazionalismo e l'uguaglianza tra i popoli,
la storia delle lotte sociali in Europa ha progettato (quando lo
ha fatto) di battersi per l'uguaglianza mondiale soltanto come
una necessità di second'ordine. Due gli esempi che possono bene
illustrarcelo:
· La campagna portata aventi dalla CGT francese nel 1987 perché
il consumatore francese e la consumatrice francesi "comprino
francese". Che significa preferire, in una logica bizzarra,
privilegiare le condizioni di lavoro dei lavoratori e delle
lavoratrici francesi piuttosto degli altri (specialmente coloro
che lavoravano nel sud-est asiatico all'epoca) oppure
privilegiare delle società petrolifere come la Elf,
contraddistinta per i suoi rapporti coloniali in Africa o in
Medio Oriente.
· Secondo esempio, notissimo nei movimenti radicali europei, é
quello della rivendicazione di un reddito con o senza lavoro.
Rivendicazione che converrebbe di sicuro agli europei e alle
europee: in breve, approfittarsi dello sfruttamento della
popolazione dei paesi poveri al fine di permettere agli europei
di consumare.

Storicamente, le dottrine di emancipazione sociale sono state
elaborate in Europa su delle basi culturali e delle pratiche
sociali proprie di quel contesto. A meno che ci sia un grande
destino nella storia delle idee che vuole che tutto sgorghi
dall'Europa, un cantiere aperto a livello mondiale resta ancora
da costruire.

Sullo stesso suolo d'Europa, numerose istituzioni e numerosi
modelli riproducono un rapporto coloniale. E' assolutamente il
caso della scuola, della polizia e della giustizia repubblicane.
Questo rapporto coloniale si fonda su almeno due principi:
· Ogni classe povera é una classe pericolosa. Principio della
lotta di classe condotta dalla borghesia che serve a dividere e
a criminalizzare il proletariato. In partenza, questo principio
non era diretto contro le popolazioni immigrate, ma é andato via
via collegando la povertà con l'immigrazione, caratterizzandosi
oggi, tra l'altro, nell'agitazione di vari spettri che
abiterebbero nei quartieri popolari.
· La civiltà che ha la risposta ad ogni problema é la civiltà
europea: includendo la gestione delle popolazioni che non si
riconoscono in questa storia europea. E' il caso del popolo
palestinese, la cui occupazione del proprio territorio viene
giustificata, inoltre, dalle persecuzioni che gli ebrei hanno
subito nella storia europea. Il principio della superiorità
della storia europea é un fondamento razzista, che appartiene a
gruppi che vanno al di là di quelli che hanno rivendicazioni
xenofobe, come abbiamo visto.

La nozione di Europa é un concetto talmente vago che ci si può
mettere dentro quello che si vuole. Ma nel quadro
dell'edificazione di un blocco economico europeo basato sugli
accordi di Maastricht, vediamo bene quanto il criterio coloniale
che lo informa é quello dell'unità politica cristiana. Ogni
rivendicazione europea diventa dunque di fatto un criterio
xenofobo, degli slogans come "Viva l'Europa delle lotte", ad
esempio, possono lasciare senza parole qualunque
anticolonialista.

Una lotta anche per la storia

Uno degli assi portanti del capitalismo é che ci ha spossessato
della nostra storia. Notiamo, a questo proposito, una
responsabilità enorme dei "laicisti" francesi, accecati
dall'apprendimento della civiltà pomposamente ridotta a un
secolo di "lumi". Essi s'intestardiscono e continuano a parlarci
dei nostri avi gallici. Tale confisca della nostra storia ha
favorito le menzogne. E così si parla delle/dei migranti come
degli ospiti che devono comportarsi bene, mentre nessuno é stato
invitato e, al contrario, fu (ed é) il padronato francese che,
avendo bisogno di loro, li ha reclutati e fatti venire.
Ugualmente, i rari momenti nei quali si é affrontata la presenza
di popolazioni delle colonie nei conflitti militari europei
(1914-18 e 1939-45), si parla di loro come dei salvatori, quando
la realtà é che li si era obbligati a colpi di baionette! E
così, laddove la storia non é stata trasmessa, si sono create
delle fratture tra generazioni.

Che fare?

Non esiste, naturalmente, alcun manualetto preconfezionato! Ma,
in ogni modo, un dibattito reale si può e si deve aprire tra i
rivoluzionari, altrimenti tutti i tentativi di elaborare una
società giusta ed egualitaria saranno fallimentari.

Asse da privilegiare, la riappropriazione della nostra storia
sarà senz'altro una battaglia lunga e fastidiosa. E' sufficiente
constatare che il processo contro Papon, é stato quello di Papon
del 45 e non quello della guerra d'Algeria e del massacro di
centinaia di Algerini ed Algerine, gettati nella Senna il 17
ottobre 1961.

Il sostegno alle campagne per il diritto di voto alle/agli
immigrati non deve frenare i compagni anarchici, perché é
importante che ognuno abbia la possibilità rifiutare un diritto.

Inoltre, possiamo benissimo parlare di giustizia coloniale allo
stesso tempo che di giustizia di classe, ed é comunque quello
che accade quando uno/una "colonizzato/a" compaiono davanti ad
una corte. Insieme che per la sua classe sociale, lui o lei sono
condannati per la loro storia e la sentenza é aggravata. E' il
principio della "doppia pena" (prigione+espulsione) o
dell'impunità di cui beneficiano i poliziotti assassini. Su
questo, non é sembrato incoerente ad alcuni/e di noi
partecipare, con il Movimento dell'Immigrazione e dei Quartieri,
alla campagna "cosa vale la vita di Youssef ?" e reclamare la
condanna del poliziotto assassino Hiblot. Si può essere contro
le prigioni ma, finché esisteranno, lottare per sbatterci dentro
la polizia colonialista (almeno provarci come ambito di lotta).
Nelle rivendicazioni e le lotte, bisogna prendere in
considerazione che non sono i comportamenti e gli interessi
delle/degli europei ad avere la priorità, ma che l'emancipazione
dei lavoratori e delle lavoratrici sarà l'opera di TUTTE e TUTTI
i proletari.

Infine, per essere chiari, ci pare che una lotta specifica sia
una lotta a parte. Essa non é un nuovo fronte, ma completa
l'insieme dei meccanismi pre-esistenti in cui il fronte delle
lotte di classe é più che mai l'elemento centrale di ogni
rovesciamento di questo mondo.

Commissione Giornale di Strasburgo, gennaio 2003


[Traduzione stecunga]




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