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(it) Umanità Nova n.41: Procreazione assistita: una legge contro le donne

From worker-a-infos-it@ainfos.ca (Flow System)
Date Tue, 16 Dec 2003 11:30:56 +0100 (CET)


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In nome del padre, del figlio e dello spirito santo

Il 3 dicembre è stata nuovamente discussa in Senato la legge sulla
procreazione medicalmente assistita. Il testo è già passato alla Camera e
sarà quasi sicuramente approvato senza alcuna modifica, grazie ad un
appoggio trasversale che vede tutti uniti: dai DS alla destra estrema.
Anche lo schieramento che voterà contro è "trasversale", dimostrando
ancora una volta come sia una legge fondata sull'etica e non sulla
scienza.
Della legge abbiamo già parlato... L'impianto iniziale non è affatto
cambiato, anzi è peggiorato.
Il Senato ha già approvato i primi articoli, tra i quali il numero 1,
quello che subito fa capire quali saranno le linee fondanti e
stabilisce i diritti del concepito. Se per legge i diritti
dell'embrione (cioè dell'ovulo fecondato) e quelli della madre sono
distinti e potrebbero essere anche contrapposti, quali dei due avrà il
prevalere sull'altro? Quale "curator ventris" si intrometterà nella pance
delle donne per difendere un diritto alla vita, che poi sarà
continuamente negato dal momento in cui vedrà la luce? Diritto a
nascere, senza poi alcuna preoccupazione di quale vita sarà possibile
dopo...

I diritti dei giovani, degli adolescenti, dei bambini sono
quotidianamente violati, ma quelli del concepito sono sacri e, aggiungo
io, anche quelli delle cliniche private, perché il ricorso alla
fecondazione sarà a pagamento.

Le donne con questa legge saranno obbligate all'impianto degli ovuli
anche se hanno avuto un ripensamento sulla loro scelta di maternità,
dovranno essere sottoposte a ripetuti bombardamenti di ormoni se il primo
impianto non riesce, perché il numero di ovuli fecondabili è ridotto solo
a tre, non potranno neppure sapere se il loro figlio è sano prima
dell'impianto, non potranno scegliere il padre del proprio figlio.

Una sequenza di articoli di legge tutti contro la donna, i cui desideri e
scelte vengono, nell'ordine, dopo quelli del marito, del medico,
dell'embrione. Una fecondazione coercitiva, pensata e voluta da uomini.
Già il nome della legge è assurdo: procreazione non è un termine
medico, è un termine religioso.

La scienza in questa legge non c'entra: solo l'etica, quella della chiesa
e dello stato che si fa chiesa, prevale. Vi è una piena
coincidenza tra ciò che è peccato per la chiesa e ciò che sarà vietato
per legge.

Eppure da sempre la prima e l'ultima parola sulla maternità è detta dalle
donne.

Nessun figlio può nascere se non è pensato, voluto, concepito da una
donna. L'intervento maschile è necessario, ma sono il corpo e la mente
della donna che accolgono e crescono suo figlio.

Di fronte a questo primato della donna i politici ed i preti dovrebbero
stare zitti e lasciar parlare chi ne sa più di loro.

Invece si impone la maternità a tutti i costi, ma senza alcuna libertà
per la madre.

Che lo stato voglia ristabilire il controllo sul corpo delle donne che
sentiva sfuggirgli dalle mani e utilizzi le parole "morale" ed "etica" a
suo piacimento è evidentissimo anche negli emendamenti alla
finanziaria che prevedono un assegno di 1.000 euro per il secondo
figlio ed un assegno di 1.500 euro per le donne che non abortiscono e,
dopo aver trasformato il proprio bambino in un orfano, lo "vendono" ad
istituti che poi lo daranno in adozione.

Sorvoliamo sul fatto che il primo assegno è previsto solo per le donne
italiane, invece il secondo anche per le donne straniere: ciò vale a dire
che le donne italiane amano di più i propri figli ed hanno diritto ad un
aiuto (o meglio un'elemosina) nel caso li tengano con sé. Alle donne
straniere, al massimo, può essere riconosciuto il "diritto" di vendere i
propri figli.

Quante volte abbiamo sentito i giornali parlare di madri indegne
(generalmente povere e spesso non italiane), incapaci di affetto, ecc,
ecc, (la retorica è disgustosa anche se solo riportata), che "vendono" i
propri figli. Quando invece la transazione è gestita dallo stato va tutto
bene: il prezzo è equo e calmierato. Già ora esiste per la donna la
possibilità di partorire un figlio e non riconoscerlo, dandolo
perciò in adozione. Riconoscere un compenso per questa cosa è
un'ulteriore umiliazione.

Ciò che conta è che la donna si ricordi sempre che il suo ruolo è fare
bambini: i figli, il marito, lo stato, la chiesa, sono più importanti del
suo corpo e dei suoi pensieri. Ad essi tutto deve essere
sacrificato.

Ma noi riaffermiamo con forza che non ci stiamo; che il mondo che
vogliamo sarà possibile solo se costruito da donne e uomini liberi: nella
mente e nel corpo.

Rosaria Polita


Da "Umanità Nova" n. 41 del 14 dicembre 2003

http://www.ecn.org/uenne/




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