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(it) Wild CAT - Collettivo Anarco-femminista Torino is attending Ti amo da (farti) morire. (en)
Date
Tue, 1 Oct 2019 09:11:37 +0300
Punto info contro la violenza patriarcale e il racconto tossico e mistificatorio delle
violenze di genere. ---- "Uccise due volte. La narrazione che nega e cancella le vite
delle donne ---- Ti amo da (farti) morire ---- I numeri della violenza patriarcale contro
le donne disegnano un vero bollettino di guerra. La guerra contro la libertà femminile, la
guerra contro le donne libere. Una guerra che i media nascondono e minimizzano,
contribuendo a moltiplicarla, offrendo attenuanti a chi uccide, picchia e stupra. Donne
come Elisa, strangolata da un "gigante buono", sono ammazzate due volte. Uccise dall'uomo
che le ha private della vita, uccise da chi nega loro la dignità, raccontando la violenza
con la lente dell'amore, dell'eccesso, della passione e della follia. L'amore romantico,
la passione coprono e mutano di segno alla violenza. Le donne sono uccise, ferite,
stuprate per eccesso d'amore, per frenesia passionale. Un alibi preconfezionato, che
ritroviamo negli articoli sui giornali, nelle interviste a parenti e vicini, nelle
arringhe di avvocati e pubblici ministeri. Questa narrazione falsa mira a nascondere una
guerra, che viene combattuta ma non riconosciuta come tale. I media sono responsabili del
perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro chi non si
adegua alla norma eterosessuale, ai ruoli imposti. I media colpevolizzano chi subisce
violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare
la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere
prudenti, di non accettare come "normale" il rischio della violenza di genere. Lo
stereotipo di "quelle che se la cercano", che si tratti di sex worker o di quelle che non
vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. La
violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, per negarne la valenza
politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza
comune, in questioni private. I media, di fronte al dispiegarsi violento della reazione
patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono
vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla
responsabilità, nasconde l'intenzione disciplinante e punitiva, diventa l'eccezione che
spezza la normalità, ma non ne mette in discussione la narrazione condivisa. La violenza
maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che però i media ci raccontano come rottura
momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto
l'ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione a riaffermare
l'ordine patriarcale. Se la violenza domestica cade sotto il segno della malattia, la
violenza operata da sconosciuti si inscrive nella metafora della giungla, del branco,
della bestialità. I violenti, specie se stranieri, lontani, diversi diventano il perno di
una narrazione mediatica, che li pone costitutivamente fuori dal consesso sociale. Qui la
violenza maschile esce dallo stereotipo del folle, per assumere quello della bestia. La
società è sana: chi uccide le donne o è un pazzo o è una bestia. Non umano, fuori
dall'umano. L'ordine è salvo. Il lutto è privato. La violenza sulle donne diventa
strumento per rinforzare il razzismo verso i migranti: lo straniero è descritto come
"bestia", per poter invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa.
Noi non ci stiamo. Non accettiamo che la libertà e la sicurezza femminile possano divenire
alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi,
il crescere del controllo poliziesco sul territorio. La violenza patriarcale attraversa i
generi, le frontiere, le classi, le culture. La libertà che le donne si sono conquistate
ha incrinato e, a volte, spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine
simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala
mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è
ancora molto lunga. E in salita. La narrazione della violenza proposta da tanti media
rende questa salita più ripida.
A ciascun* di noi il compito di scrivere una storia diversa, che non è storia di vittime,
ma storia di una lotta per la
libertà che fa paura perché sta spezzando l'ordine simbolico e materiale del patriarcato."
Wild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torino
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