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(it) FdCA: Comunicato sulla repressione

From worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date Wed, 31 Dec 2003 15:04:23 +0100 (CET)


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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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http://ainfos.ca/index24.html
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LOTTE DI MASSA, REPRESSIONE, ANARCHISMO

Negli ultimi 3 anni i processi di concentrazione del potere economico e
politico-militare hanno segnato una vistosa accelerazione sia a livello
internazionale che di singoli Stati, marginalizzando quelle tendenze, pur
capitalisticamente compatibili, impegnate nella realizzazione di un
quadro costituito da una pluralità di poteri e da politiche
neoriformiste statuali in cui coniugare sempre più alto profitto
capitalistico con sempre più bassa protezione sociale.

Guerre imperialiste, crisi finanziarie, deregolamentazione della
cornice istituzionale e legislativa a protezione delle classi
subalterne, distruzione del tessuto solidaristico del mondo del lavoro
salariato, aggressione all’ambiente ed alla salute si abbattono
direttamente o indirettamente su popolazioni a cui viene reso sempre più
difficile poter organizzare ed esprimere forme di dissenso, di
contestazione e di lotta con cui tentare di modificare una situazione
frutto delle scelte economiche, politiche e militari di un potere che
governa sempre più in nome delle norme che autoproduce... per
governare.

La drastica riduzione ed erosione di spazi di confronto e di
negoziazione, o la loro trasformazione in finti tavoli di trattative in
cui salvaguardare le compatibilità capitalistiche, hanno svelato il truce
volto del capitalismo militarista e la patetica indisponibilità delle
tendenze neoriformiste a salvaguardare neanche i minimi interessi delle
classi subalterne.

In questa situazione si è sviluppato un grande movimento di
opposizione, internazionale e composito, che si è reso protagonista di
vaste mobilitazioni popolari, significative per la grande
partecipazione, per le evidenti potenzialità di auto-organizzazione ed
autogestione, per la capacità di confrontarsi nelle piazze con la
violenza della repressione degli apparati dello Stato.

In Italia, questi ultimi 3 anni hanno segnato la rottura definitiva di
una cornice sociale costruita nell’ ultimo decennio del XX secolo, ma
inadeguata ad affrontare lo scontro in atto. Da un lato la caduta
vertiginosa del potere d’acquisto dei salari (-9,3% per gli operai,
-11.1% per gli impiegato, -27% per i pensionati), dall’altro il
fallimento della politica dei redditi; da un lato l’arroganza padronale
nei piani aziendali (leggi mobilità e licenziamenti) e nei rinnovi
contrattuali (leggi aumenti pari all’inflazione programmata, inferiore a
quella Istat, per non parlare di quella reale!!), dall’altro il
fallimento della politica della concertazione; da un lato le continue
restrizioni dei diritti del lavoro (modifica dell’art.18 dello Statuto
dei Lavoratori, legge 30/2003, legge 83/2000 antisciopero, contratti
separati senza consultazione), dall’altro la crisi del modello di
rappresentatività imposto dai sindacati autonomitatisi maggioritari.

L’inevitabile e conseguente radicalizzazione della conflittualità nel
mondo del lavoro ha fatto quindi emergere la mai sopita capacità della
classe lavoratrice di saper riscoprire la propria autonomia di lotta e di
organizzazione, dalla Fiat ai precari, dai metalmeccanici ai
lavoratori dei trasporti. Rotta la cornice della concertazione, tornano a
contare i rapporti di forza, la capacità di lotta e di difesa degli
interessi specifici dei lavoratori, fuori da ogni gabbia
neocorporativa. Se la battaglia salariale resta dura e difficile in tante
categorie, viene pur riaperta la questione della totale
indisponibilità ed intangibilità del diritto di sciopero, che si
divincola dalla camicia di forza fatta di norme antisciopero e di
codici sindacali di autoregolamentazione.

L’intreccio delle lotte sindacali con le lotte sociali per i diritti dei
migranti, per la tutela dell’ambiente, per la pace, contro il
proibizionismo, è avvenuto in uno scenario sociale lacerato ad arte
dall’uso infamante dell’appellativo di terrorista dato a chiunque
osasse opporsi ai supremi disegni dell’esecutivo.

Non c’è stata fase dello scontro di classe in atto negli ultimi 3 anni
che non abbia visto i movimenti sociali vittime di trattamenti
preventivi di repressione ad alto effetto mediatico, con centinaia di
perquisizioni, arresti, fermi, feriti, con un evidente crescendo di
intensità da Genova 2001 in poi e dagli scioperi del 2002 in poi.

Ormai non c’è procura che non abbia il suo dossier aperto su militanti
politici o sindacalisti conflittuali. Ogni area o tendenza può contare i
suoi iscritti nel registro degli indagati, dal movimento contro la guerra
al movimento contro la globalizzazione, dalle lotte ecologiste a quelle
anti-carcerarie. Prevenzione di polizia in nome della "sicurezza del
paese", repressione di piazza in nome della "sicurezza del paese",
criminalizzazione del dissenso e delle lotte autogestite, sono gli
elementi di una strategia il cui fine è quello di intimorire movimenti di
massa potenzialmente in grado di agire sulle contraddizioni del
capitalismo fino a divenire pericolosi soprattutto per l’esistenza del
dominio capitalistico.

Visto che al capitalismo oggi non bastano più le forme di repressione più
invisibili e più "strutturali" (sanzioni disciplinari, reparti punitivi,
mobilità selvaggia, licenziamenti, impoverimento salariale,
precarizzazione diffusa...) che colpiscono direttamente la classe nel
luogo cruciale della contraddizione capitale/lavoro, allora esso usa lo
Stato come protesi repressiva armata di codici, apparati di polizia,
luoghi di reclusione per selezionare e colpire individualmente e
separatamente i trasgressori dei codici. Il reato viene agitato per
scoraggiare la mobilitazione, il "colpevole" viene mediatizzato perché
sia d’esempio di cosa possa succedere a chi lotta. Ed è proprio quando le
lotte hanno una pausa, che la repressione aumenta in intensità e si
allargano arbitrariamente le maglie della rete che imbriglia ipotetici
associati sovversivi, terroristi presunti, rinchiudendo nella patrie
galere un numero sempre maggiore di persone ed estendendo il cerchio ai
loro conoscenti.

Quando il clima sociale si surriscalda e si sprigionano forme di lotte di
massa autogestite, succede che ancora oggi come in passato, gli anarchici
ed i libertari siano tra i più colpiti e tra i più quotati nella lista
degli inquisitori e nell’immancabile teorema
giornalistico-giudiziario (vedi l’equivalenza pacchi-bomba = movimento
anarchico).

Gli anarchici vengono colpiti perché il loro essere contro il
capitalismo, l‘autoritarismo, il militarismo e le galere li espone
nettamente e diventare obiettivo degli apparati repressivi dello Stato.
Sappiamo che l’amore degli anarchici per la libertà e l’autogestione
attira la mannaia degli organi di controllo e di governo.

Siamo coscienti che il nostro agire nei movimenti sociali e la nostra
agitazione continua per la lotta di classe e la sua autonomia perturba i
meccanismi di consenso di un capitalismo sempre più nefasto e
sfruttatore. Riconosciamo che i nostri desideri, la nostra prassi, la
nostra teoria, i nostri bisogni sono radicalmente opposti ad ogni
progetto basato sullo Stato ed il capitale.

Diventiamo così oggetto di repressione preventiva e successiva, di
limitazioni della libertà, perché ci si può più facilmente prendere di
mira montando provocazioni e strumentalizzazioni (vedi la questione delle
acque minerali); ma soprattutto diventiamo scomodi e fastidiosi allo
Stato ed agli autoritari di ogni risma quando l’anarchismo si colloca
nella dimensione di massa delle lotte, rifuggendo
l’avventurismo autoreferenziale dello scontro individuale con lo Stato ed
il terrorismo lottarmatista. Quando l’anarchismo si legittima quale
componente sociale e politica autogestionaria delle lotte di massa, nelle
organizzazioni di massa pubbliche, visibile, a viso scoperto, quando si
pone come interpretazione autentica delle spinte autonome
dell’auto-organizzazione sociale, allora gli anarchici diventano
ingombranti e sacrificabili.

Ma è in questi frangenti che l’anarchismo sa esprimere il meglio delle
sue capacità organizzative, in cui spende le sue risorse migliori per
essere lievito delle lotte sociali, ritenendo che gli organismi di lotta
non abbiano passivamente bisogno di gesti esemplari, di
detonatori sociali o di scuotimento delle coscienze, bensì di
organizzazione orizzontale, antiautoritaria, di massa. E di
organizzazione politica degli anarchici, orientata e federata.

Mantenere i progetti di lotta in corso, mantenere presenza ed
appartenenza negli organismi di lotta può non essere sufficiente ad
evitare la repressione, per cui diventa necessario costruire strutture
di solidarietà e di difesa legale che sappiano raccogliere il sostegno
maggiore possibile, diventa necessario valorizzare strutture storiche del
movimento anarchico (vedi Comitato Nazionale Pro Vittime Politiche) che
possano intervenire a fianco dei comitati di difesa specifici che si
costituiscono nel territorio.

La libertà è un fatto sociale che ha bisogno di tutt* per essere
conquistata e non ha bisogno né di prigionieri, né di carcerieri, ma
dell’azione e del pensiero di individui coscienti, organizzati e
federati per realizzarla.

LIBERTA’ PER TUTT* !

NO ALLA CRIMINALIZZAZIONE DEL CONFLITTO SOCIALE !

UNITA’ DI CLASSE CONTRO LA REPRESSIONE !!


31 dicembre 2003

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

http://www.fdca.it
fdca@fdca.it





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