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(it) Lotta di Classe n.70: No alla Guerra
From
worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date
Mon, 20 Jan 2003 08:51:10 -0500 (EST)
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NO ALLA GUERRA
La guerra contro il terrorismo, voluta dagli USA e dai suoi alleati,
iniziata in Afghanistan, si sta ora estendendo anche all'Iraq. La
volontà di estendere la guerra a più paesi si sta dimostrando sempre
più forte. Riflettere oggi sulla portata di una guerra come quella
attuale ci pone di fronte a due novità nel concetto di guerra. La
prima novità è l'idea di una guerra di lunga durata. La guerra sino
ad oggi è sempre stata vista, al di la dei suoi tempi reali, come
una guerra lampo. Una guerra che dura negli anni non apre nuovi
mercati, non conquista nuovi territori; produce una generalizzata
riduzione del benessere anche in paesi estremamente ricchi; non è
certo con un guerra infinita che il capitalismo prospera, ma che la
guerra sia di lunga durata è reso esplicito anche dall'obbiettivo
che si è data. Qui sta la seconda novità di questa guerra. Per la
prima volta in una guerra il nemico non è identificabile con un
territorio preciso. Non dimentichiamoci che anche le ultime guerre
avevano come nemico uno stato con un territorio delimitato. Oggi il
nemico è ovunque. L'identificazione del nemico con il terrorismo non
produce un univoco fronte. La guerra al terrorismo presuppone che il
nemico non sia più solo il classico nemico identificato in un altro
stato. Il nemico oggi è anche tra di noi. Il fatto di avere un
nemico interno dilata lo spazio del fronte di guerra e lo porta sino
alle nostre porte, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Queste
due novità da sole cambiano gli orizzonti della guerra caricandola
di nuovi significati. Leggere ad esempio la guerra come una guerra
imperialista USA per il petrolio e relative pipeline è certamente
riduttiva nei confronti di ciò che sta accadendo. La scelta di
identificare il nemico con il terrorismo non per esempio con
l'Afghanistan o con l'Iraq in quanto tali rende più ampio il fronte
interno della guerra. Noi tutti possiamo immaginare che cosa vuol
dire in un luogo che deve essere protetto militarmente in quanto
possibile zona di guerra. Già oggi negli USA ed in Europa assistiamo
ad un irrigidimento delle leggi antiimmigrazione; come a blitz
contro gli immigrati mussulmani, considerati contigui al terrorismo;
sia al continuo aumento di militari/sbirri e telecamere ovunque sul
territorio; senza contare il continuo limitare delle libertà, da
quelle di movimento sino a quelle sindacali. Dopo tutto chiunque si
sia opposto ad un potere spesso è stato dipinto come un terrorista.
Visti i continui allarmi antiterrorismo in tutto il mondo ricco è
facile pensare che la militarizzazione del territorio sarà sempre
maggiore. Il mondo occidentale e ricco con la guerra ha accelerato
un processo, di cui si potevano già vedere il prologo, di una
progressiva militarizzazione della società. Il continuo innalzare
muri alle frontiere non può produrre che un continuo aumento di
caserme o posti di polizia. Non è distante dalla realtà pensarci in
una caserma/Europa o nella caserma/USA. E la caserma è la gestione
cilena della società. Forse solo una gestione militare della società
può permettere oggi - a fronte del continuo aumento di povertà e
disoccupazione che la ristrutturazione sta creando anche nel mondo
occidentale e ricco - al capitale di ristrutturare la propria
capacità di produzione, Solo una chiara scelta di contrastare il
militarismo e la sua gestione rigidamente autoritaria della società.
Solo un percorso antimilitarista può fermare oggi la guerra e
mettere contemporaneamente in discussione l'involuzione autoritaria
e militarista della società e se anche con percorsi diversi troppo
uguale al fascismo.
Cesare Copeta
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