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(it) Infoxoa 014 l'estate è calda...?

From "infoxoa" <info@infoxoa.org>
Date Mon, 2 Jul 2001 15:26:59 -0400 (EDT)


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      A - I N F O S  N E W S  S E R V I C E
            http://www.ainfos.ca/
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Il linguaggio non è solo un mezzo espressivo.
E' un modo per trovare il mondo, raccontare il mondo, inventare il mondo.

E' uscito il nuovo numero di Infoxoa rivista e zona di quotidiano movimento.
Un numero che vi accompagnerà per tutta l'estate ed oltre....
Infoxoa rivista senza pubblicità, autoprodotta, per riconquistare autonomia e
diffondere liberazione...

Infoxoa 014 l'editoriale

Sovvertire i linguaggi nella fabbrica diffusa

Società ostaggio e prede della loro trasformazione, movimenti sociali che si
riflettono nei loro cambiamenti, tutto cambia e quando succede una cosa ne
succede sempre anche un'altra.
Dal giorno in cui abbiamo cominciato a porci la questione dell'incognita che
muove la complessità, la nostra affezionata X,  con l'invito allo 
studio, all'analisi, all'indagine sia della trasformazione sociale che della
trasformazione dei movimenti; abbiamo attraversato  diversi campi, spesso
incolti che piano piano sono quasi saturi. Parliamo della questione delle
biotecnologie che sembrava fossero cose dell'altro mondo e che finalmente oggi
sono spazio e terreno di intervento, forse affrontate con superficialità, ma
sono nell'agenda. Così come il nodo della trasformazione del lavoro, dalla fine
del fordismo e della catena di montaggio,  alla fabbrica diffusa, alla catena
di montaggio che si fa società: postfordismo.
Quando abbiamo dato vita a questa esperienza di rivista come strumento e spazio
di attraversamento delle incognite in movimento che scelgono il loro nemico,
davamo all'incognita un significato molto importante. 
L'incognita nella società del controllo è qualcosa che sfugge, cerca di non
farsi catalogare, né individuare, ha una natura mobile, non statica, perché
soggetto politico in movimento. Oggi le incognite che viviamo e che tentiamo di
capire sono ancora più profonde. C'è una privatizzazione reale della società, a
partire dal potere sempre più incontrastato dell'economia sulla politica, a
partire dal fatto che il Fondo Monetario Internazionale e le multinazionali
comandano il mondo controllando le scelte economiche, quindi anche politiche e
sociali dei singoli paesi. Questa privatizzazione è resa pubblica nei grandi
convegni come il G8 per esempio, che non è un organo istituzionale, come può
essere l'ONU, ma si pone  autoeleggendosi, a capo del pianeta intero. Il G8 è
un' associazione privata di 8 paesi, quelli più ricchi che decidono cosa e come
deve vivere il pianeta intero, scavalcando anche organismi come l'ONU, che
quantomeno fanno la somma dei governi di tutto il mondo. Una privatizzazione
quindi, che però pervade tutte le condizioni del fare economia e anche del fare
politica. Una privatizzazione, anche degli individui però. Tutto sembra ridursi
all'interno di una sfera sempre più privata, dai governi, dall'economia, dalla
politica, fin dentro i movimenti.
Forse è questo uno dei motivi per cui la comunicazione orizzontale, la nascita
di linguaggi nuovi e comuni, nonché comunicanti, pare venire meno, o almeno
riscontra enormi difficoltà. Ci pare che i sentimenti in questa società, ma
anche nei movimenti e quindi nei luoghi in cui questa società viene discussa e
combattuta, siano divenuti risentimento. Ci sembra di vedere la rabbia
necessaria al conflitto, il sentimento di trasformazione e di critica radicale,
che prende le sembianze abbrutite dell'emozione che nega se stessa. Come se
accerchiati fendessimo l'aria alla ricerca di tutto ciò che ci si muove intorno
per colpirlo. Negli ultimi due numeri abbiamo tentato di affrontare temi come
lo spaesamento e il delirio, proprio perché leggevamo comportamenti di
desolidarizzazione, cioè di una rottura di comunicazione a partire dalla
solidarietà, non solo militante, ma sopratutto umana. La precarietà che questa
società ha diffuso, non è solo legata alla precarietà del lavoro, anche se il
nodo nevralgico continua ad essere quello, ovvero la questione del lavoro. In
fondo la liberazione e Marx su questo punto, malgrado tutto e tutti non è stato
smentito, è la liberazione dal lavoro alienato, salariato, sfruttato. Ma
parliamo di una precarietà che ha cominciato ad attraversare le anime, i
sentimenti, i comportamenti. Si sente nell'aria di questo nuovo millennio, al
contrario delle possibili utopie, un senso di apocalitticità. Il qui ed ora,
nato e noto per demolire l'idea di un sol dell'avvenire che si faceva non solo
sempre più lontano, ma che non garantiva una libertà immediata e quindi una
rimessa in discussione permanente dello Stato delle cose presenti, sembra
divenuto un qui ed ora da consumare, come se i passaggi politici, le strategie,
non fossero parte del qui ed ora. Come se i mezzi non fossero corrispondenti ai
fini. La precarietà della vita quindi ci ha riportato tutt@ ad essere delle
individualità, in cui la velocità di produzione di questa fabbrica infinita,
che ha pervaso anche la nostra socialità inquinandola, pare non permetterci più
di essere disponibili. Non solo al confronto, alla critica, all'analisi, alle
scelte comuni, ma anche e sopratutto disponibili con coloro con i quali
dividiamo aneliti di respiro, con cui cospiriamo. Nell'era della comunicazione,
è proprio questo aspetto fondamentale della vita ad essere stato attaccato
fortemente e subito dal potere. Così si è resa la comunicazione tra i soggetti
frammentata ma produttiva, non solidarizzante ma opportunista, e spesso la
comunicazione tra soggetti, sopratutto politici, è divenuta monologo, appunto
"individualismo". Tanto che siamo continuamente produttori grazie alle nostre
comunicazioni, grazie alla cooperazione tra soggetti diffusi nella società,
grazie alla produzione di senso, ma non siamo altrettanto comunicativi,
produttivi di socialità altra, quindi di soggetti solidali tra loro.
La precarietà della nostra vita, in tutti i suoi aspetti, compresa la
precarietà dei rapporti umani, fa il paio con la frammentazione. Una
comunicazione tra soggetti frammentati, che producono una frammentazione di
comunicazione e quindi di atteggiamenti tutti relegati sempre di più a logiche
tribali, in cui come vortici, i rapporti politici, quindi anche umani, si
chiudono sempre di più tornando all' individuo dopo aver fatto giri viziosi tra
società, comunità, piccola comunità, cerchia, coppia, individualità.
Anche in questo caso quindi, così come la comunicazione messa al lavoro poteva
e può essere sovvertita in comunicazione messa al lavoro politico, la
frammentazione poteva e può essere un elemento positivo. La frammentazione se
agisce a rete (la famosa X che si mette in movimento e diviene connesione e
multiplo), quindi connessa, quindi comunicante, quindi dispiegata, può essere
elemento non solo di sovversione, ma di nuovi rapporti sociali, di rottura di
schematismi e di schieramenti, di avanguardismi e individualizzazioni. Se la
fabbrica è diffusa noi siamo gli operai di questa fabbrica diffusa e nel nostro
pezzo della catena di montaggio  possiamo e dobbiamo sabotare la macchina, ma
mentre lo facciamo dobbiamo cercare, grazie alla nostra capacità di essere in
movimento, nomadi tra i reparti della fabbrica diffusa, cercare altri operai
della fabbrica che stanno sabotando il loro pezzo di catena; con loro dobbiamo
condividere per cospirare (quando la X diventa moltiplicatore).
Quantomeno per ridefinire il dispiegamento del potere, anche lui frammentato e
dispiegato.

Per questo crediamo che questa sia l'epoca della comprensione, della ricerca
comune di linguaggi comuni, in cui sia possibile "capirci al volo", perché "al
volo" oggi significa ancora più velocemente di quanto facessimo prima.

Per questo continuiamo con il lavoro della rivista, anzi zona di quotidiano
movimento. C'è bisogno di preparazione, di riappropriazione culturale, di
sganciarsi dai meccanismi che possono minare i concetti base dei sabotatori.
La comprensione è fatta non solo di soggetti politici che ritrovano linguaggi
comunicanti, ma è fatta di ricerca e analisi della società, nella società; di
ricerca e analisi in grado di individuare quando il germe di liberazione
produce virus liberatori o quando invece il germe del dominatore produce virus
che ci uccidono, ci inquinano, ci rendono utili al meccanismo generale di
dominio.

I movimenti femministi, tra le altre cose, posero l'attenzione sulla critica
radicale dei propri comportamenti, non come una autoanalisi psicologica, ma in
quanto fattore costituente della politica, in cui si rende possibile
l'individuazione del germe che il dominio ha creato in noi, rendendoci utili
per la  sua riproduzione, malgrado ci professiamo,
volontari\militanti\attivisti\ soggetti protagonisti della trasformazione. Ecco
allora che si torna a parlare con forza dei propri comportamenti, della propria
vita perché qui è in gioco la nostra vita.
Ecco allora che la flessibilità diviene strumento di liberazione dalla catena
di montaggio se accompagnata da una battaglia sul reddito di cittadinanza, o di
esistenza.
Ecco allora che la precarietà ci spinge a rafforzare i concetti e le pratiche
di mutua solidarietà, di attivazione di società diverse, che da subito vogliono
vivere a partire dai loro strumenti, dai loro spazi, dai loro territori.
Ecco allora che la frammentazione diviene pensiero a rete, connesso, senza
centri di dominio; ecco allora che forse la vecchia frase "le diversità sono
ricchezze" comincia ad essere pratica diffusa, reale, in grado di disegnare
nuovi scenari, come un puzzle.
Noi, dal nostro canto, come rivista, anzi zona di quotidiano movimento,
continueremo a muoverci, ad agitarci per non essere agitati, certi però che il
lavoro da fare è molto, perché molta aria inquinata è entrata nei nostri
polmoni.
Individuarla, combatterla e tornare a respirare aria pulita chiede tempo,
pazienza, spazi e strumenti in grado di farlo. Possiamo però ripartire dalla
definitiva rottura della tecnicità della politica e della vita, riappropriarci
dell'analisi, del desiderio, dell'utopia e della comunicazione. Possiamo
intanto tornare a raccontarci.
In questo numero, cosi come negli altri, tentiamo di farlo, non senza però aver
salutato con una certa attenzione la nascita di una nuova rivista nel variegato
mondo delle autoproduzioni, del movimento di trasformazione dello stato delle
cose presenti.

"Project, Reti Territori Movimenti", rivista che nasce a Milano e che troverete
più avanti nel corso di queste pagine nella sua breve presentazione, ci riempie
di gioia. Ci aspettiamo che nascano altri strumenti di analisi e comunicazione
trasversale in grado di farci mangiare del sano cibo per la mente. E sotto
questo punto di vista qualcosa si é mosso, a partire dal numero scorso della
rivista "Posse" dedicato all'inchiesta metropolitana o a libri come "Nologo" di
Naomi Klein...ma sopratutto alla voglia che leggiamo, di numerosi soggetti di
rimettersi in cammino, e quindi di mettere anche nero su bianco, idee,
proposte, comunicazioni, analisi, desideri.
In questo numero di Infoxoa, che vede ampliate le proprie pagine, abbiamo
attraversato alcune zone di quotidiano movimento...

Numero 014

...Dagli attivisti in rete, sabotatori della società dello spettacolo, alle
attidutini hacker..l'arte di fare network come il presupposto dell'hacktivism,
ovvero dell'attivismo digitale.
Abbiamo voluto riprendere e rilanciare un dibattito che si era come congelato,
quello su centri sociali ed autogestione, tra chiacchierate con compagni che
non hanno vissuto questa esperienze perché obbligati altrove, evitando di fare
la storia di 15 anni di centri sociali, ma dibattendo su alcuni temi a partire
dai csoa. Un po' di storia però abbiamo tentato di farla sulla parola
autogestione nel corso di questo secolo. Si perché spesso questo termine ha
vissuto di diverse interpretazioni a volte snaturando anche il concetto con il
quale é nato, passando da autogoverno a autodeterminazione.
Abbiamo continuato il giro e abbiamo riaperto una finestra, come avevamo già
fatto in numeri precedenti, su esperienze di autogestione che vivono fuori i
confini metropolitani.

Ci siamo ancora posti la questione della riappropriazione dello spazio, come un
centro sociale, e la riappropriazione del tempo, a partire dalla questione del
reddito. Ma non basta, da oltre frontiera scopriamo l'esperienza di un centro
sociale a Berna nella Svizzera tedesca e sempre da oltre frontiera, questa
volta dalla Spagna, il manifesto ed il documento del Denaro Gratis, e a
seguire, curata da "Macchine Territori, Precariato, Non Lavoro", una intervista
alla 99 posse su musica mercato e precariato, stesso tema posto ad altri
artisti, grafici, fummettisti, pittori, ma anche materiali su come si è
modificato il compito di lavoro e quindi anche i rapporti di lavoro e di forza
di un... postino.
Ampio spazio alla nascita dei Cobas confederazione Nazionale, che sicuramente
per questo 2001 segnano un passaggio importante nelle dinamiche anche di
scontro tra lavoratori e padronato e di ipotesi di autorganizzazione sociale.
Sempre da "Macchine Territori Precariato Non Lavoro", una interessante e
speriamo utile cartografia del lavoro atipico, utile anche per via delle leggi
menzionate, una sorta di piccolo vademecum da usare, anche per la conoscenza di
alcuni diritti di lavoratore precario, che ormai possiamo dirlo è divenuto un
soggetto sociale e politico.
Ma i territori, i luoghi, gli spazi metropolitani sono tanti e noi vogliamo
continuare nei nostri viaggi, cosi anche su questo numero continua la ricerca e
la connessione con chi si occupa, ed occupa, curve di stadi. In questo numero
tre articoli curati dal CSA Icaro di Terni, dalla storia dei Freak Brothers
della Ternana, a un modo di fare conricerca e indagine controinformativa su
alcuni fatti accaduti a Terni, infine la presentazione di un raduno
internazionale antirazzista lanciato proprio dai gruppi ultrà, in testa Working
Class e Freak Brothers della Ternana e dallo stesso Centro sociale.
Su questo numero anche un documento su reddito di cittadinanza e salario per i
disoccupati, le differenze, le possibilità di un intervento politico fattuale,
le ricadute politiche e sociali, un intervento congiunto firmato da Macchine e
da Infoxoa. Ed una breve presentazione del libro NOLOGO di Naomi Klein durante
la sua venuta al CSOA Corto Circuito di Roma.
Ma ancora, anche su questo numero non lasciamo il tema delle scienze e dei
nuovi domini, in questo caso il ruolo delle riviste scientifiche e quindi il
controllo sull'informazione scientifica, la storia di scienziati nazisti e il
ruolo dell'IBM nell'olocausto a partire dalla lettura di alcuni libri sul tema,
e a seguire, le nuove frontiere del controllo sociale  e della proprietà
intellettuale, a partire dalla questione della genetica e del genoismo, come
nuovo spazio da conquistare per la new-new economy.

Terminiamo questo numero con un saluto, un abbraccio particolare ad un compagno
che è scomparso alla vigilia del 25 aprile 2001. Un partigiano, fuoriuscito dal
PCI e entrato a pieno titolo e pieno merito nelle esperienze dei movimenti
degli anni 60 e 70, a partire dall'Autonomia Operaia romana per passare in un
po' tutti i centri sociali durante questi ultimi anni. Con un ricordo a Franco
Bartolini che ci ha lasciato una eredità importante da non perdere chiudiamo
questo numero, ed essendo il numero che vi accompagnerà per tutta l'estate, vi
consigliamo di leggerlo, di copiarlo, di diffonderlo, di regalarlo, ma anche di
scriverci, di proporvi, di riappropriarvi di uno strumento, di questo
quotidiano movimento di trasformazione dello stato di cose presenti.

Infoxoa, giugno 2001


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