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(it) A-rivista anarchica, n.292: Azione diretta e sindacato

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Date Tue, 8 Jul 2003 10:49:41 +0200 (CEST)


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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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È essenziale valorizzare l’azione diretta, l’autonomia, il
rifiuto del corporativismo, e riprendere una riflessione sul
rapporto fra sindacato e lotta, fra organizzazione e spontaneità...

Roma, 1 giugno

Circa mille steward e hostess dell’Alitalia si danno malati e,
visto che si tratta di circa un quarto del personale, la loro
assenza blocca il traffico aereo. Altrettanto è avvenuto, in
misura minore ma consistente, il giorno prima.

L’Alitalia aveva stabilito di tagliare una parte del personale,
un classico caso di ristrutturazione aziendale. Di fronte
all’evidente sabotaggio, dichiara che intende rivedere le sue
decisioni e accetta di trattare con i sindacati.

Non mancheranno i moralisti che denunceranno il carattere poco
limpido di una forma di lotta del genere. Sono, di regola, gli
stessi che hanno imposto una normativa antisciopero tale da
rendere impossibile condurre una lotta sindacale
contemporaneamente legale ed efficace.

La mobilitazione è animata dal SULTA, il sindacato unitario dei
lavoratori del trasporto aereo, un sindacato di base nato sulla
base della mobilitazione autorganizzata del personale del
settore degli anni ‘70. Un sindacato dal radicamento robusto nel
settore e dalle posizioni politiche non eccessivamente radicali
ma sicuramente combattivo e capace d’iniziativa.

Torino, maggio - giugno

La mobilitazione di un particolare segmento di precari della
scuola colpiti da decisioni particolarmente vessatorie
dell’amministrazione induce circa 200 insegnanti precari a
realizzare, nell’arco di pochi giorni all’inizio di maggio, due
blocchi stradali. Non si tratta di una pratica «normale» da
parte degli insegnanti anche se precari e segnala una tensione
particolarmente forte oltre che l’istintiva consapevolezza che
solo una capacità d’azioni visibili di dissenso può dare loro un
potere contrattuale che la tradizionale pratica sindacale non è
in grado di garantire. La lotta è sostenuta dalla Federazione
Torinese della CUB Scuola. Grazie alla mobilitazione una
contrattazione è aperta con risultati non esaltanti ma concreti.


Durante il salone del libro, l’onorevole Valentina Aprea
sottosegretario all’Istruzione è vivacemente contestata dal
pubblico nel corso di un convegno internazionale. Quando esce
dal convegno, viene seguita fra gli stand da un piccolo corteo
che grida «Vergogna!». La mobilitazione nasce dal taglio degli
organici che colpisce la scuola pubblica.

Nelle ultime settimane del mese alcune decine di scuole
superiori e qualche scuola media ed elementare praticano il
blocco dell’adozione dei libri di testo per contestare il
decreto che stabilisce di sfasciare le classi pur di portare
l’orario d’insegnamento in classe alle 18 ore. Gli insegnanti
sono colpiti dal fatto che, pur di realizzare quest’obiettivo,
l’amministrazione non si cura della continuità didattica,
dell’organizzazione del lavoro, della mancanza di ore a
disposizione per le sperimentazioni, della perdita di centinaia
di posti di lavoro per i precari. La mobilitazione è, ancora una
volta, sostenuta dalla CUB Scuola e vede la sostanziale
indifferenza dei sindacati istituzionali che si precipiteranno a
lodare il movimento solo quando si sarà esteso alla gran
maggioranza delle scuole superiori della provincia.

La mobilitazione vede la partecipazione di migliaia di
insegnanti iscritti o meno a un sindacato, vengono stilate
decine di mozioni di scuola, organizzate assemblee con i
genitori e gli studenti e arriva ad una manifestazione dinanzi
alla Direzione Scolastica Regionale che vede il terzo blocco
stradale. In ben otto scuole, gli insegnanti decidono, per la
prima settimana di giugno l’occupazione dell’istituto per dare
forza alla mobilitazione nonostante l’amministrazione, d’accordo
con i sindacati istituzionali, si sia affrettata, dopo il
presidio, a promettere un parziale recupero dei posti di lavoro
tagliati.

Pratica sociale

Ho brevemente ricordato queste due vicende, e molte altre se ne
potrebbero citare, al fine di dare un’idea non della struttura,
delle intenzioni, dei programmi del sindacalismo di base ma
della pratica sociale che, a volte e, a mio avviso, nei momenti
migliori, lo caratterizza. Si tratta, in altri termini, di un
sindacalismo combattivo che utilizza sovente forme d’azione non
tradizionali, che trae la sua forza non, o non principalmente,
dal numero degli iscritti ma dalla capacità d’iniziativa, di
spiazzamento rispetto alle controparti, d’elaborazione di linee
d’azione innovative.

Si tratta, inoltre, se escludiamo l’esperienza dei centri
sociali e dei luoghi occupati che raccolgono generazioni ed
esigenze diverse, del più consistente luogo di addensamento di
un’opposizione sociale capace di prendere la parola anche su
temi generali come l’opposizione alla guerra.

Questa situazione spiega un dato che un paio di anni addietro
non appariva scontato, vale a dire la tenuta e la crescita del
sindacalismo alternativo di fronte alla ripresa di combattività
della CGIL ai tempi del governo della destra. È, infatti,
innegabile che oggi la CGIL ha conquistato sui media una
visibilità che non aveva da anni, è oggetto di attacchi velenosi
da parte della destra e del padronato, vede una crescita
consistente di iscritti e di militanti. Sarebbe stato
ragionevole attendere che il sindacalismo alternativo o almeno
parte della sua base di riferimento sentisse il richiamo di una
forza molto più robusta, strutturata, radicata.

Se nulla del genere è avvenuto e se, al contrario, gruppi di
militanti e di iscritti alla CGIL non numerosissimi ma nemmeno
irrilevanti sono passati ai sindacati alternativi la ragione è
abbastanza semplice. La pratica sindacale reale e quotidiana
della CGIL non è cambiata più che tanto, il suo orizzonte
programmatico resta la concertazione e la concertazione è
pienamente operante in molte aziende ed amministrazioni
pubbliche.

Avviene, di conseguenza, che lavoratori combattivi, delusi dalla
contraddizione fra discorsi e pratica della CGIL ne escano alla
ricerca di proposte più radicali.

Naturalmente non è per nulla detto che la situazione non cambi
in peggio e che i molti limiti del sindacalismo di base non lo
portino a situazioni di crisi ma è innegabile che, per ora, non
è andata in questo senso.

Mancanza di identità

Tutto bene, dunque? Tutt’altro. Il sindacalismo alternativo
manca, a mio avviso, di un’identità forte e chiara. Gran parte
dei lavoratori che vi militano non vanno oltre un serio
programma di difesa del reddito e dei diritti dei lavoratori, vi
sono forti difficoltà ad andare oltre la dimensione categoriale
e, spesso aziendale, il livello di elaborazione generale soffre
di gravi carenze.

Mi è, a volte, capitato di partecipare o tenere con altri corsi
di formazione per i delegati e ho avuto modo di notare che vi è,
in primo luogo, una fortissima domanda di preparazione dal punto
di vista della tecnica sindacale, quell’assieme di competenze
che garantiscono il predominio degli apparati del sindacalismo
di stato.

La visibilità generale del sindacalismo di base è ancora
inadeguata e spesso i militanti conoscono male l’attività dei
loro stessi compagni di sindacato.

La riflessione generale è curata poco e male. Vi sono evidenti
rischi di derive burocratiche ed opportuniste e l’influenza
della sinistra parlamentare è tutt’altro che irrilevante.

Ritengo, però, che l’accento vada posto sulla ricchezza e
vivacità di esperienze, sulla tensione forte a costruire un
sindacato indipendente dai padroni, dal governo e dai partiti,
sulla capacità di attrarre lavoratori lontani dalla sinistra
parlamentare che trovano nel sindacato una pratica di azione e
di organizzazione che sentono adeguata.

Da un punto di vista libertario, è essenziale, in questa fase,
valorizzare l’azione diretta, l’autonomia, il rifiuto del
corporativismo e, nello stesso tempo, riprendere una riflessione
sul rapporto fra sindacato e lotta, fra organizzazione e
spontaneità, fra progettualità generale ed autonomia sociale. In
particolare, credo vada ripresa ed attualizzata la proposta
libertaria di un federalismo sindacale praticato e teorizzato
nei termini adeguati all’ordine dei problemi che stiamo
affrontando.

Cosimo Scarinzi

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da A - rivista anarchica, n. 292 estate 2003

http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/




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