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(it) Unione Comunisti Anarchici D'Italia UCADI: Newsletter #144 - I POLITICI NEL GOVERNO
Date
Sat, 27 Mar 2021 10:51:22 +0300
Il sistema Emilia Romagna: i ferraresi ---- Ben due Ministri del Governo del
nuovo vate vengono da Ferrara: Franceschini e Bianchi. Viene da chiedersi come
faccia un Partito il cui gradimento in una città è in caduta libera, tanto che il
Comune è in mano alla Lega, ad esprimere ben due Ministri. Per cercare di capirlo
occorre riflettere - sia pure per larghe linee - sulla struttura del PD
emiliano-romagnolo e sul radicamento storico di questo partito nella Regione e
sulla sua struttura di potere a livello regionale. ---- Le basi storiche del PCI
in Emilia Romagna ---- Fin dalla sua fondazione il Partito Comunista ha avuto un
forte radicamento in Emilia Romagna. Nei territori della Regione traeva linfa da
un Partito Socialista ben presente e erede delle lotte contadine, paradossalmente
di quelle stesse lotte che Gramsci si ostinava a snobbare, considerando le masse
contadine prevalentemente cattoliche e rappresentate dal Vaticano e dal Partito
Popolare. Basta leggere a riguardo gli articoli di Cesare Seassaro su "L'Ordine
Nuovo" e moltiegli editoriali ispirati da Gramsci per rendersene conto[1]. Ciò
malgrado contadini e operai portarono un grande contributo di lotte e di
militanza nel Partito Comunista che si concretizzò nelle lotte partigiane. Benché
le formazioni che operarono nella Resistenza avessero anche nella Regione una
folta presenza libertaria e anarchica, ma anche socialista e repubblicana, non vi
è dubbio che il Partito rifondato da Togliatti seppe diventare egemone nella
Regione più per le incapacità delle altre formazioni politiche che per meriti propri.
Grazie al ruolo svolto da ottimi amministratori locali che seppero diventare
sindaci amati e benvoluti e guidare la ricostruzione, il Partito si radicò
profondamente nella Regione, identificandosi con il suo tessuto economico. Prese
infatti il controllo del cooperativismo ricostruito, ed anzi lo promosse, infeudò
le isole operaie pur presenti nel territorio. Si ricordano figure storiche note
per il buon governo come Giuseppe Dozza e
Guido Fanti a Bologna, Cesare Ciampoli e Renzo Bonazzi a Reggio Emilia, Alfeo
Curasoni e Robes Trivia a Modena, Gino Gatta a Ravenna, Giovanni Buzzoni e Werter
Curti a Ferrara. In queste due ultime città il PCI dovette spartire la gestione
del Comune con i Repubblicani e si vide sottratta dalla Democrazia Cristiana la
rappresentanza della città di Piacenza, già nel 1950, perché la sua struttura
economica era diversa e protesa
verso la Lombardia e perché la città sapeva della "accidentale" scomparsa di
Emilio Canzi, capo delle formazioni partigiane di orientamento libertario, vista
di buon occhio dal Partito e non perdonava.
Fondandosi sulla buona amministrazione di quegli anni il Partito si è ben
radicato sul territorio, al punto da poter esprimere fin dalla sua nascita, nel
1970, il Presidente della Regione. È da allora che è iniziata una rotazione che
rifletteva la prevalenza della componente del Partito che deteneva "il controllo
"della Regione. Si è perciò iniziato con Fanti, che proveniva dalla prestigiosa
gestione del Comune di Bologna, per passare lo scettro ai ravennati, con Sergio
Cavina, al quale successero i modenesi Lanfranco Turci e Luciano Guerzoni.
Quando il Partito Comunista Italiano si sciolse i criteri per l'individuazione
della leadership e quelli per l'individuazione del Presidente della Regione che
avrebbe dovuto assicurare la continuità della classe di potere nella gestione
regionale mutarono e divennero più politici, perdendo per alcuni versi il
radicamento territoriale:
Toccò quindi al socialista Enrico Boselli dirigere la Regione, seguito da Pier
Luigi Bersani, sostenuto dalla componente cattolica del partito e dai prodiani,
al quale successe un altro prodiano Antonio La Forgia. Il criterio del potere
territoriale tornò con Vasco Errani, esponente del partito ravennate, erede del
PCI, ma espressione del potere che gli ambienti politici e economico-bancari e le
potenti consorterie della città
esprimevano.
Caduto Errani, dimessosi a causa di un'inchiesta per coinvolgimento negli affari
di suo fratello, poi assolto da ogni accusa, il Presidente ebbe come successore
Stefano Bonaccini, espressione del partito modenese e proiezione del potere
economico del distretto che gravita intorno alla città, la quale ha espresso una
grande vivacità dal punto di vista imprenditoriale e soprattutto gestionale del
sistema economico. L'attuale Presidente salvato dalle Sardine, più a causa del
demerito della candidata leghista da tutti giudicata incapace e impresentabile
che per meriti propri, è bramoso di riportare il PD alle glorie renziane senza Renzi.
Ferrara città di potere senza potere
Questa breve e necessariamente sommaria ricostruzione della gestione di potere
della Regione e del territorio emiliano romagnolo ci fa capire che in questo
contesto la classe dirigente politica ferrarese della sinistra non ha mai
brillato, eppure esprime oggi due Ministri. Il fenomeno per essere spiegato ha
bisogno di altri elementi di riflessione
La gestione di sinistra della Regione non è stata mai omogenea e in particolare
la componente politica cattolica (non dimentichiamolo: la Romagna e una parte
dell'Emilia erano papaline) è stata sempre forte e caratterizzata al suo interno
da una componente democratica e partecipativa. In effetti la Regione ha offerto
al PCI il brodo di coltura per sviluppare il compromesso storico, in stretta
coerenza con le origini del PCI nella
sua componente gramsciana. Non c'è da stupirsi che proprio il partito erede di
quella tradizione nella provincia più "babba", si direbbe in Sicilia, esprima
oggi la rappresentanza delle forze politiche regionali impersonate da un politico
di provenienza cattolica come Franceschini e da uno di area "comunista" comunque
espressione di
quell'ambiente di tecnologi e ricercatori che si sono distinti nelle attività
professionali più che per le posizioni politiche partitiche, restate alquanto
sommerse nel loro cursus onorum.
Francescini capo della componente cattolica ex Margherita del PD, occupa a tempo
indeterminato il Ministero dei Beni culturali, dispensando incarichi ai suoi
amici e agli amici della sua ex fidanzata; a questi rapporti si devono nomine
illustri alla gestione del patrimonio museale e archeologico del paese. Il
messaggio che emerge da queste vicende è che il politico non necessariamente deve
essere espressione di un territorio, ma basta che rappresenti una componente
"culturale", volta a coprire il residuo aspetto ideologico e intellettuale di
un'area politica, oppure che sia espressione di gruppi manageriali e tecnologici,
in grado di convogliare verso il territorio rilevanti risorse economiche.
È quanto ha fatto l'attuale Ministro dell'istruzione che, al di là dei suoi
incarichi universitari, che di scuola non capisce una mazza: prova ne sia che
quando era assessore regionale era uno strenuo sostenitore di un ampliamento
delle competenze regionali nel settore, come si evince dalla proposta di
autonomia differenziata
messa a punto dalla Giunta dell'Emilia Romagna, di cui egli faceva parte. Cosa
lamentava? L'impossibilità per la Regione nell'ordinamento attuale di istituire
un istituto tecnico del mare, per formare i raccoglitori di patelle, mestiere
tradizionale che si va perdendo nella riviera romagnola! Sia detto per inciso:
d'altra parte della scuola
le gestione PCI della Regione ha sempre fatto mercimonio, come nel caso
dell'adozione della legge regionale sul finanziamento della scuola privata
(soprattutto cattolica), per ingraziarsi questa componente politica ed è giunta a
negare un referendum su questo problema a 60 mila cittadini che lo chiedevano!
Ma tornando alle competenze in materia scolastica, se è vero che quelle da lui
possedute sono piuttosto discutibili, occorre dire che il nostro, in compenso, ha
dato vita ad aziende informatiche, centri di studio e tecnologici (come Lepida e
ASTER), in grado di attirare investimenti e soprattutto commesse, attingendo a
finanziamenti derivati da progetti europei e della cooperazione internazionale.
Le sue abilità sono quelle di
trasformare carrozzoni spaventosi in brillanti istituzioni. Ma "non sempre le
ciambelle vengono con il buco" come è il caso dall' Istituto beni artistici,
culturali e naturali (Ibacn) dell'Emilia Romagna, gestore incapace del patrimonio
culturale della Regione, di fondi europei e di ogni altra attività ad esso
attribuita, ristrutturato dal 1 gennaio di quest'anno, che ha dovuto trasferire
direttamente alla Regione - per effetto di una specifica legge approvata - le sue
attività e competenze, così occultando le inefficienze accumulate negli anni. In
questa operazione, come in altre, l'ex Assessore Regionale Bianchi è stato magna
pars, come espressione del gruppo di potere dei ferraresi in Regione.
Del suo attivismo tuttavia non ha beneficiato la città di provenienza nel suo
complesso che dal 2019 è amministrata da una giunta leghista, egemonizzata da un
vice sindaco, dichiaratamente razzista, anche se figlio di partigiani, votata
dalla maggioranza dei cittadini ferraresi che, sia pure al ballottaggio, hanno
alla fine deciso di scrollarsi di dosso una cappa pesante, costituita da politici
poco attenti alle esigenze del territorio e tutti protesi a occupare posti di
potere ad alto livello, mentre il degrado e la speculazione in città crescevano.
La distruzione delle case del popolo, del tessuto sociale della sinistra in
città, ha lasciato spazio a squadracce fasciste che si sono fatte propaganda
rincorrendo spacciatori e piccoli criminali e presentandosi alla città
borghese come i sostenitori dell'ordine e della pulizia, salvo poi distinguersi
per raccomandazioni e intrallazzi, accaparramento di case popolari, distribuzione
di impieghi agli oppositori interni purché tacessero, appena andati al governo
della città.
Bisognerebbe che la sinistra ferrarese riflettesse sui meccanismi di
trasformazione delle relazioni sociali e sulla trasformazione del tessuto
cittadino che hanno portato le famiglie a produrre mostri.
G. L.
1, Sui comunisti e la questione cattolica alle origini del P. C. d I. vedi lo
spoglio ragionato de "L'ordine nuovo" e de "Il soviet: G. Cimbalo , La questione
cattolica e
la strategia del Partito Comunista d'Italia alle sue origini, "Il Politico, 1975,
https://www.giovannicimbalo.it/wp-content/uploads/2021/01/Il-politico.pdf
http://www.ucadi.org/2021/03/12/i-politici-nel-governo/
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