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(it) Errico Malatesta e il movimento anarchico internazionale
From
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Date
Sat, 13 Dec 2003 22:54:02 +0100 (CET)
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La principale novità nel dibattito sulla figura di Errico Malatesta è la
pubblicazione del lavoro di Giampiero Berti dedicato all'anarchico
italiano. Quest'opera riempie un vuoto nella pubblicistica accademica e
di divulgazione che ha sempre sottovalutato il ruolo del principale
rivoluzionario italiano e, insieme all'anarchismo, lo ha
progressivamente eliminato dalla storiografia ufficiale. Al tempo
stesso rompe con la più diffusa storiografia di area anarchica, legata
spesso ad una rappresentazione agiografica che vede in Errico Malatesta
l'agitatore, l'uomo d'azione, protagonista di epiche lotte, più che il
teorico, il pensatore che ha contribuito ad una definizione
dell'anarchismo nei confronti dell'individualismo, del riformismo e del
sindacalismo, oltre alla critica delle tendenze autoritarie e borghesi.
Berti tiene fede all'impegno preso nella presentazione: "ricostruendo per
la prima volta in modo compiuto la sua azione e il suo pensiero, (...)
questo lavoro non riguarda solo la sua vita ma anche la storia del
movimento anarchico italiano ed internazionale". Di Malatesta viene
fornita una descrizione personale, da parte di uno studioso
evidentemente appassionato; ma questo non ne sminuisce la portata, c' è
anzi da augurarsi che ne venga fornita al più presto una nuova
edizione, magari meno frettolosa dal punto di vista editoriale. Lo studio
del pensiero e della vita di Errico Malatesta oggi non può fare a meno di
confrontarsi con il libro di Berti, che rappresenta
sicuramente una pietra miliare; in altre parole, non si può fare come se
niente fosse.
La ricostruzione di Errico Malatesta fatta da Berti è ovviamente un punto
di partenza per nuove ricerche: una, che mi sembra
particolarmente importante, è la ricostruzione del pensiero di
Malatesta che parta dalla sua evoluzione storica per darne una
rappresentazione sistematica. Già Berti assesta un
ulteriore colpo alla rappresentazione di Malatesta come uomo d'azione,
sottolineandone il ruolo nel dibattito teorico del movimento anarchico
internazionale, dalla prima formulazione del comunismo anarchico al
Congresso di Firenze-Tosi del 1876, alla ultima riflessione sul
pensiero di Pietro Kropotkin pubblicata sulla rivista "Studi Sociali" di
Montevideo nel 1931; questo lavoro ne illustra l'evoluzione storica
nell'ambito del dibattito all'interno del movimento operaio e
anarchico. Credo che un passo in avanti sia costituito dalla sua
rappresentazione sistematica, che permetta di risolverne alcune (per me)
apparenti contraddizioni.
Quale strada seguire?
Un primo passo, che allo stato delle mie conoscenze mi sembra
sottovalutato, è un'esegesi dei testi malatestiani. L'ultima ampia
raccolta è rappresentata dall'edizione degli scritti di Malatesta su
Umanità Nova e su Pensiero e Volontà; si tratta della raccolta quasi
completa degli scritti di Malatesta dopo il 1920, si tratta però di una
ristampa anastatica di un'edizione del 1935, fatta senza confronto con
gli originali a stampa né con eventuali autografi di Malatesta,
un'edizione critica di questo tipo degli scritti di Errico Malatesta non
esiste, e non so se qualcuno ci sta lavorando. Si tratta poi di
riprendere le sue argomentazioni, magari utilizzando parole chiave;
esplicitando quelle principali e quelle subordinate, quali le premesse e
quali le conclusioni, successivamente la presentazione di tali
argomentazioni dovrebbe fornire un aiuto nella ricezione e nella
comprensione della loro struttura logica.
E' evidente che l'approccio informatico è utilissimo, sia per la
disponibilità dei testi, sia per la loro edizione critica, sia per la
ricostruzione sistematica del pensiero di Malatesta: l'uso di parole
chiave, permette la ricerca e la raccolta delle definizioni; la loro
collocazione in una struttura ad albero, che appunto ne individui le
premesse, le argomentazioni e le conclusioni, facilita La
visualizzazione dei nessi interni; la formalizzazione, attraverso l'uso
di operatori simbolici, permette di individuare le apparenti
contraddizioni logiche. In un primo tempo questo lavoro può essere fatto
anche a livello militante, applicandolo alla raccolta a cui
facevo cenno, e ad argomenti legati alla prassi sociale (es. il
movimento operaio) o ad argomenti di attualità (es. la scienza). Questo
legame potrebbe permettere sia un maggior coinvolgimento, sia un
ritorno economico che permetta la prosecuzione del lavoro.
Un'altra strada è quella di stabilire da subito una gerarchia delle
fonti: la produzione di M. è estremamente differenziata e costituita in
gran parte da scritti d'occasione. All'interno di questa massa si può
lavorare ordinando i testi a seconda del contenuto (teorici,
strategici, tattici), ed enucleare anche quelle strutture comunicative
più adatte a rendere comprensibile il contenuto per coloro a cui M. si
rivolgeva. E' evidente già ad un primo approccio che esiste una
differenza tra gli scritti di Malatesta destinati ad un dibattito più
approfondito, il programma, le relazioni per i congressi internazionali e
per i congressi dell'UAI, gli scritti di divulgazione, gli articoli più o
meno di occasione; questa differenza è costituita dalla misura in cui il
pensiero dell'anarchico si esprime più liberamente, senza
vincoli contingenti.
Si pone subito il problema del Programma Anarchico e del suo ruolo nel
modello interpretativo che andiamo a costruire. Malatesta lavora
attorno ad un programma per gli anarchici fin dal Congresso
di Firenze già ricordato dell'Internazionale; questo lungo travaglio è
sintetizzato dalle premessa al Programma Anarchico stesso, dove viene
rivendicata la sua continuità con il programma della Prima
Internazionale. Il P. A. raggiunge una sistemazione definitiva al
congresso dell'UAI del 1920. Questa data è colma di significato: non solo
la principale assise anarchica del tempo adotta il programma di
Malatesta, dimostra anche che il programma redatto da Malatesta
rappresenta la sintesi di un dibattito sviluppatosi sulla base delle
esperienze di tanti militanti, della evoluzione del movimento di classe,
del fallimento della pratica elettorale ed autoritaria. Inoltre, il
dibattito svoltosi a Bologna lega il lavoro più
importante di Malatesta all'organizzazione comunista anarchica: anche se
i contenuti sono tali da essere condivisi da gran parte
dell'anarchismo, solo all'interno della tendenza comunista anarchica
organizzatrice si sono dati quei momenti formali capaci di sedimentare il
dibattito in conclusioni comuni. Infine, il Programma ha continuato ad
essere un riferimento per molti militanti perché Errico Malatesta ha
assunto un ruolo particolare di intellettuale: quello di interprete di una
riflessione collettiva.
La scelta del P. A. è indubbiamente una scelta politica prima ancora che
di indagine scientifica, almeno al livello attuale della ricerca, ma è
una scelta politica anche considerarlo uno scritto fra tanti. Dalla
riflessione sul Programma Anarchico può derivare la soluzione di alcune
contraddizioni del pensiero di Malatesta, ad esempio sulla
questione dell'unità di classe. Nel Programma si afferma che l'unione di
tutti i lavoratori è impossibile da ottenere, in numerosi articoli dello
stesso periodo Malatesta si pronuncia più o meno apertamente per l'unità
sindacale. Questa è una contraddizione, che può essere sciolta se si
pensa che nel Programma si afferma che l'unità dei lavoratori non è un
presupposto necessario della rivoluzione, mentre negli articoli a cui ho
fatto cenno, Malatesta punta ad obiettivi più
immediati: la presenza di un maggior numero di militanti anarchici nella
CGdL per sottrarla al controllo dei dirigenti riformisti,
l'alleanza delle strutture sindacali per combattere il fascismo. Si
ritorna quindi al problema della gerarchia delle fonti. In
quest'ottica, il Programma Anarchico è illuminante anche su altre
questioni. Il rapporto tra anarchia e storia, ad esempio: il Programma si
apre con il seguente concetto: "la più gran parte dei mali che
affliggono gli uomini dipende dalla cattiva organizzazione sociale".
Questo concetto indubbiamente rappresenta una situazione che è il
prodotto di un'evoluzione storica: solo ad un dato punto dello sviluppo
delle forze produttive i mali di cui soffrono gli uomini finiscono per
essere effetto di cause naturali e divengono effetto di cause sociali; è
a tale punto di sviluppo che si presenta la possibilità
dell'anarchia; è a tale opunto di sviluppo che nasce
l'esigenza di un movimento anarchico specifico. L'evoluzione storica,
sociale, che porta all'affermazione dell'anarchia era d'altra parte ben
presente a Malatesta, come liberazione dalla condizione di natura, e ne
dà conto anche il Berti nel suo libro.
L'etica è il riferimento di tutta l'azione e la riflessione di
Malatesta, ed anche il Programma Anarchico risente di questa
impostazione. L'uso di questo concetto è però difficoltoso, in quanto
nell'accezione comune rimanda ad un sistema di valori dati a priori,
quindi trascendente. L'etica per Malatesta è invece immanente alla vita
associata degli uomini: basta leggere "L'Anarchia" per comprendere come
il principio di solidarietà non esista da qualche parte
indipendentemente, ma si sia sviluppato e affermato come risultato
dell'evoluzione naturale, della lotta degli uomini per sopravvivere.
Mi sembra che il Programma Anarchico inoltre sia chiaro: è l'attuale
organizzazione della società che impedisce agli uomini di impegnarsi per
il conseguimento della felicità; occorre quindi lottare per
eliminare gli ostacoli materiali che si oppongono al raggiungimento della
felicità.
Premessa della felicità è la libertà: solo l'uomo libero può scegliere, e
quindi scegliere la via che porta all'eliminazione della sofferenza, del
male; ma la maggior parte dell'umanità non è libera, l'oppressione
economica, lo sfruttamento che i capitalisti operano grazie alla
proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio sulla massa dei
lavoratori, è la causa principale dell'abiezione morale e materiale degli
sfruttati.
L'espropriazione dei proprietari è la premessa indispensabile della
liberazione dell'individuo. L'etica quindi non è un riferimento a cui
tende l'anarchia, ma si forma di pari passo col processo di liberazione
degli uomini. Non si dà etica senza libertà, Malatesta non separa etica e
politica: la prima riguarda il comportamento del singolo, la seconda il
comportamento della collettività; ma poiché la collettività è
l'insieme dei singoli, la felicità della collettività è data dalla somma
della felicità dei singoli. Quindi l'etica presuppone un percorso di
liberazione, l'etica presuppone l'abolizione della proprietà privata e
dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; non solo, ma già oggi il
miglioramento economico delle condizioni dei lavoratori è il
presupposto della crescita morale dei lavoratori stessi. Secondo questa
interpretazione, quindi il comportamento etico dei membri della società è
il portato delle condizioni storiche concrete in cui si dà il
processo di liberazione, il comportamento etico dei lavoratori è
conseguenza delle lotte rivendicative del movimento operaio,
accompagnate dall'azione di propaganda, di agitazione e di
organizzazione svolta dall'avanguardia rivoluzionaria. L'etica è quindi
il prodotto della prassi rivoluzionaria, per questo è così importante che
i rivoluzionari adoperino mezzi coerenti con i fini, perchè sono proprio
i mezzi, il metodo, la prassi che svolge una funzione
educativa, che forma l'abitudine, l'ethos appunto.
Ho l'impressione che Berti sorvoli su questo ruolo della prassi nel
pensiero e nell'azione di Malatesta: l'azione trasformatrice della
società trasforma anche i soggetti agenti e crea quei momenti
collettivi che sono le cellule della nuova società. E' questo legame tra
società presente e società futura, la mediazione della prassi
rivoluzionaria che rende concreto il programma di Malatesta. Isolare un
etica a priori da cui far derivare la scelta anarchica, spogliare
l'anarchismo e l'anarchia da ogni legame con la realtà sociale in cui si
trova ad operare e trasformarlo in una generica aspirazione umana,
togliergli in altre parole le determinazioni concrete, lo trasformano in
un ideale astratto ed impotente. Questo mi sembra il percorso di Berti.
E' comunque il percorso del movimento anarchico dall'avvento del fascismo,
percorso che ha subito un'indubbia accelerazione dalla fine della
Seconda Guerra Mondiale. Il movimento anarchico oggi è ben lontano da
quello dei tempi di Malatesta, e questo per due ragioni: da una parte il
movimento dei lavoratori è riuscito a migliorare le condizioni di vita
degli sfruttati, cioè si è rivelato falso, nel periodo in
questione, l'affermazione basilare del Programma Anarchico secondo cui la
lotta economica sarebbe stata impotente a produrre il miglioramento delle
condizioni dei lavoratori.
L'affermazione del bolscevismo in Russia e l'esperienza della Spagna
rivoluzionaria hanno messo davanti agli anarchici la prospettiva di
un'insurrezione che sarebbe tornata a vantaggio degli agenti di Mosca, e
si sarebbe trasformata in un'altra dittatura sanguinaria sulle spalle dei
lavoratori. Emarginati dal movimento dei lavoratori, abbandonato il
terreno di lotta politica specifica, il movimento anarchico dopo la
seconda guerra mondiale si è rinchiuso in sé stesso a distillare la
quintessenza dell'anarchia. Di questo percorso storico indubbiamente
Berti è uno dei rappresentanti più autorevoli. Ma tutto questo sta
cambiando: le condizioni degli sfruttati continuano a peggiorare, ed è il
governo il principale artefice di questo peggioramento, il pericolo di
uno sbocco autoritario di una insurrezione liberatrice sembra quanto meno
molto attenuato. L'anarchismo può riprendere il proprio cammino,
collegando lotta economica e lotta di trasformazione sociale, tornando ad
essere sé stesso: tendenza libertaria del movimento degli sfruttati.
Tiziano Antonelli
[Il testo è stato presentato come relazione al Convegno a 150 anni dalla
nascita di Errico Malatesta che si è svolto a Napoli il 5, 6 e 7 dicembre
2003. http://www.ecn.org/contropotere/convegno/ ]
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