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(it) Lotta di Classe n.73: Il delirio della ragione

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Date Tue, 29 Apr 2003 11:14:31 +0200 (CEST)


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Da "Lotta di Classe" April 2003

IL DELIRIO DELLA RAGIONE

Ne abbiamo dette e scritte tante.

Abbiamo gridato (inutilmente?) per avvertire le coscienze di un
pericolo incombente.

Ma la guerra è arrivata comunque. Da Belgrado, all’Afghanistan,
all’Iraq. Pronta ad espandersi come un cancro e contaminare il
mondo.

Un tatuaggio di indelebili inganni morali. Una guerra per il
petrolio e per i ‘corridoi’ venduta come guerra umanitaria. Un
‘mercato’ di finta democrazia che lascia alle spalle centinaia
di cadaveri e case distrutte. Una guerra che affama a asseta più
un milione di persone. Una guerra di occupazione mistificata da
guerra di liberazione.

Il 20 marzo 2003 è stata girata una pagina della storia e tale
data rimarrà come un marchio infame nella coscienza collettiva.
Si è rotto il vaso di Pandora e le fragili regole
dell’equilibrio internazionale tra gli stati non esercitano più
quella lieve pressione deterrente che faceva sperare in qualche
istituzionale volontà di non cadere negli antichi errori delle
guerre globali, mondiali, devastanti.

L’avvento del nucleare ed il silenzio terrificante che seguì
Nagasaki ed Hiroshima sembravano aver placato in parte il
delirio dell’uomo e delle armi. Dal 20 marzo 2003 sappiamo, con
certezza, che non è più così. Sappiamo che si riprende a giocare
senza limiti, incuranti delle conseguenze sull’ umanità con
l’utilizzo delle moderne tecnologie (BNC: biologiche, nucleari,
chimiche). Sappiamo che c’è la volontà di ridisegnare le mappe
del pianeta e di dominarlo con la nuova colonizzazione dei
padroni del mondo.

La sensazione è che stia emergendo un modello (a)culturale che
oltrepassa i limiti del comprensibile, Una percezione da me
provata solamente quando ho cercato di approfondire
l’inquietante fenomeno del nazismo. Il delirio del Fuhrer che
diveniva delirio della folla. Delirio collettivo. Delirio di
popolo.

Una volta ascoltai alla televisione la testimonianza di un
impiegata tedesca allineata a suo tempo passivamente al regime
Hitleriano. Disse, col senno di poi, pacatamente - ed era la
verità - che pur percependo dentro di se un vago sentore di
ripulsa al regime non ne era pienamente consapevole, perché
l’immagine diffusa dal regime produceva una sensazione di
potenza, di identità, di appartenenza e di benessere che
oscurava i segnali del cuore. Eppure, lieve come un soffio,
alitava tra la gente il sospetto che, nel ’38-‘39 ci fosse uno
sterminio in atto (quello dei malati psichici dati per morti
all’improvviso ed i cui cadaveri scomparivano - lo si scoprì poi
- nelle camere a gas). Ma la sua mente, come forse quella di
molti altri, non riusciva a discernere la verità.

Così è oggi. La forte propaganda di regime mondiale sembra
confondere le menti dei più. Li induce a credere che la guerra
sia una guerra di liberazione anche se l’Iraq non è stato
occupato da nessuno altri che dalle forze anglo-americane.
Induce a credere che i governanti, oggi, possiedano quel senso
della misura che non ebbero per Hiroshima (a conflitto
concluso!). Induce a credere che la guerra, ora, sia finita, ma
dagli Stati Uniti stanno arrivando al Golfo persico le terribili
bombe MOAB (900 tonnellate) che hanno la stessa capacità
devastante di quelle nucleari del ’45 mentre i tamburi rullano
orientati verso la Siria e poi l’Iran e poi l’Egitto...

Induce a rifiutarsi di immaginare che cosa proveremmo se
improvvisamente, i nostri bambini, i nostri amici, i nostri
parenti (o noi stessi) venissero squarciati dai terribili
proiettili, perché il processo di identificazione si consuma
dalla parte dei vincitori e non dalla parte dei più deboli.
Perché è la cultura del potere quella annidata nelle coscienze.
Bravo e giusto è colui che vince. Non importa come, con quali
mezzi e con quali modi. La vittoria regala la ragione delle cose
e non la ragione delle cose conduce alla vittoria. Chi vince ha
ragione. Non vince perché ha ragione. La guerra è un
luogo-evento in cui non vi sono più regole se non la forza che
rappresenta il picco massimo della deregulation della morale. E’
questo il prototipo generalizzato nelle tenebrose società
occidentali. Lo vediamo nel mondo quotidiano del lavoro, della
scuola, del tempo libero, nel rapporto con l’altro e, a volte,
tra le pareti domestiche. L’educazione autoritaria e deregolata
dell’infanzia si allarga a dismisura abbassando la soglia di
imputabilità sostituendo con il castigo l’ educazione o
rieducazione ragionata, unica - invece - risorsa possibile che
può attuare una relazione di pari dignità, pur tra le
differenze, tra l’adulto ed il bambino.

Contemporaneamente migliaia di bambini nel mondo - ‘civile’
occidente compreso - vengono sventrati dalla guerra, violentati
dai pedofili, torturati ed ammazzati dai parafilici, venduti ed
espiantati pezzo a pezzo. Contro di ciò non viene fatto nulla.
Perché è il mondo degli adulti il vero colpevole. L’ autentica
educazione nasce nel cuore degli uomini, nella loro coerenza ed
onestà. Nell’etica di cui sono portatori. Quando tutto questo
manca è diabolico pretendere da altri ciò che non si possiede.
Così l’occidente non ha nessuna ‘democrazia migliore possibile’
da esportare, ma solo follia da Jack lo Squartatore.

Oggi infatti il pianeta sembra collocarsi all’interno di un
delirio psicotico di estrema gravità.

Tale mi sembra la carta di intenti del presidente americano
pubblicata dopo il tragico evento delle torri gemelle, che,
guidando un intero popolo ed un intero mondo all'interno di una
esaltazione collettiva di onnipotenza, portatrice di verità (?)
e di giustizia (?) assolute, ci trascina dentro l’orrore di una
guerra senza limiti né di spazio né di tempo.

Molte parole inutili ammorbano i dibattiti e poco o nulla ci si
sofferma sull’unico valore che può far riflettere: la vita
umana. Particolarmente quella dei bimbi sacrificata alle tavole
liturgiche della politica e del denaro. Nessuna cosa al mondo
può essere barattata con la vita di un bambino. E' un postulato
intrinseco alla coscienza che può essere solo ascoltato, poiché
appartiene alla categoria morale del sentimento e non della
gelida ragione. La sua negazione infatti conduce al delirio, dal
momento che analizzare la guerra esclusivamente da altri
presupposti cosiddetti razionali - la ragion politica, lo stato,
il petrolio, il denaro - fabbrica costrutti errati in quanto
errate sono le basi su cui poggiano. Mentre invece ragione e
cuore dovrebbero camminare assieme, abbracciati da un vincolo
nodale ed inscioglibile.

Glissare con la coscienza sulla guerra, come fanno i governanti
(ed anche certi pacifisti che nel mentre espongono le bandiere
arcobaleno, dissertano sulla sua inevitabile ragion d’essere se
solo ci fosse l’ONU e, a volte, anche se non ci fosse) significa
glissare con la vita (soprattutto degli altri), perché fissare
regole su una non-regola - la forza - è un paradosso
schizofrenico.

Difficile immaginarsi il che fare. Anche perché, lentamente e
inesorabilmente, si riducono progressivamente gli spazi di
libera opinione. Ai dibattiti televisivi assistiamo all’
utilizzo di sistemi di ristrutturazione del pensiero verso
coloro che non sono schierati con il giudizio dominante.
Ossessivamente vengono pretese dichiarazioni di dissociazione da
Saddam e dall’antiamericanismo, senza permettere altre opinioni
aggiunte ad integrazione. Molti si sbracciano spontaneamente a
queste ‘assertività’, altri si sbriciolano subito dopo. Pochi
resistono. (saranno sottoposti a revisione la volta successiva.)
E tutti coloro che capitolano, cedono, in qualche modo, pezzi di
opinione per cui, alla prossima puntata, saranno pronti ad
abbandonarne altre. Tutto questo produce uno smottamento
pericoloso che si sposta sempre più sulle posizioni
dell’avversario.

E’ cosi che oggi agisce la destra. Distrugge ed occupa gli spazi
liberati. E, poiché tale rappresentazione si consuma attraverso
i media, la nuova weltanschaung (concezione del mondo) sposta
l’asse dell’opinione pubblica verso il pensiero più che unico.
Facile gioco del resto con quelli della sinistra in pezzi
poiché, essendo vissuti su un costrutto fatto più di inganni che
di verità, sono comodi bersagli di questi intrugli mass
mediatici. Non è un caso che da tempo la loro ideologia puzzi di
disumano liberismo selvaggio che poco o nulla si discosta da
quello ufficiale.

Ed è, tutto questo, una gran brutta faccenda, perché non vi sono
leggi o norme che impediscano la libertà di opinione bensì è in
atto un gioco tecnico-intellettuale di raffinata persuasione che
fa sì che ci si possa sentire sempre più in profondo disagio ad
andar contro corrente. Come quando brucia una bandiera americana
ed il monito colpevolizzante non viene solo dalle istituzioni ma
anche dai compagni di strada. Gran brutta faccenda, talché si
tratta, in fondo, solo di un volgare reato di opinione che
perfino i leghisti vorrebbero depennare.

Si è rotto il vaso di Pandora, è vero. E la sensazione che si
avvita dentro l’animo assomiglia all’approssimarsi di uno scacco
senza fine. Ma non bisogna dimenticare che da quella catastrofe
mitologica si salvò la speranza, il sentimento dei sentimenti,
che è, da sola, in grado di formattare il delirio e rigenerare
le ragioni del cuore.

Mariella Caressa

http://www.lottadiclasse.it/




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