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(it) Umanità Nova n.14: Un massacro infinito nome di dio, del profitto, del dominio

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Date Tue, 15 Apr 2003 19:45:44 +0200 (CEST)


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Da "Umanità Nova" n. 14 del 13 aprile 2003

Un massacro infinito nome di dio, del profitto, del dominio
Noi, senza dio, stati, eserciti...


Siamo alla terza settimana di guerra lampo. La coalizione
militare più potente del mondo, ancorché a un passo dalla
vittoria (come vanno raccontando fin dal primo giorno) resta
insabbiata nelle periferie e nei deserti iracheni. Questa guerra
chirurgica deve avere usato ferri infetti, e infatti il bubbone
rischia di diventare un'infezione non più controllabile.

Il dio degli eserciti, che sia Geova o Allah, manda i suoi
figli, indifferentemente, a uccidere e morire. Come sempre la
religione puntella il potere e ne giustifica le infamie. E non
importa se sia evocata da bocche blasfeme: il compassionevole
Bush si specchia nel pio Saddam, dio è con noi, dio lo vuole e
ci porterà alla vittoria, allah akhbar! Manca solo che Blair si
faccia il segno della croce alla Camera dei Comuni, commosso
dalle sofferenze dei civili iracheni. Comunque le zie suore di
Berlusconi non elemosineranno le loro preghiere. Avanti così!

Con un colpo di teatro il lupo mannaro si materializza nelle
strade di Baghdad circondato da una folla plaudente, e un
bambino terrorizzato viene innalzato sopra le canne dei
kalashnikov dei miliziani. Quanti duci, di popoli o di fedeli,
hanno già recitato questa tragica buffonata? E anche il
Presidente fa il suo bagno di folla, fra i marine, tutti
sull'attenti e vestiti della festa, impazienti di dare il loro
contributo di morte e distruzione. Il rito del sangue, l'urlo
belluino della foresta risuonano in sintonia nella "barbara"
Mesopotamia e nella "civilissima" America.

E la nostra sinistra, di lotta e di governo, non sa far altro
che interrogarsi su quanto debba essere lunga questa guerra.
Discussioni accademiche per conquistare visibilità. Una
settimana, un mese, un anno? Intelligente! Attanagliata dalla
paura che una qualsiasi Fallaci la giudichi antiamericana (ma
cos'è, un delitto?), si chiede quanto questa guerra sia
legittima, quanto sopportabile, quanto sostenibile. Gli ex
"strateghi" dei bombardamenti su Belgrado si trovano spiazzati
dalla sicurezza con la quale il campo avverso ha fatto la sua
scelta. C'è sempre da imparare.

E il ragionier Morte continua il suo lavoro. Tot le bombe
sganciate, tot i missili, i palazzi distrutti, i ponti, le
strade, le vittime civili, le famiglie sterminate, i bambini
mutilati. E mille, e mille, e mille gli iracheni morti
ammazzati. E due vittime americane, poveri ragazzi, ma solo quei
due! Folle di prigionieri arabi imbavagliati, legati,
incappucciati, inginocchiati; la soldatessa Jessica sottratta
alla ferocia del nemico... in un letto di ospedale. E l'apertura
dei telegiornali. Ma andassero a cagare!

Il lavorio diplomatico ha ripreso consistenza. Al Palazzo di
Vetro, a Bruxelles, a Washington, Mosca, Pechino, si agitano,
trafelati, i demiurghi della politica mondiale. Per fermare la
guerra, per farla finita prima che sia troppo tardi? Non
scherziamo, suvvia. Il problema è rimettere in discussione i
programmi della ricostruzione, ridistribuire quote di mercato,
ridefinire le priorità economiche e politiche. Sulle spoglie di
un popolo che, nonostante tutto, sta ancora combattendo con
coraggio, si accapigliano avvoltoi in completo grigio, appena
scesi dai trespoli delle loro scrivanie. Ed è già pronto il
governo ombra. Anzi, i governi ombra. Del Pentagono, della Cia,
quello preferito da Powell, quello gradito a Cheney e Rumsfeld.
Tutti comunque, nonostante le sfumature, al soldo degli
interessi petroliferi ed energetici delle multinazionali, per i
quali, non stanchiamoci di ripeterlo, si combatte questa guerra.
E di quello che potrebbe avere da dire il popolo iracheno? È
questa la grande lezione dell'Occidente?

Da questa guerra, come da tutte le guerre, vien fuori il peggio.
Il peggio di quello che può esprimere l'umanità. Secoli di
filosofia, di cultura, di scienza della politica e delle
relazioni, di ricerche tecnologiche e sperimentazioni sociali,
tutto viene ricondotto alla violenza e alla forza. E il potere
di turno, sulla punte delle spade o dei proiettili all'uranio
impoverito, impone, come sempre, le sue "ragioni". Quelle che
abbiamo sempre combattuto. E che non ci stancheremo mai di
combattere.

Massimo Ortalli

http://www.ecn.org/uenne/




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